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    Percorso:Home»Attualità»Alcune analisi di ingegneri concernenti l’immane tragedia di Genova
    Attualità

    Alcune analisi di ingegneri concernenti l’immane tragedia di Genova

    Di Giuffrida Farina14 Settembre 20189 Min Lettura0 VisiteNessun commento
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    Leonardo Sinisgalli (Montemurro, 1908-Roma 1981) è stato una geniale, poliedrica personalità del secolo scorso. Ingegnere elettronico, ha lavorato per la grande industria, poeta,prosatore,saggista,fondatore e direttore della prima rivista che, in Italia, affrontò il problemadel ‘dialogo’ e della ‘interazione’ tra due culture, la letteraria e quella scientifica: la rivista Civiltà delle macchine.

    Sinisgalli, nel corso del suo iter di studi universitari ha sostenuto alcuni esami di ingegneria concernenti la Scienza delle Costruzioni,disciplina della quale è ben nota la complessità;analogamente,l’ingegnere edile deve sostenere, lungo il suo percorso, alcune prove di “natura elettrica”.Del mondo ruotante intorno alla Scienza delle Costruzioni (*), il poeta ingegnere ne ha trattato in ‘Furor mathematicus’ (Ponte alle Grazie,Firenze,1992) e con articoli apparsi,tra le altre,sulla summenzionata testata Civiltà delle macchine. (*) N.d.r.: La Scienza delle Costruzioni crea dei modelli matematico/scientifici e fornisce la metodologia necessaria per la determinazione del grado di sicurezza di una struttura soggetta a carichi statici o dinamici. Questa importante disciplina si trova a cavallo tra materie di carattere prettamente teorico (Matematica, Fisica) e materie di carattere “pratico/applicativo”, le Costruzioni: Tecnica delle Costruzioni, Costruzioni di Strade, Ferrovie ed Aeroporti,Costruzioni di Macchine, Costruzioni Navali, Costruzioni Aeronautiche). «Tutti i componenti di un’opera ingegneristica,tutte le strutture sono corpi che si ammalano,non sono teoremi e neppure idee o semplici immagini»; Sinisgalli palesava, dunque, l’importanzad’una minuziosa indagine preliminare alla realizzazione di un’opera,sostenendo che occorrono accurate notizie e prove sperimentali integrative riguardanti gli indici di umidità caratterizzanti il luogo in cui sorge la struttura,la forma delle nubi,lo stato del cielo e del terreno,le condizioni di isolamento. Il poeta delle due muse,racconta di un suo incontro con tre esperti di Scienza delle Costruzioni, in ‘Furor mathematicus’. «Feci visita a tre grandi luminari della Scienza delle Costruzioni ed ecco i risultati di quelle indagini. L’architetto A non aveva mai tenuto nelle mani un filo a piombo, né una livella,non aveva mai evidentemente edificato. Aveva scritto un libro sull’Arte Muraria, adottato come testo in molte scuole di architettura, ma io non trovai nell’elenco dei materiali quelli che reputavo i più misteriosi, i più ineffabili: l’aria e la luce…». «Alcuni giorni dopo mi recai dall’architetto B, al quale ricordai che la Proiettiva ci veniva insegnata a voce, il corso si svolgeva senza l’uso della lavagna e del gesso… Era qualcosa di puro come ‘il fiore’ di Mallarmé, ‘une fleur dictèe’ come la vedrebbe un cieco nato…L’equilibrio di tre corpi, come i fabbricati della piazza di Pisa, il Battistero, il Duomo,il Campanile, può anche essere un caso,o un colpo di grazia,o il frutto di un’emozione più che una formula matematica…». «L’architetto C, accademico dell’Utile, s’era incaponito a guardare sul volto della sua bambina la forma e il movimento di una lacrima e ne aveva dedotto le sue teorie sulla Linea Aerodinamica (**).