di Giuseppe Liuccio
C’era una volta il “Palinuroexpress”. Partiva da Monaco di Baviera. Faceva tappa a Milano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli per approdare, infine, con la gloria del sole, nella terra dei miti, dove Virgilio aveva collocato la dolente storia del nocchiero di Enea, inabissatosi nei flutti per incauto sonno. “Aeternunmque locus Palinuri nomen habebit” ed un esercito di turisti incantati riportavano alla memoria i lontani anni della scuola, la lettura dell’Eneide e la commovente storia di un “gubernator” consacrato al mito in quel mare che gorgoglia misteri e leggende nel ventre delle grotte policrome. Ci tornano ancora i turisti, e in tanti, attratti anche dalla forza evocativa dell’emistichio del grande poeta latino, che inconsapevolmente, forse, è stato il primo straordinario promoter turistico della mia terra. E magari cercano, curiosi, Palinuro che dorme nel cenotafio di pietra tra gli ulivi sulla collina di Caprioli aperta ai venti e al mare con sullo sfondo quel tozzo braccio di terra che cerca acqua, rischiarato a sera, a intermittenza, dai fasci di luce del faro a richiamo di naviganti inesperti. Potenza di un mito! Palinuro è sempre lì con la suggestione della sua bellezza ancora intatta, nonostante qualche sfregio di speculazione edilizia da rapina, con la complicità di amministratori rozzi, incolti e, forse, anche conniventi. Ma il treno veloce che dall’Europa portava all’estremo lembo della costa salernitana è soltanto un ricordo, come d’altronde il Club Mediterranèe, che l’insipienza di amministratori ed imprenditori locali costrinse all’abbandono di una bell’avventura di accoglienza internazionale, all’avanguardia per originalità ed efficienza. Poi venne il “Parco Nazionale”, che gonfiò il cuore di speranza di tanti che lo salutarono come un potente motore di sviluppo per un territorio abbandonato da secoli. La speranza si trasformò in orgoglio di identità e di appartenenza, quando l’area protetta fu riconosciuta “patrimonio dell’umanità“. E le zone interne, con l’enorme ricchezza di storia, arte, risorse ambientali, conobbero una rivitalizzazione attraverso vie di penetrazione dal mare ai monti, “dal corallo al faggio”, come recitava un fortunato slogan promozionale. E ci mettemmo del nostro, con entusiasmo e generosità, con una trasmissione televisiva, “Il Parco delle meraviglie”, anche questa fortunata e che, con decine e decine di puntate, scoprì ed esaltò centri storici, castelli ed abbazie, covi di briganti ed eremi di santi anacoreti, santuari mariani ed eroi rivoluzionari, fenomeni carsici e grave, montagne innevate e falesie di coste a strapiombo, faggete di montagne e praterie di poseidonia lungo la costa, miti di terra e di mare lungo un territorio dalle sorprese insperate ed inesauribili. E fiorirono le attività economiche dell’accoglienza e della ristorazione e nacque una imprenditoria giovane ed intraprendente impensabile qualche decennio prima. Ed è ancora lì a far da sentinella ad una terra che ha ancora enormi potenzialità da immettere sui mercati, se solo si rinunziasse all’individualismo duro a morire e si “facesse rete”. Ma la Politica è assente o, se c’è, balbetta. E tutto rischia di impantanarsi nella routine della quotidianità, nella stanca e demotivata amministrazione dell’esistente. Ah, se rivolasse l’aquilone! Ma il motore del parco si è imballato, gracida e fa fatica, molta fatica, a ripartire: mai un guizzo di fantasia, uno sprazzo di originalità, che rimetta sangue alle iniziative e rigonfi di entusiasmo, anime, cuori e pensieri. Sempre e solo fiera di presenzialismo e di vanità nel bla bla di una “governance” inadeguata. Anzi… adesso non c’è neppure la “governance” da due anni in prorogratio. C’è solo sulla carta e per incassare il bonifico a distanza per prestazioni non fornite. C’è, se mai, una “governance” in attesa speranzosa, anzi più governance, un plotone, in attesa speranzosa, tante quante sono le schegge della politica che promette, illude ed inganna nella frantumazione di quelli che furono “partiti” ed oggi sono consorterie d’affari a caccia di clientes allocchi e creduloni. E così è morta la speranza! Forse tumulata per sempre! Si è spenta la fiducia, rallentato l’entusiasmo! E così si spegne lentamente, giorno dopo giorno, il Cilento