L’istituzione del Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni è stato l’unico grande intervento dello stato italiano nel secolo scorso nella “terra dei tristi”. Miliardi di lire, prima e milioni di euro, dopo, hanno “svezzato” una comunità dandpòe ,ezzi e riosre per prendere il “largo”.
Siamo in quella parte della Magna Grecia, dove vissero Parmenide e Zenone; dove Gianbattista Vico immaginò l’uomo nuovo …, dove i Sibariti ri – fondarono la loro patria a Paestum; dove i monaci Basiliani trovarono rifugio dalle persecuzioni iconoclastiche; dove il Risorgimento fu di casa … dove il “mito” si fece ancora toccare con mano!
In questa parte dell’Italia oggi si vive alla giornata. Eppure la legge istitutiva dell’area protetta del 1991, l’ha definita “un patrimonio da custodire per consentire alle future generazioni di poterne godere”.
Purtroppo, se pur ancora esistente nella sua struttura burocratica; oggi del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni dobbiamo parlare al “passato”, perché il suo futuro si è già consumato nei primi 20 anni della sua esistenza in vita attiva e 30 dalla sua istituzione.
Infatti, bisogna prendere atto dell’indifferenza che circonda tutto ciò che accade nell’area protetta considerando l’ente che la amministra alla stregua di una “Comunità Montana” che è chiamata in causa solo per la gestione degli incendi estivi, emettere decreti autorizzativi, sparge contributi a pioggia per iniziative enogastronomiche e altisonanti premi letterari.
Le aspettative “rivoluzionarie” che avevano fatto immaginare ad un vero “risorgimento” della vita politica, sociale, economica e culturale di un’area grande come una “regione” prigioniera di una “provincia” sono state derubricate a mera gestione e distribuzione delle risorse che il ministero dell’Ambiente assegna all’ente annualmente e alla concessione in appalto delle partite più corpose dei progetti finanziati grazie ai quali ditte, progettisti e manodopera fanno incetta.
Eppure, quando furono ridimensionate le funzioni delle province, si era aperta una finestra importante per far assumere all’ente un ruolo di guida dell’intero territorio. È stata la mancanza di visione “politica” (Sì! Proprio politica) che ha condannato l’intera area a rimanere ai margini del mondo dove si prendono decisioni strategiche che saranno in grado di proiettare l’area protetta nel tempo che verrà.
Per esempio, a leggere l’ultimo bilancio consuntivo disponibile sul sito dell’ente, degli oltre cento milioni di investimenti fatti nel tempo passato con l’acquisizione, le ristrutturazioni e la messa a reddito “economico e sociale” dei beni del parco sono Villa Matarazzo a S. Maria di Castellabate produce un ritorno economico di circa 20.000 € … che non basta nemmeno a tagliare l’erba e prendersi cura di fiori e piante tutto il resto è a zero virgola zero!
Nonostante ciò, o forse proprio per questo, il Parco gode di una proiezione a livello nazionale e internazionale di tutto rispetto nell’immaginario di chi vive lontano dal territorio che mantiene intatta la sua capacità di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica: anche nel 2024 l’area protetta si è classificata al primo posto tra i dieci parci nazionali presi in considerazione (nel 2023 era rimasta fuori dalla stessa classifica).
Pertanto, tutti i problemi di “riconoscimento” di “valore” all’area protetta da parte di chi vi abita sono dovuti alla scarsa ricaduta dei loro effetti nei borghi compresi nel perimetro.
Oramai, nel comune sentire, si fa strada un “tarlo” che rosicchia dall’interno anche il “mobile” ben fatto: “il peso dei vincoli ricadono sui piccoli borghi collinari e montani che hanno l’intero territorio compreso nell’area protetta, mentre i comuni rivieraschi e più popolosi possono continuare a “svilupparsi” soprattutto facendo leva sull’unica vera industria che funziona … quella edilizia!
Se si analizza attentamente questo aspetto, per la verità, non è che nei paesi delle aree interne l’edilizia è ferma, anzi!
Una settimana fa, mentre risalivo da Scario verso Torre Orsaia e Castel Ruggiero intenzionato a visitare il sito archeologico, sul dorso di una collina mi appare, come un miraggio, una mega struttura che emerge imponente dalla vegetazione.
Rinuncio al programma originario e cerco la strada per raggiungere il sito … alcuni cartelli indicano che dovrebbe esserci una struttura “targata” ASL SA 3 ( un tempo le ASL in provincia di Salerno era tre). La stradina, già stretta di per sé, comincia ad essere impraticabile per le erbacce che perforano l’asfalto a testimonianza che non c’è “traffico” veicolare. Dobbiamo fermarci davanti ad una struttura chiusa e inaccessibile … I cani si avvicinano all’auto e ci “consigliano” di non scendere.
Le foto allegate danno meglio l’idea di come sia stato orripilante l’idea di immaginare la creazione di una struttura per la cura degli anziani in un luogo, ameno certamente, ma che chiunque può identificare come l’anticamera del camposanto per dove è posizionato e a chi doveva essere “utile”!
Nell’ultimo artico pubblicato sul parco https://www.unicosettimanale.it/parco-del-cilento-diano-e-alburni-seppellisca-quegli-scheletri/ ci sono solo alcuni degli “scheletri” disseminati sul territorio che hanno assunto quasi una dimensione “archeologica” ma testimoniano di quanta siano assuefatte le genti che vivono nell’area parco.
Il concetto di bellezza è talmente scaduto che, per essere riportato ad un livello dignitoso, avrebbe bisogno di una massiccia e penetrante opera di “pedagogia naturalistica e ambientale” nei confronti dell’intera popolazione attiva, pensionata e in età scolare.
A questo punto, c’è qualcuno tra quelli che leggono questo articolo che scommetterebbe dieci Euro sul fatto che l’attuale presidenza, direzione e direttivo dell’ente parco riescano a porsi il problema di una immediata inversione di tendenza?
Se pur la speranza è l’ultima a ritirarsi dall’agone, una risalita della considerazione dell’istituzione “Parco” nell’opinione pubblica, in generale, e delle aree interne, in particolare; è difficilmente pronosticabile …
Un tempo andava di moda un motto pronunciato da Giulio Andreotti … “il potere logora chi non ce l’ha!” Però anche chi ce l’ha, alle nostre latitudini, non se la passa tanto bene se a quell’esercizio non bada più nessuno!
Chi ha scelto di scrivere per raccontare non può far altro continuare a “sperare” il bene per il futuro … ecco perché continuerà a “puntare” i suoi “10 Euro” sul fatto che il Parco del Cilento Vallo di Diano e Alburni possa tornare ad issare sul pennone del progresso la bandiera con l’effige della “Primula palinuri” che è il simbolo lasciatoci dell’indimenticabile primo presidente dell’ente, Vincenzo La Valva.