Con la scomparsa del giornalista Rai Franco Di Mare si chiude un’epoca per i corrispondenti di guerra, vittime anch’essi di quelle crudeltà di armi micidiali operanti sui fronti di prima linea. La notizia da lui stesso data sulla grave malattia che da qualche tempo lo affliggeva, ma poi un pizzico di ottimismo in noi ci ha lasciato tutti sperare in una guarigione. Ma non è stato cosi, l’amianto non perdona e l’inferno dei Balcani con la triste storia dell’uranio impoverito continua a mietere vittime tra soldati e civili. Così, anche per Franco, gli strascichi delle guerre moderne lo hanno stroncato.
Si chiude così una triste pagina per il giornalismo di frontiera e di uomini che hanno fatto di questa professione un’epopea umana, dove hanno raccontato la guerra e sono morti per le conseguenze causate dalla stessa. Una vicenda umana, quella di Franco di Mare, che lascia tanta commozione in tutto il mondo dell’informazione e della stampa, lui che aveva raccontato le cronache di frontiere infuocate e di popoli straziati vittime della geopolitica voluta dai grandi interessi internazionali.
I suoi racconti teletrasmessi e i suoi scritti lasciati a monito di guerre ingiuste e devastatrici di popoli, oggi sono il suo testamento spirituale sulle constatazioni di tanti orrori. L’uomo coraggioso e leale, che nell’inferno di Sarajevo, strappò a sicura morte quella bambina che poi con tanto amore adottò, oltre ogni convenzione, barriere e falsi moralismi, dando prova di un’umanità fuori dal normale, magnificandolo come uomo di ferme certezze.
I funerali di Roma, tenuti nella chiesa degli Artisti a Piazza del Popolo, sono stati la riconferma della sua grande popolarità, dove una grande massa di persone si è stretta intorno al feretro dell’eroe dei tempi moderni, per portare l’ultimo saluto e testimoniare l’affetto all’uomo che ha riferito con cronache e scritti su popoli in guerre su ogni frontiera. Presenti nella chiesa degli artisti, colleghi e uomini di cultura e tanti colleghi giornalisti Rai e dirigenti. In prima fila Giulia Berdini, da sette anni compagna inseparabile di Franco, sposati due giorni prima del decesso. Ricordiamo che fu proprio Franco Di Mare ad annunciare il calvario della sua malattia partecipando alla trasmissione “Che tempo che fa” il 28 aprile scorso, “ho un tumore molto cattivo, il mesotelioma: si prende respirando le particelle di amianto. Mi rimane poco da vivere ma non è ancora finita”. Poi il suo ultimo post del 4 maggio dove tenne a ringraziare tutti quelli che avevano dimostrato affetto e
solidarietà verso di lui. Cosi la stampa e quanti lo hanno conosciuto e seguito nelle sue trasmissioni Rai, oggi lo ricordano come uomo e come giornalista coriaceo ed allo stesso tempo cordiale, sempre aperto al dialogo. La sua carriera giornalistica iniziò nel 1980 al quotidiano l’Unità come cronista di giudiziaria, mentre l’anno successivo inizia a collaborare come corrispondente da Napoli anche per l’agenzia di servizi AGA (Agenzia di Giornali Associati) e per Radiocor (Agenzia di Stampa Economica e Finanziaria). Nel 1983 diventa giornalista professionista. Nello stesso anno viene assunto dal quotidiano l’Unità con la qualifica di redattore ordinario.
Nel 1985 viene trasferito a Roma presso la redazione centrale de l’Unità in qualità di inviato speciale e poi di capo redattore. Nel 1991 entra in RAI alla redazione esteri del TG2 dove nel 1995 assume la qualifica di inviato speciale occupandosi della guerra dei Balcani, oltre a coprire, come inviato, le principali zone dell’Africa e dell’America centrale. Nel 2002 passa al TG1, seguendo buona parte dei conflitti degli ultimi venti anni: dall’Afghanistan, alla Bosnia e Kosovo, dal Ruanda alla prima e seconda guerra del Golfo. Così, da un reportage all’altro, la sua carriera giornalistica è stata un susseguirsi, dalla Bosnia, a Sarajevo, dove compì l’atto umano più significativo e fu qui che conobbe la piccola Stella, di appena 10 mesi, che fece portare in Italia dalla Croce Rossa e poi adottò.
