di Giuseppe Liuccio
Nel corso degli anni ho scritto molto su Paestum, che ho considerato e considero la mia Itaca, il mio “paese” dell’anima. E mi sono posto una serie di domande sul suo passato, sul suo presente e sul suo futuro, quando la città era impegnata nelle campagne elettorali per eleggere le nuove Amministrazioni Comunali e, soprattutto, mi sono sforzato di dare risposte nei limiti delle mie possibilità e capacità. Me ne è rimasta una, che mi preme molto riproporre ora che, a quanto pare, la vita amministrativa di Capaccio Paestum è ritornata turbolenta e potrebbe anche avere uno sbocco per elezioni anticipate, che molti temono e tanti auspicano. Eccola. Come valorizzare ed esaltare a livello nazionale ed internazionale il ruolo di Paestum nella direzione della cultura come storia e tradizione consiglia e consente, nella piena consapevolezza che il territorio è, sì, gloria nostra, ma anche e soprattutto CITTA’/MONDO per il ruolo che ha recitato nel passato ed è destinato a recitare nel futuro? Per una risposta completa e minimamente convincente, il discorso va preso da lontano.”Nulla è più prezioso dell’acqua (ariston men udor)”- cantava Pindaro nella prima olimpiade. E dovettero pensarla così anche i nostri antenati greci, quando, sulle rotte del Mediterraneo, approdarono nella pianura e vi fondarono Poseidonia. Il Sele, a nord, la divideva dagli Etruschi e costituiva una naturale barriera contro possibili invasioni. A Sud, invece, c’era il Solofrone il cui corso pacioso dalla portata limitata consentiva facili trasmigrazioni/espansioni verso i promontori di Agropoli e Tresino. La cinta dei monti lussureggianti di boschi secolari, alle spalle, era un ostacolo non facilmente sormontabile dalle bellicose popolazioni italiche, prima, e lucane, poi. che cercavano uno sbocco al mare. Comunque quei fiumi ed altri corsi d’acqua, Capodifiume innanzitutto, hanno consentito fecondità alla pianura sin dall’antichità. Forse anche per questo i Nostri Padri dedicarono templi e culti religiosi alle dee delle messi(Magna Mater, Iside, Era, Proserpina, Demetra, Cerere, Pomona, ecc). Pertanto anche un discorso sull’agricoltura, che è e resta un settore trainante dell’economia del territorio, non può prescindere dal recuperare e dall’esaltare queste origini sacre, nel segno della ritualità, del mito e della cultura.
D’altronde qui, nella pianura, tutto ci parla di grecità (mito, storia, testimonianze archeologiche, ecc.). Alla Foce del Sele approdò, pare, Giasone con il prezioso carico del vello d’oro, perseguitato dal rimorso/incubo di Medea e propiziò la protezione di Era Argiva, dedicandole un tempio. Successivamente più a sud nella pianura fu l’approdo degli Achei con il pietoso carico del pantheon di lari e dei: ancora Era, che fu, poi, Cerere e Cibele. ma anche Nettuno, dio del mare e Minerva, dea dell’intelligenza, e Venere, dea della bellezza e dell’amore, come testimoniano metope votive e pitture vascolari. E nei templi si riunivano ogni anno i Posidoniati, come ci racconta lo storico Ateneo, per rievocare e celebrare, nella malinconia del ricordo, le loro origini: “Ai Posidoniati del golfo Tirrenico, Greci d’origine, avvenne di imbarbarirsi diventando Tirreni o Romani e di mutare la loro lingua e molti dei loro costumi; ma ancora oggi essi celebrano una delle antiche feste dei Greci, nella quale si ritrovano per ricordare gli antichi nomi e le antiche usanze, e dopo essersi compatiti e compianti a vicenda, se ne vanno”. Quel clima di recupero di orgoglio e di identità dei nostri primi Padri noi lo abbiamo appannato di molto, se non addirittura perduto e cancellato. Forse ne resta vivo il ricordo in una minoranza elitaria che frequenta biblioteche e libri storici. Dovrebbe essere ,invece, abitudine di vita e pregnanza culturale di