Ci sono luoghi che resistono al tempo. Non importa quanti anni siano trascorsi né che le cose intorno a noi siano mutate. Quei luoghi li ritroviamo fissi così come li abbiamo lasciati. Resistono al mutare delle stagioni, e persino alla nostra età.
Non importa quanto siamo cresciuti, cosa ci siamo lasciati indietro e cosa ci attende. Con la mente e poi con le gambe corriamo quasi sempre al mare. E non importerà quanti altri lembi di terra avremo visto, toccato, sfiorato. Porteremo con noi quel mare increspato dell’infanzia.
Un luogo però per poter resistere al tempo ha la necessità di essere percorso. Solo così può assumere un significato e rivivere in altri milioni di essere umani. Ci sarà chi lo deturperà, chi vi si rifugerà, chi lo salvaguarderà.
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È mattino presto ad Ascea.
Flebili onde si accavallano e si susseguono, fino a rincorrersi. Viene fuori una spuma, che a sfiorarla si dissolve e sul palmo della mano resta il niente. Sono sulla spiaggia che si formò in seguito all’insabbiamento del porto fluviale dell’antica Elea, oggi sabbiosa e chilometrica.
Elea-Velia è famosa per essere stata la patria della scuola filosofica di Parmenide e Zenone. Nonché fervida città della Magna Grecia con i suoi cittadini, la sua vita quotidiana, i suoi spazi pubblici e privati.
La fondazione risale circa al 540 a.C. ad opera degli abitanti di Focea, città dell’attuale Turchia, che lasciano la madrepatria perché assediati dai Persiani. Dopo un lungo viaggio a bordo di navi molto veloci, arrivano nel mar Mediterraneo e si insediano nella baia a sud del golfo di Poseidonia, sulla costa del Cilento.
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La città è chiamata Hyele, dal nome di una sorgente, poi Elea e Velia in età romana.
Oggi, i suoi scavi sono conservati nel Parco archeologico visitabile insieme a quello di Paestum.
La riva più affascinante è quella di Baia Tirrena, dove il cosiddetto “Scuoglio ri nanti” è percorribile e toccabile.
Alle sue spalle troveremo baie e calette – Baia d’Argento, Baia delle Rondinelle, Fiumicello – che si lasciano inondare da spruzzi d’acqua e pesci d’ogni specie. Non è raro imbattersi anche in qualche gabbiano, che con il suo suono porta in un’atmosfera romanzata. Al di sopra degli scogli una fitta vegetazione dal verde intenso alternata da una mescolanza di specie vegetali mediterranee e scandita dalla roccia.
Percorrendo il Sentiero degli Innamorati, tramite il costone roccioso, si raggiunge la Torre del Telegrafo, monumento di grande valore storico, di recente deturpata da ignoti con della vernice.
Qui, alzando lo sguardo si scorge da un lato la costa di Pisciotta-Palinuro, dall’altro la costa di Casal Velino e Pioppi.
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I suoi fondali sono stati scelti anche dalle tartarughe marine.
Caretta Caretta ha trovato l’habitat giusto per nidificare indisturbata. Ascea vanta di acque eccellenti – risultati che derivano dal campionamento delle acque effettuato ogni anno. Così, ci si chiede: cosa fare per preservare la salute del nostro mare, sempre più a rischio?
Plastica e rifiuti vari non smaltiti correttamente continuano a finire nei nostri mari e a invadere le nostre spiagge.
A questo si aggiunge il cemento abusivo che deturpa i nostri tratti costieri. E così il restringimento delle nostre spiagge denota la vulnerabilità del nostro territorio.
Territorio messo a dura prova anche dal turismo di massa che invade i nostri luoghi durante i mesi di luglio e agosto e che rischia di svilire l’aspetto identitario del luogo stesso.
Fenomeno che Ascea vorrebbe arginare affiancando al turismo balneare quello rurale e religioso, anche in vista del Giubileo 2025.
L’idea sarebbe promuovere un turismo esperienziale di bassa stagione e di portare gli ospiti tra castagneti e uliveti per farli connettere con la bellezza dei luoghi, così da promuovere anche l’enogastronomia.
Tra gli obiettivi la realizzazione di un pacchetto turistico rurale dedicato ai periodi di bassa stagione e la costituzione di un consorzio tra gli aderenti per unire le forze, migliorare i servizi offerti, accrescere la visibilità delle attività locali e facilitare l’accesso ai finanziamenti pubblici.
Qui in Cilento c’è ancora il paradiso. E non ne siamo così consapevoli. Tant’è che spingiamo lo sguardo sempre altrove per ricercare chissà quale idea di benessere.
Per preservare dei luoghi, come questo, con presenze autoctone e con identità irripetibili, non basta neppure la sola consapevolezza. Perché se così fosse, si lascerebbero queste meraviglie alla deriva.
La consapevolezza può dirsi tale quando ci si adopera per la crescita, la valorizzazione e il benessere di tutti.
Si fa il possibile affinché luoghi tali non siano vittime dell’incuria e dell’abbandono.
Non basta adagiarsi sul Bello. Bisogna incontrarlo, toccarlo, preservarlo e valorizzarlo.
Viviamo in un paradiso naturale, abbiamo la possibilità di raggiungere le coste, toccarne le acque.
Possiamo scalare le ripide vette e congiungerci con la natura. Possiamo assaporarne i prodotti spontanei.
Del resto, viviamo nella patria della Dieta mediterranea, un accesso privilegiato al benessere fisico e mentale. Sì abbiamo tutto questo.
Ciò non toglie che non dobbiamo preservarlo. Soprattutto in un momento critico come questo, in cui il Pianeta ci chiede di agire.