di Oscar Nicodemo
Tra le speranze dei pestano-capaccesi vi è, da tempo, il desiderio sfrenato di contemplare una politica che arrivi a ragionare concretamente delle necessità di una popolazione, per certi versi esigente, e di un territorio tra i più significativi della regione.
Nel corso degli anni è venuta gradualmente crescendo una sensibilità popolare di giudizio che non si discosta da un’oggettiva analisi di merito. Tuttavia, non essendo pochi coloro che, ufficialmente, si spendono nel giudizio critico del governo locale di turno, quasi mai viene espressa ed interpretata, nelle competizioni elettorali (l’eccezione è stata Luigi Di Lascio), una volontà popolare di cambiamento e una dignità collettiva che si dice pesantemente irritata e sdegnata.
Tutti, o quasi, nel banale esercizio di “sparare a zero” sulle persone che hanno delle responsabilità amministrative, appaiono come persone piuttosto accalorate, desiderose di rovesciare un potere a proprio gusto e favore, non già di ristabilire l’ordine naturale delle cose che porta ad una vivibilità più consona al luogo. In pratica, si è critici individuando la persona che esercita il potere, che a seconda del proprio indice di gradimento può risultare indegna o meritoria del ruolo pubblico che svolge. Un po’ come andare a simpatia. Il metodo politico, dunque, fin qui adottato dalle locali classi dirigenti, risultato fallimentare, inutile e gretto, non viene messo assolutamente in discussione. A destare meraviglia è l’aspetto caratteriale di chi amministra, da considerare partigianamente affabile o introverso, irritante o accomodante, sfrontato o composto.
E quasi mai, ad onor del vero, nelle invettive pubbliche contro i governanti, concepite ad uso proprio, si percepisce un atteggiamento moralmente elevato.
Questo dilettantismo critico, al pari di quello politico, diventa, così, costume di una collettività, quasi folclore, non ideazione propositiva ed analisi morale. Ridotte al rango di consuetudine tradizionale, politica e critica si svuotano di ogni contenuto e diventa consequenziale eleggere consiglieri rappresentativi di una costumanza e non di una cittadinanza.
Ma, il dato più disarmante ed increscioso che, qui, si vuole evidenziare riguarda la comunità e non chi la amministra: la comunità di Capaccio-Paestum non ha titolarità di una cittadinanza attiva. Si ha la sensazione che oltre ventimila persone non hanno un’anima collettiva costituita da quei principi morali che regolano le (re)azioni delle collettività esistenti in un’area urbana. In altre parole i pestano-capaccesi esisterebbero all’anagrafe e nelle liste elettorali, non nella storia e nel presente del luogo che abitano. Migliaia di sensibilità negano il loro diritto a vivere meglio in una società con servizi e assistenza. Una moltitudine di persone resta indifferente e sottovaluta i danni che “incapaci con delega” arrecano all’ambiente. Tentare di costruire una morale comune, investire personalità avvedute ed integre di una responsabilità politica per cercare alternative ad un sistema perverso che tiranneggia da anni, affidare a risorse intellettuali e creative il compito di trovare soluzioni per il rilancio economico, turistico e culturale: queste sono le priorità, per iniziare il cammino verso la luce.
Diversamente, egregie nullità continueranno ad avere un ruolo determinante nelle istituzioni, e senza scrupoli e senza vergogna continueranno a svilire attese e speranze.