di Giuseppe Liuccio
Si avvicina la stagione delle grandi fiere internazionali del turismo. Enti Locali ed operatori si debbono attrezzare per garantire una offerta di qualità nel segno della cultura. E, a tal proposito, mi sembra doveroso ed opportuno riproporre alcuni principi guida di cui mi sono occupato spesso anche in questo giornale.
Nello studio e nella pratica del turismo si affermano nuove scienze, sociologia e psicologia, innanzitutto. Invece muove soltanto i primi passi “l’etica del turismo”, di cui si avverte, invece, la necessità di conoscenza e, soprattutto, pratica a largo raggio, sia da parte degli operatori che dei fruitori delle nostre due coste, cilentana e amalfitana, ma non solo.
Si impone, cioè, un codice di comportamento, che ubbidisca ad una carta/decalogo di valori nel rispetto scrupoloso di diritti e doveri. E ciò perché si avverte come indilazionabile riaffermare con forza il rispetto/culto della bellezza per condannarne le ferite/sfregi da parte delle nuove dilaganti invasioni barbariche.
L’operatore ha il dovere di rispettare i patti su prezzi, efficienza di servizi a tutela della dignità, della salute e della privacy degli ospiti. Deve predisporre un ambiente caldo ed accogliente, simpatico e coinvolgente, ma senza invadenza, teso alla esaltazione di storia e tradizioni dei luoghi con naturale disinvoltura senza supponenza. Il turista ha il diritto di pretendere con fermezza garbata, ma senza arroganza. Ma, a sua volta, ha il dovere di rispettare i luoghi, non violentarne e stravolgerne le tradizioni. C’è bisogno, cioè, di una naturale e tacita complicità tra operatore ed ospite nella vivibilità di una comunità, che, anche se per il breve lasso di una vacanza, è patrimonio di tutti. Questo vale per l’albergo, per le strutture della ristorazione e della balneazione, come per la più vasta offerta del territorio nella diversità dei servizi (contenitori culturali, teatri, spazi museali, ecc.) con una cura puntuale alla cornice di ospitalità che l’Ente Pubblico deve attrezzare e garantire. C’è, cioè, un codice di comportamento, una carta decalogo di valori per tutti: operatori, turisti, Amministratori Pubblici, nella consapevolezza che il turismo non è solo fenomeno economico, un volano che innesca meccanismi di sviluppo coinvolgendo tutti o quasi i settori della vita produttiva, ma anche e, forse, soprattutto, incontro di popoli e di civiltà e, quindi, strumento ed occasione di crescita culturale civile di una intera collettività. Il ruolo di garante spetta alla Pubblica Amministrazione nella variegata articolazione dei ruoli e dei compiti. Deve impedire con forza e decisione che il culto/feticcio del dio danaro consenta debolezze, compiacenze e tolleranze per le sgarbate esagerazioni di ospiti esuberanti, che, resi forti e tracotanti dalla ricchezza, qualche volta pretendono di sfregiare anche la bellezza della storia e dell’arte dei monumenti, così come di sciupare ed imbrattare la grazia e l’armonia del paesaggio, nella greve e sgraziata consapevolezza dei parvenus che ai ricchi ed ai potenti è consentito tutto, anche la profanazione della bellezza. Non glielo possiamo e non glielo dobbiamo consentire. Urge, perciò, una diga a difesa del nostro patrimonio di grazia, di eleganza, di armonia, di bellezza contro la dilagante superficialità dell’esercito spesso disordinato e vociante dei nuovi barbari. Ma non vinceremo mai la battaglia/guerra contro la barbarie esterna se non sconfiggeremo prima ”il barbaro che è in noi”. E per farlo dobbiamo rispettare ed applicare alla lettera gli insegnamenti di Croce e Gramsci: lasciarci guidare sempre dalla centralità della storia, che si fonda sulle eredità del passato, per esaltare il presente e costruire il futuro. Solo così saremo fecondati dalla “religione/culto del decoro” delle nostre comunità senza essere mai tentati dal loro deprezzamento/svendita. Serpeggia, infatti, tra i pubblici amministratori la tentazione del peccato di ”simonia laica”. Dobbiamo combattere e sconfiggere questa tentazione di svendita senza esclusione di colpi. Forse, così, riusciremo ad eliminare o, quanto meno, a ridimensionare molti sconci nei nostri territori dell’una e dell’altra costa dove la storia, l’arte, la bellezza dei paesaggi crea un alone di sacralità che merita rispetto e culto. Forse così riusciremo a cancellare certi spettacoli di sguaiata pacchianeria nei dintorni o all’interno (parcheggi, attività di ristorazione, accoglienza, commercio di cianfrusaglie, ecc.) dell’Area Archeologica di Paestum, o la vociante fiera agli approdi di mare (sbarchi e imbarchi) della Costa di Amalfi. Qui ci giochiamo la credibilità della promozione del turismo di qualità nel rispetto della eleganza, del buon gusto e della BELLEZZA, appunto.