di L.R.
Il “Cilento”, alla ribalta nazionale negli ultimi anni e non solo per le sue bellezze e potenzialità, di recente ha rivelato il suo volto peggiore, come al solito grazie alla classe dirigente. Infatti, l’ironica presentazione del Colosso di Ogliastro, che ha fatto sorridere tanti spettatori collegati con una rete televisiva nazionale, dovrebbe indurre a riflettere e dolorosamente constatare quanto siamo capaci di farci del male.
Un nuovo Moloch è stato progettato per stimolare il turismo religioso: ecco il motivo reale dietro l’apparente devozione per S. Pio, del quale si percepisce, esaltandola, soltanto la virtù taumaturgica e non il suo messaggio di cappuccino misericordioso, sensibile alle necessità dei poveri e per questo messosi in gioco rischiando di persona.
Dopo la realizzazione della disastrata variante alla statale 18, la cittadina di Ogliastro appare sempre più isolata, priva di strutture in grado di accogliere un numero minimo di turisti, immaginarsi le conseguenze qualora il Colosso Piàno, facendo il miracolo, riuscisse a smuovere la curiosità dei bagnanti che d’estate accorrono nel Cilento o dei pochi turisti attratti dalle meraviglie di Pesto.
Nel presente articolo, e a titolo personale, mi permetto qualche considerazione per favorire una decisione meditata e superare le poco convincenti motivazioni addotte. In realtà, il paese ha bisogno d’immediati piccoli interventi per evitare disfunzioni come quella capitata la scorsa settimana ad un’ambulanza, che ha rischiato di non soccorrere un abitante perché non riusciva a rintracciare la via, in assenza di opportuna indicazione stradale!
Oggi il turismo religioso, è inserito in quello culturale per il potere economico e sociale acquisito coinvolgendo turisti e pellegrini. Il pellegrinaggio cristiano in tarda età moderna si è evoluto nel Gran Tour, che ha moltiplicato i viaggi per motivo di studio. Da allora non ci si muove solo per andare verso mete sacre o per motivi commerciali, ma anche per svago o per cultura; perciò, turismo religioso e pellegrinaggio presentano analogie, ma anche evidenti differenze, pur essendo sovente usati come sinonimi l’uno dell’altro. Il pellegrinaggio rimane una manifestazione pratica di fede che si svolge nei luoghi di culto; con turismo religioso, invece, si deve intendere un’attività economico-sociale praticata da chi si mette in viaggio non per un fine esclusivamente teologico-pastorale, ma anche con il desiderio di divertimento, evasione, relax. Lo stesso pellegrino diretto in un luogo sacro spesso tende a sdoppiarsi in escursionista e turista: il primo visita la località in giornata senza soggiornare nelle sue strutture ricettive; il secondo, invece, è disposto anche a fermarsi.
Sorge la domanda: Ogliastro sarà mai in grado di ospitare questo tipo di visitatore come Capaccio-Paestum ed Agropoli? Inoltre, il turismo con connotazioni religiose presenta anche motivazioni culturali, spirituali, etniche, naturalistiche, etico-sociali. Un esempio è fornito dal Vaticano o da Pompei, più vicina a noi. Ora non pare che Ogliastro possa comunque annoverarsi tra i luoghi in grado di animare un’esperienza di questo tipo, con o senza la grande statua di Padre Pio. Probabilmente, ad attirare l’attenzione della autorità locali sono i dati relativi agli effetti economici del turismo religioso sull’economia nazionale: si calcola che il pellegrino viaggia preferibilmente durante la bassa stagione e mediamente spende 51 euro al giorno. Quanti pellegrini, e per quanti anni, saranno necessari per pareggiare il conto dei 150 milioni di euro preventivati per realizzare l’opera? Inoltre, come accompagnare la motivazione religiosa, principale ragione di scelta del soggiorno, al desiderio di conoscere il patrimonio artistico e monumentale del luogo visitato? Non mi pare che ad Ogliastro ne esista uno rilevante da giustificare l’ingente impegno finanziario. Ed allora cui prodest?
Opportuna sarebbe anche una chiara presa di posizione della Curia dopo che il sindaco ha manifestato di procedere, anche contro il consiglio del parroco, nel realizzare questo progetto faraonico e poco cristiano. Durante una riunione di clero all’unanimità si è sostenuto che S. Pio, nonostante la popolarità, non ha un particolare radicamento tra le specifiche scadenze religiose della Diocesi di Vallo. I pellegrinaggi organizzati dai gruppi di preghiera sono diretti nel Beneventano e in Puglia; inoltre, si è fatto presente che nell’attuale congiuntura economica, con una crisi che non accenna a diminuire, come dimostrano l’impegno e l’incremento degli interventi della Caritas, sarebbe un’opzione non solo imprudente, ma anche una pessima testimonianza cristiana, agli antipodi rispetto alle priorità francescane tante volte evocate dal papa. Forse i vertici gerarchici diocesani dovrebbero far sentire la loro voce per evitare la sensazione di un atteggiamento simile a quello della chiesa di Laodicea, oggetto, nell’Apocalisse, di un tagliente giudizio perché né fredda né calda! La leadership, proprio in queste circostanze, senza timori di sorta, dovrebbe orientare nelle decisioni, confortare chi è lasciato solo, guidare chi si è proposto di fare il bene comune.