di Giuseppe Liuccio
Il sindaco di Giungano, Cav. Francesco PALUMBO, è, fuori dubbio, uno degli amministratori più attenti, motivati e determinati del territorio che dal mare e dalla Piana di Paestum trasmigra e s’inerpica verso le colline e le montagne dell’interno. Lo dimostra la intuizione felice del Progetto “IL PATTO DEL FIUME”, dibattuto, approvato e sottoscritto da tutti i sindaci dei comuni, le cui acque alimentano corso e portata del fiume Solofrone, che nasce alle radici del Monte Vesole, a Trentinara, e sfocia nel mare “greco” tra Paestum ed Agropoli. La progettualità mira a rilanciare un’agricoltura di qualità di un vasto territorio di pianura e di collina, e di rivalutarne, storia, cultura, artigianato e tradizioni. Il territorio è conosciuto con il nome di “Kora Pestana”, che, noto inizialmente soltanto a pochi addetti ai lavori, è ormai conosciuto, apprezzato e visitato da migliaia di indigeni e turisti. Non a caso, infatti, la BIT di Milano le dedica un convegno ed uno stand a cui sono stato invitato per venerdì 12 febbraio. Si premia, così, una battaglia che il sottoscritto ha fatto e continua a fare da oltre 20 anni a questa parte, con l’attività di giornalismo militante e con pubblicazioni specifiche sul tema. A tal proposito propongo, qui di seguito, un estratto breve dalla mia pubblicazione “PAESTUM DAL PASSATO AL FUTURO”, edita da Plectica nel marzo del 2007, con la proposta di un “MUSEO DELL’ARTIGIANATO DELLA KORA PESTANA”, da allocare nel Convento Benedettino di Giungano, con la certezza che il sindaco Francesco Palumbo la inserirà nel progetto di fattibilità del “Patto del Fiume”. E nel confermare la mia presenza al meeting della Bit di Milano, ringrazio sia il Sindaco di Giungano che la dtt.ssa Daniela Di Bartolomeo, responsabile del Museo del Gran Tour di Capaccio, che mi hanno invitato.
Nell’antica Poseidonia visse e tenne bottega Asteas, una singolare figura di artigiano/artista. Si impose, pare, prevalentemente nella pittura vascolare di anfore ed oggettistica varia per arredo di templi e case e corredo di tombe. Non è da escludere che molti dei reperti non firmati siano da attribuire a lui e alla sua scuola. Il Maestro testimonia, comunque, che nella città antica fu fiorente l’artigianato che lavorava l’argilla, di cui il territorio era ricco. Oggi, disonorandone la memoria, noi consentiamo che negozi accorsati e chioschi improvvisati espongano paccottiglia, non tutti in verità, di basso conio, appannando e sfregiando l’alta cultura e la nobile tradizione storica di Paestum. Ed ignoriamo che spesso arrivano nell’area archeologica gruppi di turisti stranieri di buon livello culturale, che atterrano all’aeroporto di Capodichino, non ancora purtroppo a Pontecagnano!, con voli charter e, irreggimentati in bus da escursione, approdano nella nostra città, s’inebriano dello spettacolo unico ed irripetibile dei templi dorici che catturano e rifrangono sole nell’ocra dei timpani e delle colonne scanalate, metabolizzano schegge di storia prestigiosa nella lenta processione a scoperta di reperti preziosi prigionieri in nicchie di bacheche trasparenti e di pitture a corredo di tombe di simposiarchi goderecci e nobili guerrieri. Ma si turbano anche all’esposizione sconcia ed ingombrante alle statue di ninfe e dee, di eroi e dei, di brocche stilizzate e di anfore panciute di varia dimensione. E se ne tornano ai propri paesi di origine con questa immagine ambigua dell’Italia del Sud: un nobile prestigioso passato violentato, però, impunemente nel presente in cui la fanno da padroni i soliti cialtroni, tollerati e spesso protetti dai Pubblici Poteri. E, alla malora cultura e memoria storica, che sono, o dovrebbero essere, gioielli da esporre ed esaltare in un progetto di promozione del turismo di qualità.
E se ipotizzassimo un “MUSEO DELL’ARTIGIANATO DELLA KORA PESTANA”, da intitolare, manco a dirlo, ad Asteas, con annessa mostra mercato permanente, e che faccia leva sui mille mestieri e relativi prodotti della lavorazione della pietra e del ferro, del vetro e dell’argilla, dei vimini e del legno, del corallo e dell’erba sparto e dessimo, così, voce, visibilità e protagonismo a incisori e cesellatori, fabbri e falegnami,cestai e vetrai, come anche al variegato esercito di ricamatrici, che perpetuano, nel chiuso delle case, l’arte paziente di mamme e nonne? Sarebbe una bella scommessa da vincere per amore della tradizione, ma anche nella consapevolezza che, riannodando i fili con il passato, si riscoprono gli antichi mestieri, sì, ma si offrono ai giovani idee ed occasioni per nuova occupazione correndo l’avventura della piccola imprenditoria. Con il termine Kore (cosa ben diversa da Kora=regione, territorio) gli antichi greci indicavano la ragazza, bella, elegante, perfetta nell’armonia delle forme e per lo più vergine. Le ragazze con queste qualità veneravano la dea omonima di Kore (Persefone e Proserpina), nella cui bellezza si identificavano. Nella nostra società che privilegia l’apparire ed i clamori della pubblicità gli stilisti creativi hanno eletto Kore a dea simbolo della moda e nel suo nome organizzano sfilate che accendono i riflettori sulle modelle forse non tutte vergini (come le fanciulle antiche), ma di sicuro bellissime elegantissime e perfette nell’armonia delle forme e delle movenze. Il tutto nella cornice magica dei siti archeologici o, comunque, di pregio monumentale, che abbiano il fascino sottile dell’arte e della bellezza, trasmettendo emozioni. Paestum, ma anche alcune località della kora, (e penso a Piazza Tempone a Capaccio capoluogo, alla Piazzetta panoramica di Trentinara, al monastero benedettino, con annesso anfiteatro all’aperto, di Giungano), hanno tutti i titoli per eventi del genere; e, quando, nel recente passato, se ne è organizzato qualcuno ha avuto successo. Ma dirò di più: Paestum può offrire nome e punto di riferimento per una linea di moda. Tuniche e pepli e tutto il ricco e vario abbigliamento di fanciulle e matrone che arabescano pitture vascolari, metope e lastre tombali offrono ampia materia di ispirazione, di ideazione e realizzazione di una “linea pestana” della moda e della cosmesi da far impallidire i più estrosi stilisti italiani e stranieri. Ci provò Palinuro con i “pareo” che furoreggiavano nel Club Mediterranèe degli anni sessanta ed invasero spiagge e coste di mezzo mondo. Ci ha provato Positano e con le “pezze” ha creato un “cult” ed architettato un business di proporzioni enormi. Perché non può farlo Paestum, che può spendere sul mercato un nome che vale un tesoro attingendo allo scrigno inesauribile dei costumi degli antichi? Potrebbe collegarsi, tanto per cominciare, con le Scuole Nazionali e le Accademie di Moda o, molto più semplicemente, istituire una sezione staccata d uno qualsiasi degli Istituti Professionali del settore (ce ne sono di buoni anche nelle vicine Salerno e Napoli). Di certo non manca sul territorio il materiale umano, le ragazze, cioè, vivaci di intelligenza e sveglie di fantasia, che vogliano tentare strade nuove ed originali per inserirsi con serietà e professionalità nel mondo del lavoro, realizzandosi, anche, nella orgogliosa scoperta delle proprie radici.