Parlare di Agropoli sotto l’aspetto storico e culturale è forse la miglior carta che la città possa giocarsi. Da sempre la perla del Cilento, anche se non ha mai sfruttato a pieno le sue potenzialità, è vista come sinonimo di storia, cultura e turismo. La storia è importante già prima di andarla a vedere nei dettagli perché basta visitare la città per scoprire il centro storico arroccato nella zona alta con veduta sul porto e soprattutto il Castello Angioino Aragonese vero e proprio gioiello per come mantenuto dopo centinaia di anni. Il territorio è stato frequentato a partire dal Neolitico da popolazioni dedite alla caccia e alla pesca. Alla foce del fiume Testene in passato c’era una baia, utilizzata dai Greci per scambi commerciali, sia prima che dopo la fondazione della vicina Poseidonia (Paestum). Sul vicino promontorio, che prese il nome di “Petra”, a metà del VII secolo a.C. venne edificato un tempio dedicato ad Artemide. In epoca romana, a partire dal I secolo a.C. è attestata la presenza di un piccolo borgo marittimo, Ercula, in prossimità dell’attuale lungomare San Marco, destinato a servire da approdo anche per la vicina Paestum, il cui porto andava insabbiandosi. In seguito alle incursioni dei Vandali nel V secolo il borgo, difficilmente difendibile, venne abbandonato dagli abitanti, che si trasferirono sul vicino promontorio. Tra il 535 e il 553, con la guerra greco-gotica i Bizantini greci vi collocarono una roccaforte, che prese il nome di Acropolis (“città alta” in greco). Alla fine del VI secolo vi si rifugiò il vescovo di Paestum per sfuggire ai Longobardi. Con l’arrivo di profughi bizantini dalla Lucania Agropoli si ingrandì e divenne sede di un vescovato. Nell’882 i Bizantini furono cacciati dai Saraceni, i quali costruirono un ribàt (nuova fortificazione): da qui partivano gli attacchi ai paesi vicini fino a Salerno. Nel 915 i Saraceni furono cacciati e Agropoli tornò in mano ai vescovi, che intanto si erano stabiliti a Capaccio. I vescovi dominarono la città per tutta l’epoca medioevale, insieme ai centri di Ogliastro ed Eredita, e ai villaggi di Lucolo, Mandrolle, Pastina, San Marco di Agropoli e San Pietro di Eredita, che componevano il feudo di Agropoli. Nel 1412 i feudi di Agropoli e Castellabate furono ceduti da papa Gregorio XII al re Ladislao di Durazzo (1386 – 1414) come parziale pagamento di debiti accumulati nell’arco di alcune guerre. Il 20 luglio 1436 Alfonso V d’Aragona concesse i feudi di Agropoli e Castellabate a Giovanni Sanseverino, già conte di Marsico e barone del Cilento, che come compenso doveva versare ai vescovi di Capaccio 12 once d’oro l’anno. Solo nel 1443 il re riprese possesso del territorio. Successivamente Agropoli passò sotto il dominio di diverse casate e nell’Ottocento dopo molto tempo Agropoli iniziò l’espansione oltre l’antico borgo. Insomma una storia lunghissima che ne ha fatto oggi una delle città più importanti del comprensorio e, per certi versi, anche della Regione Campania. Storia e cultura come di conseguenza vanno a braccetto con il turismo anche se qui siamo sempre di fronte a croce e delizia della città. Il turismo non manca, per carità, ma non è mai sviluppato quanto potrebbe. Il dilemma di sempre è se la città possa sostenere un turismo più annuale e molto meno stagionale relegato solo al mero periodo estivo. Del movimento si vede anche durante la media stagione ma soprattutto il turismo da fuori nazione potrebbe portare altro traino a un paese che, in sostanza, basa i suoi maggiori introiti proprio su questo. Se, inoltre, dobbiamo pensare a degli eventi che caratterizzino Agropoli non possiamo non citare il Carnevale negli ultimi anni grande protagonista in positivo. I numeri parlano di certo a favore della settimana del martedì grasso anche se forse considerare il flusso di persone che raggiunge la città turismo è esagerato. Qualcosa di importante c’è ma probabilmente i numeri maggiori sono sempre quelli del turismo sportivo vero traino voluto da Franco Alfieri. Eventi come il Torneo Internazionale di Agropoli, la Mediterraneo Cup di basket giovanile e le gare nazionali di atletica portano un numero davvero impressionante di turisti. Numeri che soddisfano in pieno non solo albergatori e strutture ricettive ma anche la vendita al dettaglio, in poche parole il commercio. Commercio che comunque potrebbe fare di più soprattutto nel periodo invernale dove la domanda magari è debole ma allo stesso tempo l’offerta è anche peggiore. I commercianti dovrebbero capire che le modalità non possono cambiare in un solo anno ma ogni anno che passa senza ristoranti aperti la domenica a pranzo nel periodo invernale è un anno che non darà nulla in più al successivo. Ci vuole voglia di migliorarsi con sacrificio ma forse a qualcuno bastano i tre mesi estivi salvo poi passare i restanti nove a lamentarsi.
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