È domenica la mattina del nostro quarto giorno a Manhattan.
Io non riesco a trattenermi dall’andare a correre fino Brooklyn passando, prima, sul Manhattan bridge, ritornando, poi, correndo tra le migliaia persone che già affollato il Brooklyn Bridge.
Solo nel momento in cui poso le scarpette sul ponte Manhattan mi rendo conto che correndo per i tre giorni precedenti e con l’allenamento di oggi, se percorro 12 Km, avrò coperto la distanza prevista per una maratona.
Certo, non è lo stesso farlo in un’unica soluzione, ma la sensazione di essere a New York e di passare per le stesse strade da dove passa il tracciato della gara ufficiale, mi mette una certa frenesia.
Immagino che quel mondo che si muove incessantemente intorno a me sia composto dai i miei estranei compagni di “viaggio” che osservo e studio nelle tante gare che faccio e che ho fatto per far “passare” il tempo.
Penso anche ai miei amici della Sporting Calore e a quelli capaccesi della Cilento Runner, molti dei quali la maratona di New York l’hanno fatta per davvero.
Richiamo alla mente i loro volti che si illuminano quando ne parlano e accennano ai loro vissuti su queste strade;. Non faccio molto caso a chi mi viene incontro, mi sento in sintonia, invece, con chi si muove nella mia stessa direzione, che sorpasso o che mi supera, correndo o camminando, non importa … Mi ritrovo a correre quasi ad occhi chiusi nello sforzo di immaginare di essere dove sono ma di ritrovarmi in un’altra dimensione fisica e psichica.
Mi risveglia una signora che mi ferma per farsi scattare una foto insieme alla sua famiglia …
Riparto riabbracciando con lo sguardo ogni quadrante del panorama circostante.
Procedo spedito verso la mia destinazione … stavo per scrivere “il mio traguardo!”
Quando busso alla porta della stanza trovo Gina non ancora pronta per affrontare la nostra quarta giornata a Manhattan.
Ho il tempo di godermi, ancora un po’, la mia prima e, penso, unica Maratona di New York che avrò corso, anche se a tappe.
Posso dire, però, di averlo fatto con la stessa intensità delle altre cinque (Torino, Amsterdam, Roma, Malta e Paestum) dove ho avuto la fortuna di esserne co-protagonista con altre decine di migliaia di persone.
Poco più di 10 Km al giorno per quattro giorni e, sì fa per dire, i “conti” tornano … almeno per me!
Stanco, ma soddisfatto, mi accingo a seguire Ginetta nei suoi giri per negozi … che, per la verità, mi stancheranno molto di più dell’aver corso in giro per la città.
Come al solito, lei entrerà ed uscirà da decine di negozi ed io aspetterò nei paraggi a leggermi qualcosa o a scrivere, come sto facendo, di questa strana “maratona” a tappe che, ne sono certo, non terrò in minor conto delle altre 5 convenzionali alle quali ho partecipato.
Domani sarà l’ultimo giorno di questo intenso viaggio in terra americana. È stata la prima volta che abbiamo calpestato questo suolo bagnato da due Oceani, ricca di storia, cresciuta “navigando” in ogni direzione prima di diventare adulta e risolvendo molta parte delle sue contraddizioni che la storia le ha posto di fronte.
La più grande è stata quella dell’integrazione di milioni di persone che vi sono “approdate” provenienti da ogni continente … chi vi è arrivato per sfruttare, chi vi è stato portato per essere sfruttato, chi vi è nato ed è stato defraudato e chi vi è stato richiamato dal “sogno americano” che ancora sa avere una inesauribile forza di attrazione.
Come dimostrato le storie di tanti figli, nipoti e pronipoti di immigrati che abbiamo incontrato, questa terra non nega a nessuno il diritto di rincorrere la felicità, di trovare un lavoro, di immaginare condizioni migliori di vita per i loro figli.
Ma anche di far sognare un mondo migliore a chi ancora soffre in altri continenti, di garantire a tutti più di un’occasione di riscatto dal destino a cui sarebbe stato destinato se non vi fosse arrivato.