di Antonio Pecoraro
Castellabate, mercatini di Natale, incontro questo anziano signore sotto una luce gialla di un faretto mentre riponeva una pila di libri su un banchetto. Mi avvicino e resto stupefatto: i libri erano tutti dello stesso autore, Lucio Isabella, (il nome di un filosofo latino e il cognome di una regina Aragonese) un self made man della scrittura penso subito, ed anche un self publisher, tutti libri autopubblicati, questo mi incuriosisce. Resto a parlare con lui per un tempo breve: giusto il tempo di raccontarmi sinteticamente la sua vita e la sua storia. Nativo di Castellabate, da giovane era operaio floreale presso un’azienda locale, mille lire al giorno, erano gli anni sessanta; per puro caso trova un’offerta migliore (tremila lire) in un’azienda in provincia di Roma, Lavinio attaccata ad Anzio, non ci pensa due volte, nel giro di pochi giorni si trasferisce. Non pensava ancora di avere la passione e il talento della scrittura avendo egli frequentato soltanto la quinta elementare. Quando ti smuovi dal posto dove sei cresciuto puoi fare degli incontri che ti cambiano la vita ed accendono delle luci dentro di te: questo successe ad Isabella lontano da casa. Ad Anzio conosce Sonny Levi un disegnatore di barche e yacht che lo porta a lavorare nel suo atelier. Isabella doveva copiare manualmente i migliaia di schizzi e disegni che il dottor Levi sfornava settimanalmente. Erano gli anni sessanta, non esistevano computer e marchingegni elettronici, il lavoro era solo manuale anche per ditte importanti come quella di Sonny Levi, un signore che in quel periodo apparteneva al jet set Italiano, di chiara origine ebraica, uno che dava del tu all’avvocato Giovanni Agnelli. Insomma Lucio Isabella si trovò catapultato in un ambiente che non avrebbe mai sognato se fosse rimasto nel paese natio. Cominciò a disegnare come non mai, lo faceva per otto ore al giorno… – e la sera scriveva un diario, l’insaziabile fame dell’uomo di narrare, di raccontare le proprie vicissitudini. In un’estate di quegli anni furenti di lavoro soddisfacente e di scrittura che deborda dalla penna di Lucio, in una villetta adiacente la sua va ad abitare un certo signor Ugo Guandalini patron dell’omonima casa editrice parmense Guanda. La figlia adolescente di Lucio, con molta sfacciataggine fa leggere il diario del padre ai coniugi Guandalini. È l’apoteosi per Lucio, il sorpassamento della linea d’ombra, Guandalini gli dice che ha del talento: deve scrivere e pubblicare, e nel suo primo libro gli scrive la prefazione. Un nome importante per il debutto. Da allora Lucio non si ferma più.
Ci salutiamo, mi regala un suo libro: “Salvami papà – storie del terremoto 1980”. A casa lo leggo a volo. Sintassi scaltra e senza fronzoli, narrativa arcaica e semplificata, un artigiano della parola che ti narra le storie di vita vissute come le narravano i nostri nonni davanti ai caminetti. Letteratura artigianale come le Dime novel americane o i penny dredfull britannici di fine ottocento (così iniziarono anche Faulkner e London da giovani). Incontri nella sua prosa parole scritte cosi: d’ove, in modo ottocentesco, e forse ha ragione lui, quest’artigiano della parola, questo poeta che proviene dal magico mondo contadino e alfabetizzato nel corso degli anni con grande forza di volontà. È comunque una narrazione grammaticata con bei spunti emotivi e ben messa sulla pagina. Insomma nell’era del linguaggio criptico del 4.0 di whats App e delle ciuccerie da analfabeti che incontri sui miliardi di pagine facebook questo Isabella mi sembra che potesse essere assistente ad honorem del professor Tullio De Mauro, un’autorità della Linguistica Italiana. La sua è una narrativa necessaria di grande scopo sociale, a lui si avvicinano strati sociali distanti dalle grandi letture e dal mondo culturale e la sua scrittura da racconti vicino al caminetto è una scrittura necessaria che allontanerebbe la massa popolare dal Moloch televisivo. Una narrativa che genererebbe una nascita di pensiero utile ed una coscienza più radicata rispetto all’immondizia della tv generalista che fa opinione tra i teledipendenti. Nell’era dell’analfabetismo di ritorno lui è un Maestro Manzi dei nostri tempi, un Don Chichotte che alza il libro anziché la spada. Avrei voluto più tempo per chiedergli quali letture lo hanno segnato, quale percorso culturale e letterario ha seguito. Peccato. Sarà per la prossima volta. Tra Canale 5 e Isabella preferisco questo scrittore che proviene dalla mia terra.