La denuncia di Mario Polichetti, responsabile dipartimento Sanità per l’Udc, deve far riflettere quanti in tema di sanità puntano più alla quantità che alla qualità delle prestazioni. nelle nostre realtà si moltiplicano i “punti di assistenza sanitaria” senza badare alla qualità dei servizi che vengono resi. è evidente che chi ha un problema serio deve rivolgersi a strutture pubbliche e private fuori regione con costi aggiuntivi sia sotto l’aspetto economico sia realtivamente a quello delle qualità delle prestazioni.
A questo, oggi si aggiunge anche la carenza di medici e infermieri che “migrano” nel privato o sono restii ad accettare di lavorare in presidi ospedalieri con bassi numeri di ricorìveri e interventi.
Pertanto, intervento di Mario Polichetti, e i numeri che porta a sostegno della sua presa di posizione, vanno tenuti in alta considerazione da chi ha la responsabilità delle scelte in tema di assistenza sanitaria …

La sicurezza delle madri e dei neonati al centro della discussione: è ormai chiaro che “i punti nascita con meno di 500 parti annui non sono in grado di garantire le migliori condizioni di assistenza”. I dati scientifici confermano questa realtà, con una riduzione significativa della mortalità materna e neonatale nelle strutture che rispettano gli standard organizzativi e di formazione adeguati.
Secondo Mario Polichetti, responsabile nazionale del dipartimento Sanità per l’Udc, “Applicare una regolamentazione che prevede la chiusura dei punti nascita con numeri troppo bassi è la scelta giusta per ridurre la mortalità materna e garantire assistenza sicura per tutte le donne, anche nelle aree più difficili. Non è un’idea teorica, ma una strada concreta, supportata dai numeri.”
Dal 2011 al 2019, in Italia la mortalità materna è passata da 11 a 8,3 decessi ogni 100 mila nati vivi, grazie alle nuove regolamentazioni.

La situazione però resta variabile a livello geografico, con il Sud che segna ancora i tassi più alti: 10,5 decessi ogni 100 mila nati vivi. Eppure, proprio dove i punti nascita sono sotto i 500 parti annui, la mortalità perinatale risulta ben più alta. In queste strutture, le difficoltà logistiche e la carenza di medici ostetrici e ginecologi rendono complicata la gestione delle emergenze, riducendo la preparazione continua degli operatori.
“Abbiamo bisogno di punti nascita organizzati, con personale preparato e risorse economiche adeguate. Solo così possiamo davvero garantire sicurezza alle mamme e ai bambini”, aggiunge Polichetti. “Non stiamo parlando di slogan o idee improvvisate, ma di dati concreti che dimostrano come una gestione razionale dei punti nascita possa fare la differenza. La chiusura di strutture a bassa attività non è solo una questione di numeri, ma di protezione della vita umana.”
La sicurezza delle donne e dei neonati, secondo Polichetti, deve essere la priorità assoluta, e i dati parlano chiaro: la riduzione dei punti nascita sotto i 500 parti all’anno è un passo necessario per garantire una sanità sempre più sicura e di qualità.