Ho appena ultimato la lettura di un libro, o meglio una lunga intervista – confessione del giornalista e saggista Goffredo Locatelli all’avvocato Francesco Chirico, presidente del Consorzio Velia. Si chiama: “Nella valle dell’Alento il futuro è già cominciato – Storia del Consorzio di Bonifica Velia e delle grandi opere che hanno trasformato il territorio”, 313 pagine. Idrocilento editrice, 2015, sip. Si tratta di una piccola storia che merita di essere conosciuta, essendo una vicenda positiva, forse una delle poche, della storia del Cilento. Nessuno oggi può negare le “tante cose fatte”, nel bacino dell’Alento, un comprensorio di 24 comuni. Mezzo secolo fa enunciare un terzo delle realizzazioni avrebbe procurato l’accusa di essere dei velleitari sognatori. La pluralità di risultati oggi costituiscono, e a parere di molti, le pre-condizioni per uno sviluppo auto-propulsivo del territorio, incentrato su produzioni agricole e agroalimentari di qualità e turismo. Basta un rapido sguardo da lontano, magari semplicemente essendo di passaggio sulla Cilentana. La discussione sempre aperta sulla questione testimonia di una non pacifica accettazione degli enunciati. Eppure, eppure… gli immobili di proprietà pubblica a valore sono a bilancio per oltre un milione di euro, mentre il valore di mercato delle opere pubbliche realizzate e in uso supera i 400 milioni di euro. Il Consorzio Irriguo e il Consorzio Velia, con la società Idrocilento, la Fondazione Alario per Elea-Velia Onlus e l’Oasi Alento sono cinque realtà importanti che insieme costituiscono un sistema istituzionale ed imprenditoriale al servizio dello sviluppo del territorio cilentano, in sostanza un patrimonio della comunità cilentana. I cinque soggetti rappresentano un’eccellenza fondamentale del sistema economico e sociale cilentano, una risorsa di enorme portata per il territorio che va assolutamente salvaguardata e difesa. Chirico ne racconta tutti i passi che sono stati necessari anche in questo volume e si candida a continuare a stare alla “guida” della complessa macchina per un altro quinquennio, “Dopo di che farò spazio ai giovani”, dichiara. Questo suo modello peculiare e profondamente legate alle caratteristiche singolari del personaggio si contrappone a quello “fallimentare”, peculiarità – come non manca di gridare – dalla vecchia politica in numerose istituzioni locali, enti territoriali e società partecipate. Basti considerare che il modello Velia, oltre a fare opere utili, a non accumulare perdite, a dimostrare capacità progettuale (necessaria e indispensabile per ottenere fondi europei e per utilizzare le opportunità che le varie leggi hanno offerto al territorio nel tempo), ha dato risposte a problemi collettivi, ha utilizzato bene le risorse pubbliche per finalità di sviluppo, senza preoccuparsi di fare “consenso elettorale”, rimanendo così estraneo alle dispute, alle fazioni, al clientelismo e alla logica spartitoria. Purtroppo la costruzione di queste realtà ha dovuto superare diversi ostacoli, e il libro lo racconta in maniera minuziosa. frapposti dalla vecchia politica locale che non è restata con le mani in mano. Leggendo il libro si verrà innanzitutto a conoscenza del “colpo di mano” realizzato nel 2002, dal Vice-presidente della Giunta Regionale della Campania Antonio Valiante che impose il commissariamento del Consorzio Velia per spogliare il Presidente Chirico della carica, e successivamente, nel 2012, della guerriglia tentata da un trio di politici, soprannominato CI.VA.CO, qui davvero è stato felice l’acronimo coniato dal giornalista Bartolo Scandizzo. per impadronirsi del patrimonio di opere pubbliche realizzate dai due enti e della bella realtà imprenditoriale costruita negli anni per iniziativa di questi ultimi. Il