Sono otto gli anni di pontificato di Francesco. In questo tempo trascorso sul soglio di Pietro Bergoglio ha dimostrato una piena rispondenza col significato attribuito dalla cabala a questo numero: valore infinto di un messaggio che riflette dello spirito nel mondo ad invita a considerare la portata dei valori incommensurabili ed indefinibili. Nel contesto esoterico è anche il simbolo della Giustizia che difende l’equilibrio cosmico. La dottrina cristiana fa riferimento all’ottavo giorno come il momento della trasfigurazione del kronos in kairos, quindi annuncio di eternità.
Nell’omaggiare papa Francesco, la Conferenza episcopale italiana ha fatto riferimento al dono della sua parola, arricchita da segni e storiche iniziative, esempio personale per ricordare che la vita non è scansione del tempo che passa ma possibilità di incontri che redimono il cuore riscaldandolo mentre illuminano le menti. E’ un augurio che tutti possiamo condividere nel riflettere su cosa hanno significato per noi gli otto anni di pontificato di Bergoglio nonostante il moltiplicarsi di ingiuste critiche nei suoi riguardi come quella ripetuta spesso da giornalisti autoproclamatisi teologi. Costoro hanno denunciato l’assenza del nome di Cristo nei documenti di questo pontefice, mentre nel testo di “Fratelli tutti”, ad esempio, è ripetuto ben 129 volte il nome del Figlio di Dio in cui “tutto è stato creato e sussiste”, centro “della fraternità tra i figli di Dio, pur nelle loro differenze storiche e ideali”. Tra le testate giornalistiche “La Verità”, determinando un effettivo ossimoro tra titolo del giornale e contenuti dei suoi articoli, ha scritto allarmata: “Bergoglio lancia il comunismo mondiale e sorpassa a sinistra Marx Lenin e Mao”! Inoltre, scandalizzati, il quotidiano denuncia che l’enciclica cita «soltanto San Francesco, ma celebra Gandhi e Luther King, ricordando piuttosto il romanzo satirico Utopia di San Tommaso Moro …”.
Invece, letto con la dovuta attenzione e senza preconcetti, il documento papale diventa un vincente antidoto rispetto alle tante forme d’individualismo ed alla pratica mercatista, pronta a mutare secondo le situazioni per perpetuarsi. “Fratelli tutti”, a onta dei detrattori, è una enciclica talmente ortodossa; infatti, ripropone molte affermazioni ratzingeriane di condanna del relativismo sincretistico. Il documento si rivela particolarmente utile in riferimento a quanto si sperimenta in un mondo allo sbando, vittima della pandemia che insidia anche dinamiche caratteristiche della modernità, quali sovranità, proprietà, democrazia. Il relativo modello europeo novecentesco risulta sempre meno adatto al pianeta globalizzato. Perciò papa Francesco invita a riflettere per riadattarlo ricordando la raccomandazione evangelica di non utilizzare solo una toppa nuova da adattare a ciò che risulta vecchio per evitare, prevenendoli, squarci peggiore. Ad esempio, proprio perché le statistiche hanno dimostrato che ad arricchirsi sono sempre e solo i vertici della società mondiale non si può considerare la “funzione sociale” della proprietà un mero diritto “secondario”. Appare sempre più evidente che la destinazione universale dei beni deve coinvolgere ed interessare tutti i paesi, superando i confini come limes per trasformarli in opportunità ed estendere lo spazio d’ingerenza al diritto umanitario perché tutti facciamo parte della famiglia umana e, di conseguenza, nessuno è straniero. Ne deriva la necessità di rivedere per adattarli alle contingenze del XXI secolo i termini democrazia, libertà, giustizia, unità. A questo proposito, dopo Caritas in Veritate, scritta da Benedetto XVI nel 2009, Laudato Sì del 2015 e “Fratelli tutti” costituiscono una preziosa cornice per ridisegnare gli orizzonti di una virtuosa globalizzazione. L’enciclica “Fratelli tutti” ci accompagna in un viaggio del cuore illuminato dalla mente per superare polarizzazioni e antinomie. Questo impegno a sciogliere i nodi gordiani più intricati Francesco lo ha praticato anche di recente col suo pellegrinaggio in Iraq e col suo incontro con Ali Al Sistani, punto di riferimento dell’Islam sciita, per coniugare valori religiosi e dovere di convivenza della e nella famiglia umana. Questo fuoco interiore di fratellanza ha spinto il papa a sfidare i rischi della pandemia per portare il suo messaggio di pace facendo tappa ad Ur, la terra di Abramo nostro padre nella fede, per intessere fraterne amicizie sulle macerie dell’odio non solo tra cristiani e musulmani, occasione per ribadire la necessità di un nuovo impulso per costruire un mondo più solidale.
Del resto “Il mondo non sarà più come prima”, ripete papa Francesco in questi lunghi mesi di esperienza della pandemia. Lo ha ribadito nella conversazione col vaticanista di La Stampa Domenico Agasso: “La via per la salvezza dell’umanità passa attraverso il ripensamento di un nuovo modello di sviluppo”. Ne emerge la sua sollecitazione per una “svolta economica verso il verde”, che nelle intenzioni coincide con quanto si è riproposta l’EU col suo programma per la ripartenza. Ma non si tratta solo di disponibilità economiche. Alle risorse materiali si deve affiancare il mutamento degli “stili di vita che costringono milioni di persone, soprattutto bambini, alla morsa della fame”. Da qui l’impellenza di “un’esistenza più austera che renderebbe possibile una ripartizione equa delle risorse”. Tutti sono chiamati “a debellare indifferenza, corruzioni e connivenze” per “rimuovere le ingiustizie sociali e le emarginazioni”. Il mondo della finanza deve operare una radicale conversione per superare il dominante orientamento speculativo e praticare criteri di equità nel rendere accessibile il capitale perché “non è più sopportabile che si continuino a fabbricare e trafficare armi, spendendo ingenti capitali che dovrebbero essere usati per curare le persone, salvare vite”.
Un ruolo rilevante in questa rinascita della speranza viene affidato alle donne, soprattutto se si cessa di discriminarla, ed ai giovani se si impegnano con determinazione a “non darla vinta alla congiuntura sfavorevole. A non smettere di sognare ad occhi aperti”.
Con riconoscente fiducia, ancora auguri.
L.R.