Quest’anno ricorre il centesimo anno dalla nascita di Alberto Manzi, diffusamente conosciuto come “maestro Manzi”, è stato docente e conduttore negli anni Sessanta della celebre trasmissione Rai “Non è mai troppo tardi”. Romano d’origine; nacque nel 1924, potremmo dire coetaneo della riforma Gentile (1923) che aveva portato, fra le altre cose, al potenziamento della formazione e della selezione delle nuove classi dirigenti. Era figlio di umile famiglia e mostrava una duplice inclinazione: mare e scuola. Si diplomò maestro alle magistrali e conseguì il diploma presso il nautico; scoppiò la guerra e, malgrado la sua volontà, partì per il fronte. Fu arruolato nel corpo dei sommergibilisti della marina militare. La guerra combattuta a bordo di un sommergibile, la perdita di diversi amici commilitoni, lo distanziarono dal mare. Capì che il mare non sarebbe stata la sua strada. All’Università conseguì una doppia specializzazione: la laurea in biologia e, successivamente, in Filosofia e Pedagogia. Alberto Manzi diventò famoso negli anni Sessanta con la trasmissione “Non è mai troppo tardi”, una vera opera di alfabetizzazione che gli consentì di arrivare fino in Amazzonia. Il suo pensiero si accostava all’idea di libertà; libertà che si poteva raggiungere proprio grazie all’interesse e all’impegno nello studio, alla conoscenza e alla consapevolezza che ne derivava. Oggi, nel Giorno della Libertà, il Ministro Valditara ricorda il 9 novembre 1989: il crollo del Muro di Berlino che segnò l’inizio della fine dei regimi comunisti nell’Europa dell’Est, liberando popoli oppressi e aprendo la strada alla riunificazione europea. Oggi, afferma il Ministro Valditara, è essenziale ricordare tali eventi nelle scuole per radicare una cultura democratica e consapevole dei rischi dei totalitarismi, proprio come stabilito dal Parlamento italiano che, con la legge n. 61 del 15 aprile 2005, ha istituito il “Giorno della Libertà”.
Il “Maestro d’Italia, Alberto Manzi, rivolgendosi ai suoi alunni diceva: “..non rinunciate mai, per nessun motivo, sotto qualsiasi pressione, ad esser voi stessi. Siate sempre padroni del vostro senso critico, e niente potrà farvi sottomettere. Vi auguro che nessuno mai possa plagiarvi o ‘addomesticare’ come vorrebbe”. E ancora: “Realizzate tutto ciò, ed io sarò sempre in voi, con voi. E ricordatevi: io rimango qui, al solito posto. Ma se qualcuno, qualcosa, vorrà distruggere la vostra libertà, la vostra generosità, la vostra intelligenza, io sono qui, pronto a lottare con voi, pronto a riprendere il cammino insieme, perché voi siete parte di me, e io di voi”. La Libertà per il maestro Manzi si rappresentava conquista culturale e civile. Il suo commiato, ma anche la sua lezione vita… Così scriveva interamente destinando la sua missiva agli alunni dell’ultimo anno delle Elementari:
“Cari ragazzi di quinta, scriveva Manzi nel 1976, abbiamo camminato insieme per cinque anni. Per cinque anni abbiamo cercato, insieme, di godere la vita; e per goderla abbiamo cercato di conoscerla, di scoprirne alcuni segreti. Abbiamo cercato di capire questo nostro magnifico e stranissimo mondo non solo vedendone i lati migliori, ma infilando le dita nelle sue piaghe, infilandole fino in fondo perché volevamo capire se era possibile fare qualcosa, insieme, per sanare le piaghe e rendere il mondo migliore. Abbiamo cercato di vivere insieme nel modo più felice possibile. È vero che non sempre è stato così, ma ci abbiamo messo tutta la nostra buona volontà. E in fondo in fondo siamo stati felici. Abbiamo vissuto insieme cinque anni sereni (anche quando borbottavamo) e per cinque anni ci siamo sentiti “sangue dello stesso sangue”. Ora dobbiamo salutarci. Io devo salutarvi. Spero che abbiate capito quel che ho cercato sempre di farvi comprendere: non rinunciate mai, per nessun motivo, sotto qualsiasi pressione, ad esser voi stessi. Siate sempre padroni del vostro senso critico, e niente potrà farvi sottomettere. Vi auguro che nessuno mai possa plagiarvi o ‘addomesticare’ come vorrebbe. Ora le nostre strade si dividono. Io riprendo il mio consueto viottolo pieno di gioie e di tante mortificazioni, di parole e di fatti, un viottolo che sembra sempre identico e non lo è mai. Voi proseguite e la vostra strada è ampia, immensa, luminosa. E’ vero che mi dispiace non essere con voi, brontolando, bestemmiando, imprecando; ma solo perché vorrei essere al vostro fianco per darvi una mano al momento necessario. D’altra parte voi non ne avete bisogno. Siete capaci di camminare da soli e a testa alta, perché nessuno di voi è incapace di farlo. Ricordatevi che mai nessuno potrà bloccarvi se voi non lo volete, nessuno potrà mai distruggervi, se voi non volete. Perciò avanti serenamente, allegramente, con