Dopo un percorso di studi in Legge ed anni di avvocatura presso il foro di Salerno, Alfonsa Vitale abbandona le aule dei tribunali e nel 2007 acquisisce la qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale per subentrare al fratello nella gestione dell’azienda agricola di famiglia. Due lutti si trovano all’origine di una decisione che le cambia completamente la vita: la morte di suo padre Vincenzo, di cui Alfonsa ricorda la tenacia, già lui noto imprenditore forestale locale, e la prematura scomparsa di suo fratello Gerardo, che aveva iniziato la conversione di diversi ettari di terreno da castagno celio a castagno da frutto, evento che la catapulta nella necessità di gestire il lascito aziendale della famiglia. Non è mai facile richiamare alla mente chi, caro e amato, se ne è andato, e lo è ancor meno quando la perdita ha significato un vero e proprio rovesciamento delle parti, e nel ruolo di figlia e madre ci si ritrova con l’imperativo morale di dover onorare una tradizione professionale vissuta sino a quel momento con distanza, sebbene sempre con stima. Oggi Alfonsa vive nel comune di Sessa Cilento ormai da tredici anni, dopo essersi trasferita qui da Salerno e prosegue la sua attività in azienda insieme a suo marito Giuseppe. È lì che la raggiungo, in un pomeriggio qualsiasi, per raccontarci tra donne, cosa voglia dire nel Cilento, essere donna ed essere imprenditrice.
Le chiedo come prima cosa di guardarsi indietro, perché avverto l’esigenza di capire da dove abbia avuto origine quella caparbia volontà che le leggo sul volto, ad indurirle i tratti altrimenti dolcissimi, e che le consente oggi di affrontare le difficoltà di un lavoro fino a pochi decenni fa declinato fortemente al maschile.
Da piccola cosa voleva fare da grande?
Da piccola sognavo di fare il notaio. Ho compiuto per questo studi in legge e proseguito con un dottorato presso la cattedra di Diritto Privato. Ho sempre avuto le idee ben chiare a riguardo, salvo poi trovarmi a cinquant’anni a dovermi ricostruire come imprenditrice agricola, più o meno senza preavviso, di sicuro senza aspettarmelo.
Quali sono stati gli insegnamenti o le esperienze fatte in precedenza che le sono state più utili quando è diventata imprenditrice?
Non credo ce ne siano. I campi di applicazione sono troppo distanti.
Ci racconta brevemente la storia della sua azienda e come è nata allora la decisione di fare impresa?
L’azienda agricola Alfonsa Vitale nasce nella prima decade del duemila con la conversione di circa 8 ettari di bosco ceduo in castagneto da frutto per soddisfare l’esigenza di mantenere le pratiche agricole tradizionali, conservare la biodiversità e il paesaggio mettendo in relazione la sostenibilità ambientale con la sostenibilità economica. La produzione principale ha come oggetto le castagne di qualità “marroni” che vengono vendute per la trasformazione all’azienda “Agrimola” di Roccadaspide, e “Terminio Frutta” di San Michele di Serino, ambedue aziende di rilevanza nazionale. Non trascuriamo tuttavia ulteriori attività connesse, come la produzione di miele di castagno biologico, frutto di una stretta collaborazione con la rinomata azienda “La bottega delle Api” di Cava de’ Tirreni che, nel periodo di fioritura del castagno, posiziona i suoi alveari nel castagneto.
Quali sono i primi passi che ha fatto dall’idea alla nascita della società?
Ho lasciato la città in cui abitavo e rinunciato all’avvocatura. L’attività professionale indipendente era incompatibile con la posizione di imprenditrice. Mi sono quindi trasferita nella casa di famiglia, in questo piccolo paese del Cilento interno che è Sessa Cilento, ed ho avviato tutti gli adempimenti burocratici per la presa in carico dell’azienda. Iscrizione alla camera di commercio, INPS, esame di qualifica presso lo STAPA CePICA della Regione Campania.
Ci racconta brevemente i successi ed i momenti più critici della sua carriera?