e le sue residue speranze di riscatto. Forse, per forza di inerzia, alla fine un presidente del Parco si farà. Ed è facile prevedere che, con l’aria che tira, sarà uno tirato fuori dal cilindro del politico con impreviste ed imprevedibili doti di prestigiatore e non si saprà mai voluto ed imposto da chi e in base a quali accordi sotterranei ed in cambio di chi sa quali innominabili baratti. E i progetti, la viabilità, che smotta e si sfarina (la cilena sotto Prigano ne è un esempio, uno scandalo a cielo aperto!) la valorizzazione delle zone interne, la strada a scorrimento veloce lungo il Calore, che avrebbe dovuto incrociare quella di prolungamento della cilentana da Vallo della Lucania fino allo svincolo della Salerno-Reggio Calabria all’altezza di Prato Perillo in quel di Teggiano. Questa è preistoria della Politica (d’obbligo la maiuscola) della Prima Repubblica. E che ne sarà della strada di penetrazione dal Bivio di Perito fino a Stio/Campora lungo l’Alento, bloccata da un capriccio di ambientalisti comeinisti per fare dispetto all’avvocato Chirico, reo di aver ideato e realizzato la Diga sul fiume/torrentaccio, là dove crescevano macchie di ginestre, mirti ed eriche? E c’è da giurare che questo Governatore o chi sarà nominerà un presidente non cilentano, che, forse, non saprà neppure da dove a dove dovrebbero passare le strade a T per la rianimazione delle zone interne in termini di cultura e di conseguente economia. Ma chiudiamo questa amara parentesi e torniamo alla storia tragicomica del mancato sviluppo del Cilento. Poi venne il “Metrò del mare”. E porti ed attracchi, da Agropoli ad Acciaroli e fino a Velia, Marina di Camerota, Palinuro e Sapri, rovesciarono sulla terraferma eserciti di turisti frastornati, incantati dai paesi paciosi nelle rade appartate, dalle torri luminose sugli scogli, dagli uliveti che colano lava d’argento bigio fin sulla battigia. E fu rinascita e rifiorì la speranza, si rigonfiò di entusiasmo il cuore. Ma poco tempo dopo arrivò anche il colpo mortale. Ridimensionate o addirittura abolite le “vie del mare”, con la motivazione di sempre: “Mancano i fondi! I bilanci regionali sono in rosso! Il piatto piange!”. Fu il ritornello poco convincente. Però nessuno, o quasi, disse, né allora né dopo, che la Regione spendeva (e spende ancora) un miliardo (di euro naturalmente) all’anno per mantenere un esercito di duecentomila “professionisti della politica”, spesso incapaci, duemila nei cda, sedicimila consulenti, ecc., per foraggiare le clientele soprattutto nella città capoluogo, per la quale, di riffa o di raffa, si rischia il barile ed i fondi si trovano sempre. Ed il Cilento? Può aspettare ancora e bloccare il proprio sviluppo. Nessuna o quasi attenzione alle attese, alle speranze, ai bisogni della “periferia dell’impero napolicentrico”. Recentemenete abbiamo votato, il Cilento ha votato, De Luca. Abbiamo vinto ed abbiamo sperato. Ma la musica si ripete e dobbiamo ancora capire perché. Siamo ancora sudditi/schiavi dell’impero napolicentrico. Noi siamo rimasti ancor e sempre “chiri re ddà”. Prima urge zittire e soddisfare le clientele della capitale. E i politici nostrani vanno al traino dei potenti di turno: fanno finta di agitarsi, sparano qualche bordata sulla stampa compiacente per salvare la faccia, ma poi si adeguano. E la sfiducia galoppa e la democrazia muore. Povera terra mia destinata a vivere ancora a lungo ai margini della storia, perché da noi “Non è fatto giorno!”, tanto per mutuare, in negativo, il linguaggio del grande Rocco Scotellaro, che alla fine degli anni ’40 del secolo scorso lottò alla testa dei contadini del Sud, sognando un mondo migliore di giustizia, di eguaglianza e di libertà! Vorrei tanto sbagliarmi, ma temo che sarà così anche questa volta. Purtroppo.
P.S.: Mentre stiamo per dare in stampa, apprendiamo che la Giunta Regionale della Campania ha stanziato la somma di 2OO milioni di euro per avviare buona parte dei lavori, sulla cui realizzazione avevamo espresso dei dubbi nel nostro articolo. Ne prendiamo atto con piacere e salutiamo con viva soddisfazione una inversione di rotta. Evidentemente alla Regione comincia a spirare un vento diverso e la nostra fiducia nel Governatore Vincenzo De Luca era ben riposta.
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