Il sostegno, grimaldello per diventare più facilmente insegnanti di ruolo
Bisognerebbe fornire migliori risposte nel mondo scuola, evitando la facile, diffusa e opportunistica moderna catalogazione di disabilità. Bisognerebbe coinvolgere evidentemente, per tantissimi casi, non certo soltanto specialisti o presunti tali sul sostegno, ma le capacità socioassistenziali dei comuni, delle province, delle regioni.
85mila prof di Sostegno siedono in cattedra sprovvisti di titolo di specializzazione. Valditara trova soluzione a questa grave carenza partorendo 30 facili CFU. Gli 85mila Proff. potranno conseguire on line il titolo necessario entro il 2025, con la modica supposta spesa variabile che va da duemila a duemilacinquecento euro, con probabile sconto agli specializzati all’estero. Tutto questo e altro ancora sicuramente per riparare la grossa foratura a una ruota del carrozzone scuola; tanti precari storici saranno assunti e il tutto apparirà bello, malgrado le ingiuste divergenze strutturali e formative fra corsi INDIRE e TFA. Una domanda sorge spontanea, direbbe Lubrano. Viene allo stato registrata una grave vacanza di posti da personale specializzato sul sostegno, ma come mai allora tante graduatorie restano ancora in piedi nel centro sud del nostro Paese? E ancora: Disponendo, allo stato, di molteplici specializzati tfa, se pure irrisori numericamente rispetto al bisogno di copertura diffuso e reso noto da Valditara, come mai non vengono immediatamente collocati in ruolo da GPS, superando le celle di collocazione dei medesimi? In buona sostanza i corsi già tenuti dagli atenei, per i diversi gradi di scuola, hanno avuto le identiche caratterizzazioni contenutistico didattiche. Perché quindi, se vi sono urgenza e vera volontà, non si pratica uno sforzo più ampio, avanti a queste gravose urgenze? Perché mai non si consente a quanti specializzati e abilitati sul sostegno di assumere servizio sui diversi gradi, rispettivamente della scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado? I docenti di sostegno potrebbero, di fatto, prestare il proprio servizio rispettivamente, nella scuola secondaria di primo o di secondo grado, avendo ulteriore titolo di accompagnamento al TFA. Perché mai, avanti a tale necessità e urgenza, si pensa solamente ai percorsi leggeri riservati ai triennalisti e a quanti arrivano col titolo estero? Spesso si parla inopportunamente, in verità, di carenza di docenti di sostegno. Le graduatorie dei Proff. di sostegno sono sature nel centro nord del Paese; quindi, vanno distinti per grado e territorialità. INDIRE aumenterà il problema nelle scuole secondarie di secondo grado. L’esercito degli 85mila peggiorerà ancor più la situazione. Bisognava aspettarsi tale risultante, considerato l’eccessivo numero di posti TFA presso gli atenei del Meridione. Si intuiva già negli anni passati questo pasticcio, l’ingolfarsi delle graduatorie di tutte le province. Oggi risulterebbe quantomai opportuno cominciare a pensare, in questa fase di acuta urgenza, alla flessibilità dell’utilizzazione dei docenti di sostegno sui differenti gradi di scuola, ancor prima della fine del 2025, termine ultimo della generosa sfornata di nuovi specializzati a firma INDIRE. Diciamo la verità poi in merito alla scelta degli 85mila. Tantissimi fra loro vedono il sostegno come il grimaldello per diventare più facilmente insegnanti di ruolo. Sorvoliamo sulla bontà della “vocazione” del sostegno e proviamo a scavare nel passato per trovare ulteriore utile traccia. In passato il sottosegretario De Torre, a proposito dei 702 nuovi docenti annunciati da Fioroni, illustrando la decisione, facendoci riflettere ancora oggi, ebbe a rilevare una considerazione, un dato che si lega anche, se non soprattutto, alle certificazioni. “Ci sono differenze marcate fra regioni e province”. Una provincia come Pavia ha quasi il 3% di alunni disabili certificati sul totale della popolazione scolastica, mentre appena qualche chilometro più in là, a Lodi, questo dato cala al 2,2%, e in altre regioni d’Italia diminuisce ancora fino all’1,8%. “Non è un problema di divisione nord-sud: è un’Italia a macchia di leopardo, che va studiata attentamente. Il problema è che spesso sono certificati come disabili anche ragazzi che disabili non sono. Il bambino immigrato che non parla bene l’italiano. È un caso non infrequente: è un bambino che ha una difficoltà, ma non si è disabili perché si è immigrati! Dovremmo mettergli accanto qualcuno, ma non un insegnante di sostegno. E così accade in molti altri casi: bambini o ragazzi che hanno difficoltà, ma non una disabilità, e ai quali però viene concessa la certificazione perché ci si rende conto che non potrebbero avere un aiuto se non in questo modo”. Tanto capitava allora e tanto si verifica oggi. Bisognerebbe forse studiare meglio quali risposte fornire nel mondo scuola evitando la diffusa moderna catalogazione di disabilità. Bisognerebbe coinvolgere evidentemente, per tantissimi casi, non certo specialisti o presunti tali sul sostegno, ma le capacità socioassistenziali dei comuni e delle province. Ove, infatti, si registra carenza di servizi sociali, maggiore è l’urgenza del sostegno. Questa verità resta incontestabile per il passato, ma anche per il presente. Sarebbe auspicabile un’azione più adeguata delle istituzioni comunali, provinciali e regionali a garanzia del beneficio di quanti versano in una condizione di minore o diverso sostegno. Il racconto della criticità sociale e individuale della funzione del docente specializzato è quindi solo parziale, bisognerebbe guardare meglio e con più oculatezza oltre taluni steccati di comodo. Così, a suo tempo, si esprimeva Onger: “Serve non il teleobiettivo, ma il grandangolo, per inquadrare la situazione nel complesso: vi sono realtà con dieci docenti e dieci operatori nelle quali la qualità dell’integrazione della persona disabile è maggiore che in altre con un numero doppio di insegnanti di sostegno e nessun aiuto di altro genere”.