Fino a qualche anno, parlando d’acqua da bere, veniva automatico pensare a quella potabile fornita dal rubinetto, cioè ad un’acqua che si poteva bere o mescolare agli alimenti senza causare danno alla salute. Ma oggi la situazione non è più la stessa. Sarà per una questione di gusto, sarà perché ci si fida poco del grado di purezza dell’acqua pubblica, nonostante le rassicurazioni degli Enti preposti, resta il fatto che in Italia il consumo di acque minerali è tra i più alti a livello planetario.
Vediamo, allora, quali sono i principali criteri di catalogazione dell’acqua che ci consentono di individuare quella più adatta al nostro organismo. La suddivisione più in uso in tema d’acqua da bere viene operata in base al contenuto in percentuale di sali minerali. I produttori di acque minerali, ad esempio, hanno adottato la formula del residuo fisso (e cioè della quantità totale di minerali ottenuta dalla evaporazione di 1 litro d’acqua alla temperatura costante di 110° gradi centigradi) attraverso la quale hanno diviso idealmente le acque in tre categorie: oligominerali, con residuo fisso inferiore a gr 0,200; medio minerali, con residuo fisso variante da gr 0,200 a 1 gr; minerali, con residuo fisso superiore a 1 gr.
In pratica nella categoria delle oligominerali annoveriamo le più conosciute acque in commercio, mentre nelle medio minerali sono invece normalmente assimilabili le più semplici acque provenienti dagli acquedotti. Infine le minerali propriamente dette sono prodotte quasi esclusivamente per scopi terapeutici, ad uso di soggetti il cui organismo necessita di un’integrazione di sali minerali.
Ogni qualvolta si beve dell’acqua sarebbe quindi opportuno sapere se questa e adatta a noi, poiché a seconda della concentrazione e del tipo di minerali contenuti, essa può presentarsi più o meno indicata per il nostro organismo.