È un quadro preoccupante quello che emerge all’indomani dell’operazione “Il Faro” che ha messo alle sbarre undici persone, sette ai domiciliari, tre con obblighi di dimora e quattro con obblighi di dimora e firma. Tutti appartenenti a una famiglia rom di Agropoli. L’operazione, andata in scena all’alba del 30 Novembre, è una delle più importanti degli ultimi anni. “I Carabinieri del R.O.S. di Salerno, in collaborazione con la Compagnia Carabinieri di Agropoli, guidata dal capitano Francesco Manna, – si legge nel comunicato delle forze dell’ordine – dopo un’articolata attività investigativa, su richiesta della D.D.A. della Procura della Repubblica hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misura cautelare personale emessa dal Gip. di Salerno, nei confronti di venticinque soggetti appartenenti ad una comunità rom, da molti anni stanziata nella cittadina cilentana, in particolare alle famiglie Marotta e Cesarulo. Sono state eseguite undici ordinanze di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, sette ordinanze di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari e sette ordinanze di applicazione della misura cautelare dell’obbligo di dimora, nei confronti degli indagati ritenuti responsabili dei reati di cui all’art.416 c.p. associazione a delinquere finalizzata alla commissione di delitti contro il patrimonio e contro la persona, artt.610 e 629 c.p., aggravati ex art.416 bis.1 c.p. (già art.7 L.203/91) violenza privata ed estorsione commessi con aggravante di aver agito con le modalità tipiche delle associazioni mafiose, ovvero avvalendosi della forza d’intimidazione derivante dal vincolo associativo e dalla condizione di assoggettamento che ne deriva. Le indagini, sviluppate attraverso attività tecnico-intercettive e l’esecuzione di servizi dinamici di osservazione, integrati dall’acquisizione di informazioni testimoniali, permettevano di delineare un consistente quadro probatorio in ordine alla sussistenza del vincolo associativo tra gli intranei al gruppo indagato che, da numerosi anni, controllava la cittadina a forte vocazione turistica di Agropoli, autofinanziandosi attraverso l’esecuzione di sistematici furti con destrezza compiuti presso gioiellerie presenti su tutto il territorio nazionale, l’esecuzione di furti all’interno di autovetture ed il riciclaggio dei proventi ottenuti, l’illecita introduzione nei circuiti bancari finalizzata all’accredito fraudolento di somme di denaro. E’ stata accertata la commissione di una lunga serie di reati contro la persona, consumati nell’area di Agropoli, a danno sia di privati cittadini che di appartenenti alle Forze dell’Ordine e di amministratori pubblici, che evidenzia la spiccata propensione all’intimidazione nei confronti della popolazione locale e lo spregio nei confronti dell’autorità costituita da parte degli appartenenti al sodalizio, determinando, negli anni, un potere d’intimidazione complessivo che ha fortemente inciso sul tessuto sociale della cittadina di Agropoli. Difatti, nell’arco temporale osservato, si è accertato che i predetti, forti della notoria appartenenza al gruppo indagato, particolarizzante numeroso e coeso, si sono resi responsabili anche di gravi atti minatori ed intimidatori, anche con minacce di morte, ai danni del coordinatore unico del cantiere di Agropoli della società operante nel settore della raccolta dei rifiuti solidi urbani della città, al fine di essere assunti nelle vesti di dipendenti stagionali, di essere adibiti a mansioni “gradite” e di non essere sanzionati per le continue assenze ed i costanti inadempimenti commessi nell’esercizio dell’attività lavorativa; di militari in servizio presso la Compagnia Carabinieri di Agropoli, al fine di costringerli ad omettere o alleggerire i controlli del Comando CC di appartenenza eseguiti in direzione delle condotte delittuose riconducibili ai componenti del gruppo indagato; del primo cittadino di Agropoli, con lo scopo di costringerlo a ricevere le loro “delegazioni” senza preavvisi o appuntamenti, ad evitare che taluni appartamenti di recente confiscati fossero adibiti a finalità pubbliche, ad assegnare indebitamente ad appartenenti alla comunità posti di lavoro a tempo indeterminato”. Un quadro che, insomma, mette nuovamente sotto la lente d’ingrandimento l’importanza di queste famiglie nel tessuto sociale del territorio agropolese. A far notizia, inoltre, ci sono le intercettazioni venute fuori dopo gli arresti. In primis quelle del 2012 quando la poltrona di sindaco di Agropoli era occupata da Franco Alfieri. Dalle stesse si evince come già lo stesso Alfieri dovesse in qualche modo dover fare i conti con la numerosa comunità da ormai decenni stazionata ad Agropoli. Successivamente è stato il turno di Adamo Coppola che più volte si è visto costretto a tenere alla porta gli appartenenti al gruppo che spesso irrompevano a palazzo di città per un colloquio, diciamo personale, con l’attuale primo cittadino. Proprio in conseguenza a queste continue pressioni, il gruppo chiedeva ripetutamente posti di lavoro fissi, è arrivata la denuncia da parte del primo cittadino alle forze dell’ordine che di conseguenza hanno preferito accelerare le operazione e svolgere al più presto gli arresti. Anche in città non sono mancati i commenti con gran parte dei cittadini rimasti increduli dal modus operandi del gruppo criminale. Scetticismo, inoltre, sulla durata delle pene anche perché già in passato si erano verificate delle operazioni di questo tipo senza però che la giustizia riuscisse perfettamente a fare il suo corso. Dal punto di vista politico invece non sono mancate le dichiarazioni degli oppositori della maggioranza, su tutti il grillino Caccamo che ha così commentato: “Non voglio fare nessun commento ma ricordare che da tempo abbiamo denunciato un atteggiamento troppo contiguo a certi ambienti che ne ha poi favorito il proliferare. Fummo derisi e smentiti a più riprese”. “Mostrare il volto buono, aver offerto posti di lavoro nelle cooperative, aver concesso di poter riscuotere stipendi stando comodamente a fare i fatti propri, assegnazione di alloggi popolari, senza che questo si sia costituito in un reale percorso di reinserimento virtuoso nella società, ha solo messo a bagnomaria certi soggetti, che appena vistosi rifiutare le (usuali) richieste alle quali erano usi essere accolte si sono ribellati a loro modo. Era scontato”.
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