di Giuseppe Liuccio È arioso e monumentale quello scalone, che si inerpica ardito, con l’acciottolato levigato dal passo dei secoli, fin lassù alla porta merlata carica di storia, luminosa nella luce, sospirato accesso al panorama da delirio di sagrato e chiesa a minaccia di volo nell’infinito del mare. Le rocce dirupano nell’ansa del porto, ostentando arabeschi di macchia mediterranea e barricate di fichidindia all’inutile scialo dei frutti nella stagione giusta. Più su ti aggiri tra l’intrico dei vicoli silenziosi ed assorti, in cui, se chiudi gli occhi, il vento lieve narra antiche storie di saraceni predoni e di donne coraggiose che, per amore di libertà, videro sfiorire anni e bellezza nella prigionia del castello, di eroi risorgimentali che gridarono alto e forte il nome dell’Italia ed, infine, di esiliati colti che attenuarono la persecuzione del regime con la mitezza del clima, la calda ospitalità dei cittadini e il canto d’amore delle ragazze belle (Franco Antonicelli!). Da un terrazzo di strada a catapulta sul mare l’occhio spazia sulla piana di Paestum ed il pensiero corre ai Greci che fecondarono di civiltà mediterranea il territorio e fecero di Agropoli la zona residenziale di Poseidonia o il centro urbano a governo di una campagna fertile di agricoltura intensiva. Tutto ancora da sciogliere l’interrogativo degli appassionati di archeologia: Acropoli=città alta o Agropoli=città dell’agro. In distanza i Picentini rievocano prestigiosi insediamenti degli Etruschi, rivali, per controversie di potere, dei Greci, che fondarono templi, terme e fori al di là del Sele, che ammara lento alla foce, miscelandovi storia e storie raccolte alle radici degli Alburni di virgiliana memoria. Salerno è un arco lunato a scivolo di colline verso il Golfo. In lontananza i Lattari sfumano con insellature accidentate e calanchi da displuvi a gloria di paesi nelle paciose rade, scrigni di bellezza. Alle spalle i monti verdi dell’infanzia: il terrazzo del Calpazio, che ride di luce alla facciata del Santuario a contesa di devozione di fecondità con Era Argiva, la dentatura oblunga del Soprano, il passo arcuato del Vesalo, il cono rovesciato del Sottano. E, a dirupante pendio a conquista di pianura, le colline, che ritmarono il peana di lavoro dei contadini alla difficile fatica del vivere: il bigio degli uliveti, i filari geometrici dei vigneti, il ricamo dei ficheti a dono generoso di frutti zuccherini. Dall’altra parte la Baia di Trentova a memoria di passaggio di santi con la gloria dei miracoli, il Vallone che ingravida le grotte ai possenti capricci delle onde, il promontorio del Tresino ad evocazione di Padri Trezeni, San Giovanni a mezzadria di culto con Castellabate. Sotto la città nuova è ostentazione, spesso, di speculazione selvaggia con i brutti condomini. Agropoli recita, così, nelle luci e nelle ombre, un ruolo di primo piano nella storia passata e presente del Cilento e ne influenza lo sviluppo. Quel che succede in questa città va ben oltre i confini del suo municipio e calamita l’attenzione e l’interesse di un territorio più vasto, che dalla costa sale verso i paesi dell’interno. È considerata giustamente la “Porta del Cilento” non tanto e non solo per la sua collocazione geografica in felice posizione strategica, sentinella del mare e capolinea di escursioni nel Parco Nazionale, ma anche perché, a chi sappia leggere i segreti del suo vasto territorio comunale, è in grado di anticipare assaggi di paesaggi, sapori e saperi da cogliere, poi, a piene mani, nei raccolti paesi delle ariose marine come nei centri disseminati sui crinali delle colline, nei brevi pianori dei monti e nelle vallate. Ma Agropoli ha, innanzitutto, un grande ruolo di propulsione e di guida per tutto il turismo cilentano, a condizione, però, che pensi e progetti alla grande e voli alto. E per fortuna, il sindaco, Franco a ALFIERI, per le sue indiscusse capacità di amministratore e per il ruolo che riveste nella Regione Campania, ne è valida ed affidabile garanzia. Ma l’impegno di tutti, amministratori pubblici, operatori economici, rappresentanti di categorie professionali, intellettuali dovrebbe essere quello di investire in CULTURA, trasformando il Borgo Antico in un prestigioso contenitore per iniziative di qualità disseminate lungo tutto l’arco dell’anno. Proviamo a dare degli spunti per contribuire a riempirlo di progettualità di grande respiro: 1) “Biblioteca del Cilento”, che raccolga e cataloghi tutto quanto è stato scritto sul territorio e che diventi luogo deputato alla consultazione per studiosi, ma anche occasione di iniziative di respiro nazionale ed internazione. 