Di questa intrepida avventura umana, che segnò la sua vita, è tutto narrato nel libro “Non chiedere perché (da cui è stata tratta la fiction Rai con Giuseppe Fiorello ”L’Angelo di Sarajevo”). Alla guerra dei Balcani aveva dedicato anche un altro libro “Il cecchino e la bambina”, dove si raccontavano gli orrori di quella guerra. Un diario di emozioni, quotidianità, orrori. E proprio nella ricorrenza dei 30 anni dall’inizio della guerra aveva rilasciato un’intervista a Rainews.it.
Al termine di questa lunga epopea come inviato di guerra, la Rai ritenne di inserire fra i grandi protagonisti dell’azienda questo volto noto che negli anni si era fatto amare da tutti e dal grande pubblico. Infatti nel 2003 diventa conduttore in programmi Rai come Uno Mattina Estate, Uno Mattina week end e poi dal 2004 Uno Mattina. Dal 2005 al 2009 conduce Sabato e domenica programma d’informazione e attualità, leader di ascolti nella fascia mattutina – in onda su Rai Uno. Dal 2005 ha condotto le finestre del TG1 all’interno di Uno Mattina sempre su Rai Uno (tre spazi con news e approfondimenti), che continueranno anche nel 2010-2011. Tutti ricordiamo la famosa trasmissione “Sarò Franco”, con inchieste e importanti cronache e reportage di successo. Per la sua popolarità spesso fu chiamato a condurre per Rai Uno serate come: “Premio Lucchetta”, “Mare Latino”, “Premio Internazionale Libertà”, “Premio Alta Qualità”, “Gente d’Italia” da Miami, “Speciale Premio Ischia Internazionale di
Giornalismo.
Successivamente fu nominato direttore di Rai Tre dal 2022. Ci fa piacere ricordare le sue pubblicazioni: Il cecchino e la bambina. Emozioni e ricordi di un inviato di guerra, 2009; Non chiedere perché, 2011; Il paradiso dei diavoli, 2012; entrambi nel 2015, Il caffè dei miracoli e Il teorema del babà; Barnaba il mago, 2018; Le parole per dirlo. La guerra fuori e dentro di noi, 2024. Per la sua attività giornalistica ha ricevuto diversi riconoscimenti, tra cui: due Oscar della Televisione, il Premio Giornalista dell’anno, il Premio Ilaria Alpi e nel 2018 il Premio di Giornalismo Giuseppe Ripa a Castellabate. E fu in quest’occasione che rinsaldammo i nostri rapporti di stima, che seguivano da più incontri, come il Premio Castellano, il Settembre culturale ad Agropoli, gli incontri in Costiera ed a Salerno per la presentazione dei suoi libri. Dallo scrivente, la consegna del Premio Ripa a Castellabate a Franco di Mare, dove ebbe parole di
profondo spessore per il valore per quel giornalismo reale a cui lui si era sempre ispirato.
La sera, durante la cena, con tanti altri colleghi dell’informazione, gli chiesi: “Franco per te che sei stato sempre in prima fila sui teatri di guerra ed hai sentito il sibilo delle pallottole, oggi ti puoi ritenere in un certo senso fortunato senza mai un incidente”. La sua risposta fu pensosa e immediata: “per chi è stato nell’inferno del Balcani, è andata bene fino ad adesso, speriamo di non portare conseguenze come i soldati che lì hanno operato”. Adesso a distanza di anni capisco il senso delle sue parole. Oggi un grande pioniere del giornalismo ci ha lasciato e dalle sue cronache e dai suoi scritti dobbiamo trarre insegnamento, e ci fermiamo per meditare.