di Bartolo Scandizzo
Sindaci, tanti sindaci, hanno affollato la sala consiliare del comune di Roccadaspide per dare peso specifico al progetto di cooperazione per lo sviluppo delle aree interne. Oltre ai sindaci, anche imprenditori e vecchie glorie della politica d’altri tempi che, con atteggiamento disincantato, hanno fatto da corona all’ennesimo tentativo di Girolamo Auricchio di porre Roccadaspide al centro del biliardo.
Al “raduno” è arrivato anche Toni Aloia, sindaco di Vallo della Lucania, per prendere nota di cosa bolle nella “pentola” in cui si “cucinerà” l’ennesimo progetto di sviluppo per le aree interne che dovrebbe sancire un asse tra la porta d’accesso della Valle del Calore e il “capoluogo” della regione verde che è compresa nell’area Parco.
L’apertura del convegno è affidata a Gabriele Iuliano, presidente del consiglio comunale, che con oltre un’ora di ritardo, chiama Auricchio ad introdurre l’argomento in discussione. “Girolamo” arringa la platea con i soliti argomenti che riconducono l’auditorio sulle tematiche classiche del suo repertorio: sanità da difendere, viabilità da sistemare, vincoli paesaggistici e faunistici (cinghiali nelle piazze dei borghi cilentani) che impediscono lo sviluppo …
“Produciamo ossigeno gratuitamente per gli altri senza compensazione! Ecco perché le zone interne dovrebbero ottenere molto di più rispetto a quello che hanno ricevuto dall’istituzione del parco.” Infatti, non perde l’occasione per ripetere una requisitoria contro il parco di cui è stato consigliere per 5 anni. Attacca l’istituzione Parco ma salva il direttore, Angelo De Vita (presente in sala) e il Presidente/commissario uscente, Amilcare Troiano.
Insomma, per Auricchio il futuro sa molto di antico: La Regione deve riaprire i cordoni della borsa rifinanziando leggi che aiutino i piccoli comuni e il Parco deve rinunciare al ruolo di tutela e conservazione della natura.
In fondo, si tratterebbe di fotocopiare lo sviluppo urbanistico di Roccadaspide paese (che è fuori dal perimetro dell’area protetta) con l’innalzamento di palazzine in centro e urbanizzazione della collina a ridosso dei castagneti che ha provocato l’abbandono del centro storico che, a cascata, dal castello Filomarino scivola a corona verso valle.
Auricchio chiama in causa più volte Alfieri (caro Franco) appena innalzato ai piani alti del potere “deluchiano”. È risaputo che tra i due non è mai corso buon “sangue”, come Girolamo non ha mai nascosto la sua avversione per De Luca. In nome della realtà politica e nell’interesse della comunità che rappresenta, il sindaco di Roccadaspide non si è mai posto problemi di coerenza politica.
Alfieri interpreta al meglio il ruolo istituzionale che ora occupa al fianco del governatore: “sapete che non mi piace improvvisare per cui in questa settimana ho ripassato tutti i dossier relativi alla tematica che stiamo trattando in questo convegno. Ma voglio ripartire da un concetto elementare: guardiamo avanti e non facciamoci guidare dalle recriminazioni per quello che poteva essere e non è stato! Lavoriamo con convinzione per migliorare la vita dei nostri concittadini e anche l’accoglienza turistica ne trarrà giovamento.
Le potenzialità inespresse del nostro territorio sono le fondamenta su cui costruire il futuro.”
Il sindaco di Agropoli chiede ai 29 sindaci dei comuni che hanno aderito al progetto di “abbandonare il torpore che percepisco anche in questa sala e facciano un passo in direzione l’uno verso l’altro abbattendo i muri eretti intorno ai campanilismi”.
Tocca poi a Geppino Parente, sindaco di Bellosguardo e da sempre l’uomo “pensante” che riesce sempre a indicare strade e aprire prospettive. È lui che incita tutti a fare il passo decisivo nella direzione giusta per recuperare risorse fresche da investire nell’ammodernamento dei servizi.
“Puntiamo sulla riqualificazione urbana e sull’ammodernamento energetico dei nostri comuni. Un risparmio del 30% sulla bolletta energetica, che è pari a 15 milioni all’anno, libererebbe risorse sufficienti per aprire un nuovo capitolo di sviluppo nei nostri comuni. Potremmo così recuperare il patrimonio edilizio deteriorato, migliorare l’accoglienza elevando la qualità della vita di vive nei nostri comuni. L’investimento originale dovrebbe farlo la regione …” Questa la ricetta di Parente, con una postilla però “la condizione necessaria per evitare l’ennesima disillusione che il territorio, oltre a non meritare non potrebbe reggere, è quella di sottoscrivere una carta dei valori condivisa e vincolante in cui dichiari la disponibilità ad accettare il fatto che l’interesse generale prevale su quello particolare!”
Prima di chiedere ai due consiglieri regionali presenti, Franco Picarone e Maria Ricchiuti, per concludere il convegno, Iuliano chiama Antonio Marino, direttore della Bcc di Aquara ad intervenire per portare il suo punto di vista sulle problematiche relative alle aree interne.
Marino, da mesi impegnato nella battaglia contro il decreto che “espropria” ed “uccide” le piccole repubbliche del credito che sono le Bcc, unici presidi economici nelle piccole realtà interne, non perde l’occasione per legare a filo doppio le due questioni decremento demografico e riforma del Credito Cooperativo.
“Le Bcc non sono solo un’insegna in un comune ma un presidio di vitalità economica un punto di partenza a base del progetto di area – ribadisce Marino – Se perdono la loro autonomia con la cessione di sovranità alla holding nazionale prevista dalla riforma, avremo un ulteriore impoverimento del tessuto economico e sociale dei 29 comuni che tentano di aggregarsi. Questo vorrebbe dire partire con un segno meno che penalizzerebbe l’intero progetto.”
Ecco perché il direttore della Bcc di Aquara invita tutti i sindaci presenti a farsi parte attiva assumendo una delibera di consiglio una posizione decisa contro la riforma così come prevista dal decreto legge approvato dal CdM.
Le conclusioni di Ricciuti e Picarone ricalcano e fanno propri gli inviti a non disperdere energie ed a superare l’atavico “vizio” di tirare la corda in ogni direzione creando una situazione di stallo.
29 comuni, tutti compresi nell’area parco, rappresentano un terzo di quelli che siedono nell’assemblea della Comunità del Parco del Cilento, Diano e Alburni (80). Un’area con un’identità costruita in circa vent’anni di vita che ha portato alla regione verde riconoscimenti internazionali di grande rilievo e prestigio. Meglio sarebbe stato se fosse stato il “parlamentino” del parco a farsi carico di un progetto di rilancio forte per le aree interne. In quella sede, però, in quattro anni non si è riuscito a sostituire alla presidenza Angelo Vassallo né ad eleggere ancora i quattro rappresentanti dei sindaci in seno al direttivo dell’ente. Per cui, sembra del tutto improbabile che gli stessi sindaci, raggruppati in due o tre “lotti” territoriali molto simili alle stracotte Comunità Montane, sappiano essere più cooperativi e superare i campanilismi e le rivalità partitiche individuati come causa di molti dei problemi attuali.
Sbagliare è umano, perseverare e diabolico!