2) “Pinacoteca”, con relativa sala mostre, che diventi occasione di raccolta e di esposizione degli artisti del Cilento, rispettando ed onorando anche la bella tradizione della città, che vanta gallerie espositive di buon livello. 3) “Borgo della Musica e della Poesia”, che recuperi ed esalti il patrimonio culturale di casa nostra, dandogli una visibilità nazionale attraverso un palcoscenico di prestigio e che punti, di volta in volta, a proporsi come: a) “ Borgo delle boutiques e della moda”, b) dei sapori, c) dell’Artigianato, d) del cinema, e) della fotografia ecc, ecc. E tanto per articolare in sintesi una delle proposte/idee: è azzardato ipotizzare una moda cilentana, stimolando la creatività dei giovani stilisti, capaci di attingere idee all’arte ed alle tradizioni della nostra terra: le matrone pestane le contadine delle zone interne, i virili lucani i solari pescatori? È troppo pretendere che nello scenario da delirio di bellezza del Centro storico, ci sia una o più notti della moda con tanto di ripresa televisiva? Ma il “BORGO” ha, innanzitutto, la necessità di riscattarsi da una immagine negativa ereditata dal una pagina di storia medievale non proprio esaltante. Nell’882 predoni corsari Saraceni conquistarono la città, ne cacciarono i Bizantini, che si rifugiarono sulle colline e sulle montagne dell’interno e trasformarono la città in un “RIBAT”, passando alla storia come predatori senza scrupoli, che, in nome delle razzie, non esitarono a macchiarsi di sangue, uccidendo pescatori e contadini indifesi e stuprando donne impaurite ed inermi, ubbidendo alla sola legge del profitto e del danaro. Quella tormentata ed inquietante pagina di storia è stata tramandata ingigantita anche nell’immaginario collettivo, come testimonia ancora qualche canto popolare: “All’armi! All’armi! La campana sona/. Sò sbarcati li Turchi a la Marina/.Chi tene scarpe vecchie se le sola/ le meie l’aggio solate stammatina”. Bisogna dire, per onestà intellettuale, che quella immagine Agropoli, non se l’è ancora del tutto scrollata di dosso. Ogni tanto e a più riprese riecheggia in senso dispregiativo il termine “Saracini”. Sarebbe opportuno che tutti facessero uno sforzo perché il “Borgo” recuperasse tutta la sua bellezza e con scialo di fiori a balconi e finestre, arredo urbano con tocchi evidenti di grazia, eleganza e buon gusto, esaltando al meglio la qualità/eccellenza, della offerta nelle attività commerciali, nella gestione inappuntabile della ristorazione, e dei pubblici esercizi, non consentendo che gli angoli più caratteristici vengano involgariti con invasione di tavoli e sedie straripanti oltre il dovuto e inquinando l’aria con effluvi(?) da friggittorie. Il“borgo”non continui ad essere solo il regno incontrastato delle pizzerie, ma diventi, invece, sempre di più, “una elegante passerella della Bellezza e del buon gusto. Lo slogan sia, con motivata determinazione, “Da RIBAT a LABORATORIO PERMANENTE DI BELLEZZA nel segno dell’offerta di qualità/eccellenza e della CULTURA. E a tal proposito propongo: 1)UN MEETING INTERNAZIONALE di cultura euro mediterranea nel segno del meticciato e della ibridazione con protagonista, anno per anno, un paese dell’area mediterranea. Penso come apertura alla TURCHIA con il suo “Premio Nobel PAMUK”. “2) Un FESTIVAL DI LETTERATURA AL FEMMINILE nel nome di Luisa Sanfelice, Eleonora de Fonseca Pimentel, delle quali si occupò il grande Dumas, e della scrittrice Margherita Yourcenar, che ad Agropoli ambientò parte del suo noto romanzo, “Anna Soror”, ipotizzando un partenariato: Agropoli (regione Campania), (Regione LazioTivoli, dove Yourcenat ambientò “Le memorie di Adriano”) Francia (addetto culturale dell’Ambasciata di Francia in Italia) con il patrocinio dell’UE. Sarebbe possibile e praticabile. Il dominio dei Saraceni con il loro potente e temuto ribat finì nel 915. E la città ed il Cilento riconquistarono pace e serenità sotto il governo dei vescovi di Capaccio. Successivamente San Francesco fu in città e diede una mano “santa” oltre che autorevole a ripristinare fede e serenità con il culto nelle chiese e nei conventi ricostruiti dopo il periodo buio della scristianizzazione imposta dai predoni saraceni. C’è, quindi, lo spunto anche per arricchire il dibattito sulla proposta di 3) “Agropoli città Francescana”, a cui lavora con entusiasmo ed intelligenza l’ amico GEMANO RIZZO. Si tratta di proposte, che vanno rodate e, certamente, perfezionate, ma che, se ufficializzate, farebbero di Agropoli una città di caratura nazionale ed internazionale, naturale ponte sul Mediterraneo, con una ricaduta di immagine e di occupazione per Il TURISMO CULTURALE DI QUALITA’ dell’intero territorio. L’importante è VOLARE ALTO CON PROGETTUALITA’ DI AMPIO RESPIRO. Buona Fortuna e Buon Lavoro!
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