La scuola di Tajani
Il pensiero più recete di Tajani intorno alla scuola è quello che la riporta tutta a quattro anni, dice che si tratterebbe di un beneficio. È un modello che, al momento, è in fase di sperimentazione per gli istituti tecnici e professionali. L’idea di ridurre il percorso di studi della scuola media di secondo grado è stata lanciata al congresso di Forza Italia; ha acceso il dibattito e inasprito gli animi. Sembra, secondo Tajani, che “cinque anni di scuola superiore sono troppi”.
Sotto i raggi del sole ferragostano della scorsa estate, Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Affari esteri, rivolse il suo pensiero alla scuola e riferì il bisogno di affermare il rafforzamento del sistema formativo italiano nel mondo. Ebbe a dire: “Il libero pensiero e le capacità critiche, la solidarietà, i valori democratici sono parte integrante della formazione delle generazioni future e del loro senso di responsabilità. I docenti di ogni ordine grado, nelle scuole pubbliche e in quelle paritarie cattoliche, sono fondamentali nel percorso formativo educativo dei giovani”. Nel corso dell’estate dello scorso anno si tenne, a Torino, l’incontro “La scuola meritata”, promosso dalla Fidae, con il patrocinio dell’Ufficio nazionale educazione, scuola e università della Cei, della regione Piemonte, del Comune di Torino e di Torino metropoli. Antonio Tajani, destinando il suo messaggio a Kaladich, volle rilevare la centralità della persona, l’importanza del ruolo docente e l’affezione del governo intorno alle tematiche formazione e cultura. Tajani, specialmente dall’inizio del suo mandato, ha osservato favorevolmente il rafforzamento del sistema della formazione italiana nel mondo. “La chiave di tutto è la centralità della persona disse. Cruciale è la figura del docente. Il tema della cultura e della formazione è prioritario nell’azione del governo. Stiamo rafforzando il sistema delle borse di studio. Guardiamo in particolare all’Africa per attrarre formare i giovani africani, offrendo loro il nostro saper fare che è la cifra del nostro tessuto imprenditoriale di quattro milioni di piccole e medie imprese, per farne degli ambasciatori del nostro paese favorendo scambi, benessere e crescita su base paritaria e non predatoria. Sin dall’inizio del mio mandato ho proposto un rafforzamento del sistema della formazione italiana nel mondo, coinvolgendo anche le scuole statali italiane all’estero, le scuole paritarie cattoliche e le sezioni bilingue. In particolare, ci siamo concentrati sulle scuole paritarie, istituzioni che consentono di ottenere titoli legalmente riconosciuti sia nel paese di origine che l’Italia, diventate sempre più propositive dinamiche. Abbiamo creato un tavolo permanente con i ministri di Istruzione e merito, Università e ricerca, Cultura, per mettere a sistema e potenziare tutti gli strumenti e iniziative di promozione del sistema formativo italiano all’estero e di internazionalizzazione del nostro sistema scolastico e accademico. La scuola deve saper fare tesoro del passato, essere salda nel presente lavorare per un futuro migliore trasmettendo i nostri valori. Rinunciarvi non è rispetto ma debolezza, è rinunciare alla propria identità”. Altro intervento di Antonio Tajani sulla scuola, sempre nella scorsa estate, ebbe a considerare il crocifisso nelle aule. “I cristiani, affermò, non abbiano paura a dirsi cristiani: togliere il crocifisso dalla scuola o dall’ufficio pubblico non è rispetto della minoranza, è rinunciare alla propria identità. Quando si rinuncia alla propria identità, si diventa aggressivi. Se tu rinunci alla tua identità e hai paura di professare la tua fede, ti ritrovi davanti uno che invece rispetta la propria fede”. La sua voce, inoltre, si sentì sullo “ius scholae”, a suo dire questa proposta di riforma per la concessione della cittadinanza italiana allora si mostrava troppo generosa: «Se si vuole concedere la cittadinanza a un giovane straniero, devono valere le stesse regole applicate ai giovani italiani: cioè, gli otto anni previsti per il completamento della scuola dell’obbligo. Otto anni, non cinque. Se un bambino italiano è obbligato ad andare a scuola fino alla terza media, perché uno non italiano dovrebbe fermarsi alla quinta elementare?”. Altro intervento del vicepremier, ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale e segretario nazionale di Forza Italia, Antonio Tajani con riguardo alla scuola risale a febbraio scorso in occasione del convegno “La sfida al futuro dei giovani tecnologi: l’investimento di Forza Italia nelle filiere tecnologico-professionali sui territori”, organizzato sempre da Forza Italia, presso la sala della Regina di Montecitorio. “La formazione è fondamentale, le nostre scuole e le nostre università devono formare ragazzi e ragazze per farli entrare nel mondo del lavoro. Occorre avere una visione complessiva della formazione e far capire che la scelta di uno studio tecnologico non è una scelta di serie B”. Il pensiero più recete di Tajani intorno alla scuola è quello che la riporta tutta la scuola secondaria di secondo grado a quattro anni; dice che si tratterebbe di un beneficio. È un modello che, al momento, è in fase di sperimentazione per gli istituti tecnici e professionali. L’idea di ridurre il percorso di studi della scuola media di secondo grado è stata lanciata al congresso di Forza Italia; ha acceso il dibattito e inasprito gli animi. Sembra, secondo Tajani, che “cinque anni di scuola superiore sono troppi”. Evidentemente ha avuto particolari segnali e ha compreso che si stia abusando della formazione e della cultura, come talvolta capita con l’uso eccessivo e smodato dei medicinali. Chi scrive, invece, crede il contrario. Mai il giusto o l’eccessivo sapere ha complicato il nostro “quadro clinico”. Formazione e sapere non hanno mai causato reazioni sgradevoli. Il modello Tajani, fra l’altro, indurrebbe all’obbligo di amalgamare alcune cattedre con docenti di settore a rischio di perdere ore di lezione nel quadro orario settimanale, se non addirittura la titolarità. Di certo, Tajani sarà stato abbagliato dalla intraprendenza di alcuni Paesi europei, oltre che negli Stati Uniti, dove la scuola secondaria di secondo grado si conclude nell’anno della maggiore età, a 18 anni. In verità, alla luce della tendenza promozionale della inclusività, è piaciuta di più la sua idea di formare giovani africani in Italia. In occasione della tavola rotonda su “Il ruolo della diplomazia della crescita italiana nel Mediterraneo”, organizzata nell’ambito della IX edizione dei “Rome MED Dialogues – Extraordinary Expert Meeting” il vice presidente del Consiglio e ministro degli Affari esteri, ha ribadito che “..la formazione è fondamentale, come mostra anche il Piano Mattei. È fondamentale che l’Uganda abbia tecnici per la trasformazione del caffè, la formazione serve a noi e a loro. La formazione, che sta cambiando anche in Italia, va in questa direzione. Dobbiamo avere giovani africani che si formino nel nostro Paese, dobbiamo aumentare le borse di studio. Dall’università di Perugia sono usciti giovani che parlano perfettamente italiano, che faranno anche da ponte con i loro paesi, tra le sedi italiane e africane delle aziende”. elgr