tentativo di occupazione fu respinto grazie al coraggio e al senso di responsabilità del Vice-presidente del Consorzio Giuseppe Lista e dei consiglieri Nicola Scorzelli, Antonio Cammarano, Gino Fedullo, Angelo D’Amato, Loreto D’Aiuto e Cosimo Forgione. Altrimenti il territorio avrebbe subìto gli effetti dannosi dell’irreversibile declino dell’ente. In un’altra occasione sarà da chiarire – e Chirico ciò che promette mantiene – il mancato finanziamento del campo da golf a Castelnuovo Cilento e di altre opere infrastrutturali, come il mancato completamento della strada diga Alento – Stio. In sintesi, Chirico scarica sui suoi vecchi e nuovi antagonisti la responsabilità di non aver fatto beneficiare il Cilento della politica dell’Intervento Straordinario prima e della Unione Europea poi. La lettura dei libri redatti da Chirico, che sono molti a cominciare da “Il Cilento deve ambiare”, consentono di prendere atto di una tesi sostenuta negli ultimi anni, da molti autorevoli economisti e sociologi, secondo i quali il ritardo del Mezzogiorno è imputabile non solo alla debolezza della classe imprenditoriale locale, ma soprattutto alle cattive prestazioni della classe politica. Secondo tali economisti, la vecchia classe politica, anziché essere una risorsa costituisce il problema per il superamento del ritardo del Mezzogiorno. Dopo aver ricostruito il passato, con intenti storiografici, quest’ultimo libro illustra i due nuovi progetti che si candidano a essere la vera svolta per il territorio, aprendo una nuova fase di sviluppo economico e sociale: 1/ Un piano di sviluppo sostenibile del bacino dell’Alento, denominato “Parkway Alento“, frutto di un Accordo di Programma sottoscritto dai Comuni, che è ormai in una fase di progettazione molto avanzata. 2/ Un piano di rilancio dell’agricoltura, elaborato di intesa con la Coldiretti di Salerno, fondato su azioni ed interventi diretti soprattutto a far nascere, accompagnare e consolidare una nuova generazione di agricoltori, promuovendo un collegamento diretto tra produzione e consumo, e associando i produttori per ridurre i costi fissi e superare la frammentazione della proprietà fondiaria che attualmente consente solo piccoli quantitativi di produzione unitaria. E’ utile riportare una delle più amare considerazioni dell’avvocato vallese: “Mi sapete ricordare una sola parola dei vecchi leader politici cilentani su “cosa fare” per ampliare, potenziare e diversificare il debole sistema produttivo locale? Purtroppo, essi si sono limitati a gestire l’esistente, senza proporre e fare alcuna innovazione concreta”. Dalla sua parte c’è ben altro: “Sono orgoglioso di affermare che il Cilento, con l’Oasi Alento, è stato messo in condizione di proporre ai turisti qualcosa di nuovo e di bello, un luogo unico e irripetibile, un luogo da vedere e da visitare, un luogo che è diventato fulcro di attività sportive, ricreative e culturali. Un’area vasta, estesa per settanta ettari, ricca di biodiversità e di ambienti diversi, con la presenza di una diga che ha dato vita a un lago lungo Km 3,5 e un parco attrezzato ad un’oasi naturalistica e ad un orto botanico. Non credo che in Campania e anche in Italia vi siano altre realtà similari ». Il tutto partendo dall’acqua piovana che il buon Dio raccolta per circa il 50% e trasformata in energia che attiva un autofinanziamento e poi sei invasi, quattro impianti irrigui, sei mini centrali idroelettriche, due impianti di potabilizzazione, una rete scolante e una viabilità rurale di tutto rispetto. Una serie di fatti che fanno ritenere felice la sintesi proposta già dal titolo dell’ultimo libro che racconta come qui il futuro è già cominciato… ma i cilentani non ne hanno ancora piena coscienza e stentano a riconoscerlo e a farlo proprio!