di Bartolo Scandizzo
Su ottanta e più comuni del Parco Nazionale del Cilento, Diano e Alburni, più della metà sono a rischio estinzione. Fatte poche eccezioni, solo quelli sulla costa vivono di luce propria e solo a ridosso e durante la bella stagione quando prime e seconde case riaprono i battenti e favoriscono anche la riapertura di numerosi negozi.
Infatti, il decremento demografico delle aree interne è diventato il problema dei problemi del nostro territorio dove prospera l’unica attività imprenditoriale a cui non manca la “materia prima” le pompe funebri.
Non c’è nemmeno bisogno di scomodare gli istituti di statistica per rendersene conto. È sufficiente farsi un giro nell’alta Valle del Calore, come nei comuni del Cilento interno, nel corollario di agglomerati in cui sono frazionati i comuni che fanno corona dalle colline del Golfo di Policastro o nei borghi degli Alburni per toccare con mano la desolante realtà di luoghi dove il rapporto tra nascite e decessi e di 1/30 … E sbaglio per difetto. Né può consolare il fatto che alcuni comuni, i cui amministratori hanno saputo guardare avanti da tempo, sono fermi alla crescita/ decrescita zero. Anche in questo caso, solo l’arrivo di cittadini di importazione come pensionati (Italiani e stranieri) attratti dalla tranquilla vita Cilentana hanno deciso di porre la residenza nella terra dei miti. Oppure l’insediamento di lavoratori extracomunitari dediti alla potatura e raccolta di ulivi, vigne e castagneti …
La programmazione per l’impiego dei fondi europei 2014/2020, prendendo atto del fenomeno che metterebbe a rischio l’esistenza stessa delle comunità, ha posto in alto l’aspettativa di investimenti nelle aree interne. È una chance che sarebbe sbagliato non cogliere per il nostro territorio. Nel passato, milioni di euro sono stati impegnati per sistemare piazze, ristrutturare palazzi e conventi, costruire rotatorie, aprire case di riposo, adibire cascinali ad agriturismi, ammodernare chiese, illuminare strade, ristrutturare scuole … Allargare cimiteri!
Risorse impiegate per migliorare la qualità della vita di chi già vive nei paesi del parco. Intanto, molta parte del patrimonio abitativo dei centri storici è stato invece abbandonato al degrado facendo fuggire i pochi stoici “paesani” che non ne volevano sapere di lasciare la terra dei padri sia per necessità sia per virtù.
Se non fosse stato per le centinaia di badandi, poche italiane e molte straniere, importate da figli e figlie trasferitisi in città o da qualche altra parte a costruirsi un futuro, anche la qualità della vita alla base della longevità di cui ci vantiamo sarebbe risultata decisamente ridimensionata.
L’incremento demografico è l’iperattivo categorico al quale non ci si può sottrarre nel prossimo futuro se si vorrà salvare il salvabile del nostro mondo. Ci si riferisce ai luoghi in cui la generazione del dopo guerra è nata ed è cresciuta fino a quando non è scomparsa all’orizzonte perché partita alla ricerca del mondo altro da quello a cui erano destinati.
Molti si spostarono di pochi Km verso al zona costiera (anche nello stesso comune); altri a fare i portieri nei palazzi del capoluogo; tanti salirono sui treni diretti alle città industriali del Nord o, ancora più in là, in Francia, Germania, Belgio; numerosi quelli che “richiamati” da lontani parenti scelsero l’America e l’Australia …
La ricetta miracolosa non è dato di conoscerla. Né quelle che hanno già dato segnali positivi potrebbero essere usate per realtà con caratteristiche dissimili. Il problema di Capaccio capoluogo è diverso da quello di Valle dell’Angelo; come non si può proporre la stessa soluzione per Centola e per Montano Antilia; nè si può mettere sullo stesso piano Caggiano e Teggiano e Perito con Ascea paese.
In ogni caso, tutte le azioni che potenzialmente potrebbero essere immaginate e finanziate non possono non partire da una presa di coscienza collettiva che faccia giustizia di tutti i luoghi comuni coniati finora: “mancanza di strade, vincoli paesaggistici che impediscono di costruire, chiusura di servizi pubblici come poste e scuole … mancanza di lavoro che pure è una piaga sociale.
La vera battaglia da combattere è quella culturale. È indispensabile convincere chi è rimasto che solo guardando in faccia la realtà la si può riformare. Per cui è arrivato il momento di chiamare a raccolta ogni “intelligenza” per un confronto su come andare oltre lo stato attuale. Amministratori e sindaci facciano un passo avanti verso lo straordinario impegno senza cedere di un palmo su quello ordinario per evitare che il fenomeno travolga ogni speranza.
In questo, il nuovo presidente del Parco, Tommaso Pellegrino, è la comunità del Parco retta pro tempore da Tonino Radano, si facciano parte attiva e convochino gli stati generali del Cilento, Diano e Alburni per un confronto aperto franco e leale al fine di evitare il tracollo annunciato.