( (**) N.d.r. : E’ il modello strutturale da conferire ad un sistema, affinché esso possa offrire la minima resistenza all’aria; in generale, una forma slanciata, affusolata, unitaal concorso di altri fattori,può garantire una ‘minimizzazione’ della resistenza all’aria). Le leghe! Ecco un nuovo regno creato dagli uomini a dispetto della natura. Gli studi sulle corrosioni: accanto a ‘virtù e a vizi capitali’, nuove ‘categorie morali’ sono state scoperte dagli studiosi dei metalli: Durezza, Conducibilità, Resistenza, Isteresi (***) ((***) N.d.r.: L’Isteresi è la nonintegrale restituzione della energia accumulata da un sistema: a titolo di esempio, un sistema elastico, la molla, viene ‘tirata’; essa si allunga, dunque accumula energia elastica (supponiamo 100 Joule); se la rilasciamo,una parte di questa energia “degrada”, “si perde” (es. 10 Joule) a causa di fenomeni dissipativi; la molla,pertanto, restituirà una minore energia (90 Joule)), Malleabilità, Elasticità». «Restrinsi il campo d’indagine alla Fabbrica trascurando Strade, Viadotti… Esiste un limite di stanchezza per ogni forma, per ogni figura,ci sono delle frane impercettibili, dei punti deboli, delle falle, in ogni Telaio (****) ((****) N.d.r.: E’ il termine generico con cui vengono definiti i vari tipi di strutture portanti, le ‘ossature’, per lo più rigide e indeformabili, di macchinari, edifici, ponti autostradali …), in ogni Trave». Relativamente a tale aspetto di ‘debolezza’, di ‘limite di stanchezza dei materiali’,esplicitato col “legame Sinisgalli-Mondo delle Costruzioni”, entriamo in un’altra, dolorosa, dimensione: 14 agosto 2018, poco prima di mezzogiorno, il violento, crudele evento. Una immane tragedia. Sono crollate entrambe le carreggiate del viadotto Morandi a Genova, sulle quali si snoda l’autostrada A10,precipitate al suolo per circa 100 metri. Strage assurda, 43 vittime, una ventina di feriti,600 persone hanno lasciato la propria abitazione. Analizziamo alcune ipotesi ingegneristiche avanzate da docenti universitari di Tecnica delle Costruzioni. L’ing. Giuseppe Mancini ipotizza una ‘perdita di appoggio’ originata da vibrazioni indotte dalla combinazione di piogge intensissime improvvisamente drenate e di folate di vento,innescanti oscillazioni anomale degli stralli (i tiranti d’acciaio sorreggenti l’impalcato), oscillazioni che si sono auto ampliate (fenomeno della ‘risonanza’, una eco vibratoria sempre più estesa; ma la stranezza su cui occorrerà indagare è la brevissima durata, anomala. In America, nel 1940,torsioni ed oscillazioni della campata del ponte di Tacoma Narrows, dalle quali scaturì il crollo, durarono circa 2 ore). L’ing. Marco di Prisco evidenzia un limite della ricerca italiana, coinvolgente l’inidoneo monitoraggio: afferma che, ad oggi, la Tecnica delle Costruzioni è priva di adeguati strumenti atti a rilevare evoluzioni, nel tempo, di difettosità interne a manufatti di elevatissime dimensioni. L’ing. Antonio Brencich ha palesato la obsoleta tecnologia e la notevole velocità nel degrado causato da un aspetto di cui ne trattò Sinisgalli, la corrosione; tale teoria, illustra il collasso strutturale provocato dal deteriorare del cemento,rivestimento degli stralli, alterazione originanteriduzioni di caratteristiche elastiche dei tiranti, con conseguente incremento della flessione della campata (è la distanza esistente tra 2 elementi portanti della struttura). Il cemento rivestente i tiranti di acciaio, deve sopportare sollecitazioni dinamiche che nascono dai carichi viaggianti,prolungate nel tempo (ventenni, trentenni…); i tiranti d’acciaio sono ‘avvolti’ dall’agglomerato cementizio per uno scopo protettivo:creare uno ”scudo” contrastante agenti corrosivi, quali salsedine, inquinamento, fumi, vapori, aggressioni di origine chimica, gas di scarico dei veicoli… Nel rivestimento cementizio si possono formare microcrepe anche significative, estese; lesioni sufficienti per far penetrare acqua piovana che trasporta salsedine e componenti erosivi in grado di ridurre l’elasticità dell’acciaio; l’effetto sul tirante non è osservabile,a causa di questa guaina di copertura che non consente la visualizzazione. Altra ipotesi avanzata, la fulminazione della struttura; la caduta d’un fulmine provoca danni termici quantizzabili: si sviluppano temperature, all’interno del fulmine, di circa 15.000 gradi centigradi, e l’energia termica, da esso liberata, è in grado di fondere materiali metallici. In giornate di bel tempo,tra la superficie della Terra e la