Amedeo Petrocchi nasce nel Cilento nel 1990, si trasferisce a Perugia per gli studi universitari dove si avvicina alla Fotografia, fa parte del collettivo FRA – fronte di resistenza analogica, ha all’attivo diverse mostre personali e collettive in Italia, in particolare a Perugia, nel Cilento, ad Aliano, la Luna e i Calanchi. La sua ricerca artistica si focalizza su tematiche sociali, fotografia documentaria, fotografia d’autore, architettura.
Lei ha visitato Riace in un periodo dove le politiche di accoglienza venivano messe al vaglio di un’opinione pubblica, condizionata a sua volta, da una confusa e spesso estrema propaganda nazionalista in cerca di consenso. Con la chiusura degli SPRAR, quello che venne definito “Modello Riace” nel 2018 fu drasticamente colpito. Una condizione “possibile” che tutto il mondo apprezzava e premiava, ma in Italia veniva perseguita. Addirittura oggi, ci ritroviamo con nuovo risvolto giudiziario ai danni dell’ex sindaco Mimmo Lucano. Da uomo libero, come interpreta la sentenza che porta Lucano a scontare una pena di 13 anni e 2 mesi di reclusione?
La sentenza della procura di Locri ai danni di Mimmo Lucano – sentenza di primo grado, importante ricordarlo – è giunta come un fulmine a ciel sereno.
Una condanna quasi doppia rispetto a quanto richiesto dall’accusa per reati degni di un boss mafioso, abnorme se si considera la modesta entità delle violazioni che gli vengono contestate.
Nell’ottobre 2018 segnali positivi erano stati dalla Cassazione che aveva prima rigettato la richiesta di arresto, annullato i domiciliari e infine, dopo alcuni mesi il divieto di dimora, per la vaghezza e la genericità dei capi di imputazione e per l’assenza di comportamenti fraudolenti da parte dell’ex sindaco. Da uomo libero provo indignazione, soprattutto perché mi sembra che il “lato umano” di tutta questa vicenda – se così posso chiamarlo – passi in secondo piano o addirittura non venga minimamente considerato. L’impressione è che questa sentenza sia come un monito da parte di quella fetta d’Italia che non accetta di diversità verso chi invece è cosciente che un’altra condizione è possibile, il Modello Riace è stato un sistema virtuoso accoglienza, solidarietà e integrazione. Molte vite sono state salvate, basterebbe questo.
Quando è stato a Riace nel 2018, per via della decisione prese e illustrate in un documento del Ministero degli Interni, furono allontanate tutte le persone accolte che, avevano stabilito con il territorio anche un rapporto lavorativo e d’integrazione sociale. Quali erano le opinioni della gente del posto?
Andai a Riace nel dicembre 2018 in occasione dell’iniziativa Capodanno a Riace su invito di una mia amica. Persone da tutta Italia erano confluite lì in segno di sostegno verso il paese dell’accoglienza e Mimmo Lucano che a quel tempo si trovava in stato di divieto di dimora. Erano presenti diverse associazioni nazionali e internazionali come Rete Solidale, Città Futura, Alex Zanotelli che intervennero nell’assemblea del 31 nella mediateca del paese insieme agli abitati del luogo, migranti, politici locali, c’era molta ricerca, si cercava di capire quali quali essere gli sviluppi della vicenda e come far ripartire un sistema di accoglienza che potesse essere indipendente. Camminando per le vie del paese le botteghe d’arte e le varie attività lavorative che i migranti svolgevano insieme ai cittadini di Riace erano chiuse, quasi tutti i migranti anche quelli che ormai si erano stabilità da anni erano stati allontanati e il paese si ritrovava nuovamente spopolato, le case che erano state ristrutturate vuote, la scuola senza più bambini. Le persone del luogo con cui ho avuto modo di relazionarmi manifestavamo speranza, affinché la speranza giudiziaria di Mimmo potesse migliorare e il Modello Riace ripartire. Purtroppo non ho avuto modo di parlare con persone che non condividevano l’operato di Mimmo Lucano. Per me è stato molto importate essere lì, sia politicamente che spiritualmente. Di questa esperienza ho ricordi molto belli, ho incontrato inaspettatamente persone che avevo conosciuto in altri contest in altre parti d’Italia, indimenticabile poi la grigliata in campagna con Vincenzo, Martina,
Ha fatto molte fotografie a Riace, ha immortalato i colori e le sfumature simbolo della svolta umanitaria di Lucano, immagini davvero molto belle e significative. Lascia intendere dal suo lavoro, la volontà nel dare voce con lo strumento delle immagini, ad diverso, una visione integralmente la politica di Mi Lucano. Immagino sia ancora impegnato nel portare avanti un discorso allineato con questi valori. Ha qualcosa in cantiere da anticiparci?
Sono sempre attento a quello che succede intorno a me, l’Arte indubbiamente si nutre di Politica e viceversa, andare a Riace è stato anche e soprattutto motivo di crescita personale, ho creduto e credo che quest’idea di mondo possibile sia giusta. In futuro mi piacerebbe tornare a Riace, c’è comunque già l’idea di un lavoro in Calabria.
Infine, lei è originario di Orria, paese che ha già avuto modo di vivere in passato, un’esperienza di accoglienza. Riesce ad ipotizzare un modello Riace, anche in una comunità del Cilento?
Il Cilento, soprattutto il Cilento interno come ben sappiamo è una delle zone d’Italia dove la desertificazione sociale è più forte, la mancanza di lavoro costringe ancora oggi molti giovani ad emigrare, l’accoglienza diffusa insieme all’integrazione potrebbe indubbiamente risollevare questi territori e contrastare lo spopolamento, alcune case abbandonate potrebbero essere nuovamente abitate, le scuole potrebbero riaprire, significherebbe nuovo lavoro anche per i cittadini del posto esattamente come è successo a Riace, l’economia locale ripartirebbe. Ovviamente sarebbe necessario un piano strutturato e adeguato, accantonando un certo tipo di accoglienza fallimentare e non inclusiva.