I primi anni sono stati fruttuosi. La produzione si aggirava intorno ai 200 quintali, e le destinazioni d’uso erano svariate. La soddisfazione di avere un buon ritorno, specialmente dal punto di vista economico, mi è stata di aiuto nel proseguire e nel progettare possibili nuovi sviluppi dell’attività. Si riuscivano a coprire le spese di gestione e restava abbastanza da poter reinvestire. È nata così l’idea di offrire dei servizi ulteriori, che potessero rispondere alle richieste specifiche di quello che andava diffondendosi col nome di “turismo rurale”. La nostra proposta comprendeva: passeggiate nel castagneto, visite agli alveari, laboratori sulle tecniche di raccolta dei frutti e sulla produzione del miele, visita ai castagni secolari e laboratori sulla lavorazione della “pietra cilentana”. Ma in questo ambito non abbiamo raccolto grandi adesioni. La sciagura vera però, è cominciata con l’avvento del cinipide galligeno. Non si può combattere contro le avversità naturali senza interventi autorizzati e sostanziali. L’insetto, conosciuto come vespa del castagno, ha praticamente distrutto il raccolto delle ultime annate. Le nostre richieste d’aiuto agli enti preposti sono rimaste inascoltate e ad oggi la produzione è drasticamente diminuita, tanto da passare dall’ordine dei quintali a pochi chilogrammi appena. Nel 2010 inoltre l’introduzione di una nuova regolamentazione sui boschivi ha trasformato buona parte dei nostri boschi cedui in boschi vetusti, e questo ha significato per noi la perdita di un venduto di molti ettari di legname. Abbiamo dovuto sospendere i contratti con i tagliatori, e siamo tuttora in attesa di un nuovo corso.
Come imprenditrice ha incontrato difficoltà in alcune trattative, nella ricerca di capitali o nel dimostrare la validità delle sue idee solo perché donna o è sempre stata considerata alla pari?
Non posso dire di aver vissuto situazioni di discriminazione di genere. Le difficoltà incontrate sono state piuttosto la conseguenza di un immobilismo dell’iniziativa che, ahimè, ho capito essere profondamente radicato in questo territorio che pure amo, di una burocrazia troppo lenta e spesso ostica, e azzardo dicendo a volte contraria allo sviluppo dell’agricoltura e delle attività ad essa connesse. Difficoltà che immagino avrei incontrato anche se fossi nata uomo.
Dove ha trovato i fondi e le persone giuste con cui collaborare?
Per fortuna possedevo le risorse per continuare l’operato della mia famiglia e fintanto che il castagneto è stato produttivo non abbiamo avuto problemi di fondi. Per quanto riguarda le persone invece, la raccolta dei frutti è dominio soprattutto del femminile, ma non è stato mai semplice trovare lavoratrici giovani che volessero dedicarvisi, trattandosi di un lavoro che è certamente faticoso. Per la raccolta impieghiamo annualmente circa 7-8 persone, mentre i lavori di mantenimento, come la pulizia del sottobosco impiegano due o tre persone, dovendo essere svolto manualmente sia a causa della conformazione del terreno, sia perché l’area del castagneto è parte del parco e sito di interesse comunitario.
Cosa significa per lei essere imprenditrice?
Promuovere, sviluppare ed incrementare il patrimonio avuto in lascito dalla mia famiglia, onorarne così la memoria e i sacrifici.
Cosa le piace del suo lavoro oggi?
Continuo a svolgere il mio lavoro reinventandomi e cercando soluzioni per mantenere in piedi ciò che resta, ma non vivo una condizione gratificante. Quest’anno, per la prima volta, ho fatto esperienza di vendita del frutto pendente. Di sicuro non se ne ricava molto, ma rimane comunque una possibilità di prendere una boccata d’ossigeno.
Quali sono secondo lei i fattori che limitano la presenza femminile nelle
posizioni di rilievo?
Credo che la maternità rappresenti ancora qualcosa che viene additato come un limite, per la carriera professionale di una donna.
A questo proposito, come si concilia l’attività imprenditoriale con l’essere madre?
Ho una figlia diciottenne e nessuna delle due ha mai sofferto di alcuna mancanza all’interno del nostro rapporto. Piuttosto devo ammettere che mi è pesato chiedere a mia figlia di trasferirsi in un centro così piccolo, a causa del mio lavoro, quando era ancora un’adolescente con bisogni complessi, ma anche su questo, siamo riuscite a trovare un accordo.
Alti e bassi di lavorare nell’azienda di famiglia?
Nessuno. Condivido con mio marito la gestione dell’attività. Siamo uniti e ci sosteniamo reciprocamente.
Che consigli darebbe alle giovani imprenditrici?
Di fare un’attenta analisi del territorio di riferimento. Il Cilento ha enormi potenzialità ma troppa burocrazia ne ostacola lo sviluppo concreto. Si finisce con l’avere buone idee, ma poche possibilità di attuarle per gli impedimenti connessi con le normative del Parco.
Francesca Schiavo Rappo