tutti, soprattutto dei giovani e, ancora di più, degli operatori turistici che su quella storia e sulle relative testimonianze archeologiche fondano le loro fortune economiche con una offerta di qualità e di assoluto spessore culturale. Farebbero bene ad impegnarsi in una riflessione ed agire di conseguenza, nella consapevolezza che anche quella che è stata definita, con un linguaggio riduttivo se non addirittura sprezzante, una “catena di montaggio del matrimonificio” può vantare origini di nobiltà proprio da questa storia. Credo di sfondare una porta aperta se penso che Sindaco ed Assessore alla Cultura ed al Turismo attuali e futuri dovrebbero puntare il massimo dei loro sforzi su questo settore esaltandone la qualità dell’offerta nel segno della cultura e della storia.Da pochissimo è stato nominato dall’onorevole, Dario Franceschini. Ministro dei Beni Culturali, un nuovo Direttore del Museo e dell’Area Archeologica. Si tratta di Gabriel Zuchtriegel. Professore alla Università della Basilicata. E’ giovane, 34 anni, motivato, molto professionale di origini tedesche e, quello che più conta, lontano dalla beghe paesane. Offre, quindi,ampia garanzia di impegno per un rilancio dei Beni Culturali del territorio. Sono sicuro che avrà l’accortezza di creare un team di collaboratori esperti, conoscitori ed innamorati di Paestum e della sua kora e, come tali, credibili ed affidabili Ho fatto prima,soltanto due esempi (Agricoltura e Cultura e Turismo) che reclamano competenze conclamate, professionalità riconosciute, intelligenze sperimentate da coinvolgere per un rilancio dell’immagine della città e dell’intero territorio, se vogliamo competere sui mercati come storia e tradizione ci consigliano e consentono. Ripeto quello che ho già scritto in altre occasioni. Non è più il caso di amministrare stancamente l’esistente nella routine della quotidianità. Occorre “cambiare passo e volare alto” con una progettualità di livello, di caratura e di spessore internazionali. Ed è quanto mai necessario poter disporre di uomini adeguati alla bisogna. L’importante è che diano garanzia di affidabilità, di credibilità, di operatività, che conoscano ed amino il territorio e siano in grado di fecondare gli animi di entusiasmo e di far crescere la speranza nel futuro. Credo che Capaccio/Paestum abbia più che mai bisogno di un Sindaco e di un’Amministrazione Comunale con queste ambizioni e che miri non tanto, o non solo, a VINCERE la competizione elettorale quanto a GOVERNARE nel migliore dei modi il territorio. Buon lavoro,quindi, a tutti: sindaco ed assessori attuali e, eventualmente, futuri, al nuovo giovane e promettente Responsabile dell’Area Archeologica, agli operatori turistici tutti, ma soprattutto ai più aperti e sensibili alla cultura,a tutta la più vasta società civile… A tutti sottopongo la lettura meditata di questa poesia del grande COSTANTINO KAVAFIS, che rievoca, anche lui, la testimonianza di Ateneo, a cui ho fatto riferimento in precedenza, nella speranza di non doverci rattristare anche noi nella constatazione di esserci ulteriormente imbarbariti, rinnegando o, comunque, non valorizzando le nostre prestigiose radici culturali.
POSIDONIATI
La lingua greca i Posidoniati
l’obliarono, mischiandosi per secoli
con i Tirreni, i Latini e altri stranieri.
Tutto ciò che rimane loro di ancestrale
era una festa greca, con cerimonie splendide,
con cetre e flauti, con corone e giochi.
Verso la fine della festa erano soliti
raccontarsi le antiche tradizioni,
e ripetere quei nomi greci
che a stento pochi ormai capivano.
E la festa finiva sempre nella malinconia.
Perchè si ricordavano che anche loro
erano Greci- anche loro Magnogreci, un tempo:
e ora come erano decaduti, come erano arrivati
a vivere e a parlare come i barbari,
sradicati (ahiloro!) dalla grecità.