quel macinino del vostro cervello sempre in funzione; con l’affetto verso tutte le cose e gli animali e le genti che è già in voi e che deve sempre rimanere in voi; con onestà, onestà, onestà, onestà, e ancora onestà, perché questa è la cosa che manca oggi nel mondo, e voi dovere ridarla; e intelligenza, e ancora intelligenza, e sempre intelligenza, il che significa prepararsi, il che significa riuscire sempre a comprendere, il che significa sempre riuscire ad amare, e… amore, amore. Se vi posso dare un comando, eccolo: questo io voglio. Realizzate tutto ciò, ed io sarò sempre in voi, con voi. E ricordatevi: io rimango qui, al solito posto. Ma se qualcuno, qualcosa, vorrà distruggere la vostra libertà, la vostra generosità, la vostra intelligenza, io sono qui, pronto a lottare con voi, pronto a riprendere il cammino insieme, perché voi siete parte di me, e io di voi. Ciao”. “Nel 1960 Manzi, scrive Tommasi in Storica, venne coinvolto in un progetto che lo rese celebre e che, visto dai giorni nostri, potremmo definire il primo “esperimento di didattica a distanza”. Il direttore didattico della scuola romana Fratelli Bandiera, in cui insegnava dal 1954, lo mandò alla Rai per un provino per prendere parte a Non è mai troppo tardi. Si trattava di una trasmissione televisiva nata da un’idea del direttore generale della Pubblica Istruzione, Nazareno Padellaro, il cui obiettivo era quello d’insegnare a leggere e a scrivere agli adulti non alfabetizzati. Manzi superò il provino e divenne il “maestro d’Italia”. Il suo fu un successo planetario: riprodotto come un format in ben settantadue Paesi, in Italia andava in onda prima di cena. Il maestro disegnava a carboncino su grandi fogli bianchi delle scenette da cui partivano poi le sue lezioni. Inoltre, utilizzava anche una lavagna luminosa, all’epoca un’attrezzatura avveniristica di grande impatto. Il successo fu travolgente, e più di un milione di persone conseguì la licenza elementare seguendo le lezioni del maestro Manzi. L’Italia degli anni del dopoguerra portava ancora su di sé un pesante fardello di analfabetismo che nonostante la martellante propaganda nemmeno il fascismo era riuscito a debellare. Manzi continuò a percepire lo stipendio d’insegnante statale, e un “rimborso-camicie” dalla Rai (le sue si sporcavano col carboncino). La trasmissione continuò fino al 1968, poi venne sospesa perché la scuola pubblica era ormai un’istituzione avviata. Manzi morì nel 1997 a Pitigliano, in provincia di Grosseto, dove, rimasto vedovo, si era trasferito con la seconda moglie e la loro figlia, e dove aveva svolto anche l’incarico di sindaco. Dietro l’aspetto di quieto maestro piccolo borghese, ci lascia un’eredità morale da vero ribelle: La rivoluzione è una perpetua sfida alle incrostazioni dell’abitudine, all’insolenza dell’autorità incontestata, alla compiacente idealizzazione di sé e dei miti imposti dai mezzi di informazione. Per questo la rivoluzione deve essere un evento normale, un continuo rinnovamento, un continuo riflettere e fare, discutere e fare. Gli altri, sono io”. In suo onore, a cento anni dalla morte, dall’11 al 29 novembre si terrà un’esposizione dedicata al “Maestro d’Italia” presso la Biblioteca del Ministero dell’istruzione e del merito. La Biblioteca, informa il MIM con relativo comunicato stampa, espone una selezione di note e decreti ministeriali, tratti dai propri bollettini, che documentano la collaborazione tra il Ministero della Pubblica Istruzione e la RAI, che portò la didattica sul piccolo schermo. In Sala di Lettura i visitatori potranno apprezzare anche alcuni volumi che testimoniano il proficuo rapporto fra mondo della televisione e scuola, tra cui “Scuola e sussidi audiovisivi in Italia”, di Branca R., Centro Nazionale sussidi audiovisivi, Roma, 1957 e “La televisione nella scuola di domani”, a cura di Prini P., Edizioni Abete, Roma, 1969. Fiore all’occhiello dell’esposizione, sono alcuni documenti originali tratti dal Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione degli anni ’80 di cui Alberto Manzi fu componente. Gli atti tratti dai bollettini ministeriali relativi al progetto “Telescuola” sono stati digitalizzati e sono visionabili su uno schermo touchscreen. Nella Sala dell’Emeroteca saranno poi esposti alcuni periodici degli anni ’70 che contengono articoli e pubblicazioni che esplorano il rapporto tra scuola e televisione, pubblicazioni dedicate al maestro Manzi nell’anno del suo centenario e una collezione di audiovisivi e audiocassette di programmi dedicati alla fruizione scolastica.
Alberto Manzi, il “Maestro d’Italia”, a cento anni dalla nascita
Dall'11 al 29 novembre un'esposizione dedicata presso la Biblioteca del Ministero dell'istruzione e del merito