Caro Bartolo,
ho letto il tuo pezzo, allarmato ed allarmante, sull’ultimo numero di Unico. È superfluo dire che non si può non essere d’ accordo con te sulle riflessioni che derivano in modo automatico, una volta posto l’assunto del titolo: “Decremento demografico. Tracollo vicino”. Io aggiungerei, per rendere ancora più pesto, se fosse possibile, il buio già tale da te annunciato, che per i centri cilentani da te più spesso percorsi ed osservati, il “non ancora” del tracollo vicino, è motivo di un residuo di speranza, per me che invece da sempre percorro i piccoli paesi del Cilento interno, il tracollo è “un già” compiuto. Se mi è consentito, faccio riferimento al villaggio che mi ha dato i natali: Gorga, frazione di Stio. Quand’ero ragazzino, vale a dire inizio anni 50 del secolo scorso, ricordo che dicevamo anche tra noi ragazzi, e con un malcelato orgoglio, che il pugno di case, in gran parte più tuguri che case, nel quale vivevamo, era abitato da 500 persone. Ci sembravano tanti 500 individui, a quei tempi; addirittura pareva che ci stessimo perfino stretti. Oggi, quelli che siamo rimasti, forse 160 o 170, ci stiamo larghi e quanto larghi! Ridotto in percentuale il fenomeno, com’è ormai usuale fare, siamo a quasi il 70% in meno. Si tocca con mano che mai come oggi il famoso detto popolare: “cchiu poco simo e meglio iamo”, è una palese “non verità”. Quando si è in pochi, ma veramente pochi, si sta male; è triste. Viene a mancare perfino la circolazione delle idee. Le uniche idee che ancora in qualche modo si muovono sono i pettegolezzi. Nel suo villaggio, ai suoi tempi, Leopardi, nella vigilia della festa, poteva osservare: “I fanciulli gridando – su la piazzuola in frotta; e qua e là saltando, – fanno un lieto romore;” Non più, a Gorga, e in tanti altri posti come questo, perché sono tanti. Non ci sono più bimbi, non c’è più speranza! Perfino i cinghiali, con buona pace del Parco, hanno preso il sopravvento. Invèntati, caro Bartolo, un’espressione meno elegante del “decremento demografico” per qualificare il fenomeno dello spopolamento dei piccoli paesi del Cilento. Sono tanti anni che ho sentito parlare di una legge per i Piccoli Comuni che un certo on.le Ermete Realacci aveva immaginato per risollevarne le sorti. Che ne è stato? Ho letto da qualche parte che se ne riparla. Incuriosito, ne ho letto una sintesi. Ebbene non vi si parla mai di strade per arrivarci nei piccoli comuni. Quelle esistenti – lo sanno i nostri governanti? – non sono più strade; indicarle con questo nome è assolutamente fuorviante. Quanti saranno i coraggiosi che vorranno venire nei nostri paesi? Non solo, chiudono o hanno chiuso gli uffici postali, chiudono gli ospedali, l’assistenza sanitaria latita, un’ambulanza per arrivare ad un pronto soccorso impiega tempi biblici ecc. ecc. I promotori della legge vi si facciano un giro, se hanno coraggio. Lo dico a ragion veduta. Si accorgeranno che le misure previste nella legge di cui sopra saranno solo un “pour parler”, perché finché la legge arriverà in porto e diventerà operativa i piccoli comuni non esisteranno più. Perché si sa, i piccoli comuni, dal punto di vista elettorale, non sono in cima ai pensieri del migliaio di parlamentari che, anche quando appaiono così compresi delle sorti della nazione, ad analizzare i loro discorsi, alla fine mostrano che parlano sempre e solo di se stessi, di come sistemare meglio equilibri interni ed esterni ai gruppi affinché il potere non scappi loro di mano o, se non ce l’hanno, di come fare per conquistarlo o assicurarsene un pezzo. Sono masochisticamente assiduo ascoltatore dei talk show televisivi di carattere politico, tipo ballarò, virus, porta a porta, presa diretta ecc. ecc. e ascoltarli è sempre come un pugno nella bocca dello stomaco. Un altro piccolo esempio e poi ti sollevo, caro Bartolo, da questa noiosa tiritera, perché sono cose che tutti pensiamo. La banda larga. Hanno speso milioni di euro per estendere la fibra anche ai comuni montani. Se non sbaglio, il tutto doveva concludersi entro la fine del 2014. Ma il collegamento non esiste ancora e neppure se ne parla. Telecom o Tim ci fa pagare da anni come se della banda larga ne fossimo già forniti. Ma intendiamoci, questo è il proverbiale formaggio che manca sui maccheroni, essi stessi inesistenti. Caro Bartolo, sarà anche semplicistico, però, forse, il primo passo da fare e da chiedere con forza è almeno dimezzare la distanza fisica tra gli spazi sovraffollati e congestionati delle città e dei grossi centri e questi nostri paesi, al di là e prima ancora di “convincere chi è rimasto che solo guardando in faccia la realtà la si può riformare”, tanto prima o poi, più prima che poi, è la mia convinzione, questa realtà più che schiacciare “chi è rimasto”, sarà essa stessa a non esistere più, se non come oggetto di studio archeologico su civiltà scomparse da parte di studiosi che di qui a qualche generazione si vorranno interessare di esse.
Con l’amicizia e la stima di sempre. Michele Santangelo