Lo scorso fine settimana tra Agropoli e Castellabate si è inneggiato alla vittoria facendo corona al principe sabaudo, lunedì a Vallo è stata celebrata in grigioverde la giornata dell’amor di patria. È facile prevedere che questo tipo di ricorrenze sarà reiterato in altri ambienti per ricordare il centenario della Grande Guerra. Durante l’evento a Vallo é stato descritto il nuovo compito dell’esercito, giustamente votato alla difesa, ma le ore sottratte alle regolari lezioni hanno contribuito ad informare gli studenti sui perché dell’inutile strage? La benedicente presenza del prete è stato solo il dovuto omaggio a chi ha fatto il proprio dovere o l’accettazione dei simboli festanti di striscianti nazionalismi? Il manifesto affisso riportava una riproduzione coeva con dei giovani soldati esaltanti ed esaltati nel rispondere all’invito “Pronti a morir per Te”?… L’interrogativo e i puntini sospensivi apposti alla fine della frase inducono a qualche riflessione sollecitata anche dal testo citato dallo speaker proprio mentre veniva evocato l’amor di patria e dal titolo significativo: “Ne valeva la pena?”. Al di là della retorica, non pare che sia stata proposta un’adeguata riflessione sulla patria e come la si debba onorare. Il tripudio festante, ritmato dalla fanfara dei bersaglieri, ha rischiato di trasformare l’evento in una pericolosa tentazione di egoismi nazionali giustificati dall’assioma “Amor patriae nostra lex”. Forse è sfuggita l’ironica situazione dell’evidente ossimoro tra le note del “silenzio” e l’inizio dei discorsi. In effetti, per manifestare amor di patria prima della vita si può procedere ad altre offerte, meno costose e più efficaci: l’onestà personale, il rispetto delle leggi, la capacità di leadership, la scelta non emotiva dei propri rappresentanti, la sollecitazione nel praticare la giustizia distributiva, tutti orientamenti e gesti concreti che manifestano, con la correttezza etico-politica, anche un grande ed efficace amor patrio, ancora più coinvolgente e necessario se si estende a tutta l’umanità per prevenire la formazione di fanatici nazionalismi, responsabili di guerre di ogni tipo, anche di quella della quale quest’anno si celebra la vittoriosa conclusione. In una prospettiva di analisi critica della storia quel conflitto si é rivelato veramente una inutile strage se, rispetto alle finalità per cui è stato combattuto, vale a dire cercare di creare in Europa equilibri stabili, si é determinata una instabilità ancora più grave ed evidente, creando pregiudizi e odi che ancora oggi dividono il mondo. Il continente è precipitato nella catastrofica ed epocale seconda guerra mondiale, che ha ridimensionato per sempre il suo ruolo egemone. Perciò, proprio il riferimento all’amor di patria è un invito a riflettere sulla portata ed il vero significato da attribuire a questo sentimento per evitare di cadere nel circolo vizioso del razzismo, che si pone agli antipodi rispetto a qualsiasi gesto di amore perché determina una predisposizione ad esasperati fanatismi, oggi riscontrabili in tante manifestazioni pubbliche e nelle azioni dei singoli. Una risposta alla ricerca del vero amore la si rinviene leggendo alcuni passi del Vangelo e tra questi quello proposto la scorsa domenica, un invito a riflettere sull’amore come cammino vittorioso dell’uomo nella storia, possibile se si riesce a condividere questo sentimento, desiderio e tormento del cuore. L’uomo, anche quando si sforza, non comprende che “la misura dell’amore è di amare senza misura”, come testimonia Gesù, che manifesta verso il prossimo un amore gratuito e totale. Se si vuole entrare nel Regno della novità radicale introdotta dal Risorto per aspirare a costruire nel mondo la civiltà dell’amore occorre ravvivare questa disponibilità e superare ogni muro, anche la barriera più impenetrabile, e considerare, come si racconta negli Atti degli Apostoli, un centurione degli odiati nemici romani – Cornelio – membro dei “timorati di Dio”. La libera adesione all’invito di amore, comandamento che Gesù collega all’amicizia, è il segreto per partecipare alla sua gioia perché la vera amicizia inizia quando si è pronti alla condivisione, coinvolgente risposta personale con la quale si mette in pratica una virtù raccomandata dai vangeli, un vitale sì per rispondere alla tenerezza che Gesù dona con la familiarità che vince ogni timore. Vengono così eliminate tutte le barriere grazie alla redenzione gratuita compiuta da Cristo, una sollecitazione a rimanere nel suo amore e superare ogni tentazione ad andar via temendo il ripetersi di precedenti delusioni e tradimenti. È il percorso pedagogico per amarsi vicendevolmente, reciprocità del dare e del ricevere per riempire la vita di tutti esattamente come Gesù ha fatto quando non ha esitato a lavare i piedi ai suoi e non ha giudicato i peccatori incontrati lungo le strade della Palestina. Egli ricerca anche l’ultima persona smarrita col coraggio dell’eroe e la tenerezza del perdono perché metro di questo amore e fondamento di questa amicizia non è l’imposizione, non è la simulazione, non è la mendicata ricerca di attenzione. Se i politici in questi giorni attivi a Roma e impegnati a difendere interessi di parte e ad esaltare il proprio io prestassero attenzione a questo invito dimostrerebbero veramente amor di patria impartendo, senza far ricorso a ghirigori retorici, un’efficace lezione alle giovani generazioni.
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