ionosfera (80 Km),la tensione elettrica esistente,varia da 200.000 volt, a 500.000 volt (si tenga presente che, nelle abitazioni, la tensione elettrica che si utilizza, è di 220 volt); tale tensione elettrica è mantenuta stabile dagli eventi temporaleschi sulla Terra,consistenti in migliaia di temporali in ogni momento, con centinaia di fulmini al secondo,tra nuvola e Terra. Relativamente a tale aspetto, apparvero articoli su Civiltà delle macchine, nei quali furono affrontate problematiche correlate a tali eventi atmosferici: veniva evidenziata la possibilità di “catturare”, di imbrigliarel’enorme energia sprigionata dai fulmini; di converso, l’inconveniente di immagazzinare tale energia, liberata in brevissimi istanti di tempo: pensate, in un millesimo di secondo, 100.000 lampadine potrebbero essere mantenute accese… Oggi esiste la tecnologia SMES (Superconducting magnetic Energy storage), in grado di utilizzare l’energia prodotta dai fulmini,ma i costi di ‘realizazione tecnica’ sono ingentissimi. Le parti metalliche di una struttura esposta, vengono sollecitate da intensi sforzi, le scariche elettriche sono accompagnate da notevoli emissioni di onde elettromagnetiche perturbatrici e da correnti elettriche indotte di grande intensità. L’ing. Riccardo Morandi rilevava, in un suo studio, nel 1979, la perdita di resistenza superficiale del calcestruzzo ed evidenziava l’esigenza d’una maggiore protezione, per incrementarnela resistenzameccanica, onde fornire una risposta efficace, contrastante gli agenti abrasivi. Suggeriva l’impiego di resine e di elastomeri sintetici; il suo indicare tali insidie, e la soluzione ai problemi indotti da esse,sono rimasti inascoltati. La Commissione ispettiva del ministero ha relazionato la torsione che ha subito la struttura: “Il ponte non è caduto nella sua proiezione,si è storto, poi è crollato”. Grandi viadotti in acciaio, del tipo di quelli esistenti in America, in luogo dei ponti in calcestruzzo armato, potrebbero rappresentare la soluzione da adottare in futuro? Occorre tener presente la manutenzione costante (ad esempio riverniciatura completa ogni 2-3 anni) che esigerebbero i viadotti in acciaio qualora si realizzasse una tal scelta. Alcune riflessioni; in primo luogo, il problema della velocità di transito sulle autostrade. Nel corso dei decenni, si è verificato un considerevole aumento della intensità del traffico, con significativo incremento della velocità dei veicoli, soprattutto dei mezzi pesanti. Intorno al 1960,autotreni, autoarticolati ed autosnodatitransitavano a 50 km/h, oggi possono viaggiare ad 80 km/h; conseguenze:maggiore deterioramento dei materiali, degrado dirompente nel tempo, i viadotti subiscono flessione di grado superiore, a causa di sollecitazioni prodotte da auto e tir più rapidi, inducenti,neicomponenti strutturali, elevato ‘stress da fatica’ ed usura. Altra drammatica realtà: in Italia esistono molti ponti pericolanti; sono attivi, all’incirca, un milione e mezzo di ponti, ma ne risultano controllati soltanto 60mila: programmare concretamente il futuro è una utopia? Attesa la circostanza di vita utile attorno ai cinquant’anni, un generico decadimento può coinvolgere l’intera compagine d’un complesso di elementi, dunque vi è necessità che lo stesso venga continuamente manutenuto. L’estetica: viadotti arditi, ponti snelli, belli a vedersi, formidabili capolavori d’ingegneria… E’ possibile, in futuro, la realizzazione di strutture anche inestetiche, garantenti maggiore affidabilità con più ampia protezione per i conducenti? Risulterebbero attuabili rigide vigilanze sui carichi viaggianti,e reali controlli di eccessi di velocità? Si tenga presente che, attualmente, sono rilevati soltanto sul 40% della rete autostradale italiana, dunque, sul percorso del restante 60%,teoricamente,esiste la possibilità d’attuare qualche artificio… Severità,immediato sequestro di autoarticolati ed autovetture violanti le norme, e loro messa all’asta, implicherebbero minori rischi?

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