Sacco fu al centro, tra il 1979 e il 1982, di un’intensa esperienza di cooperazione giovanile. Oreste Mottola, uno dei protagonisti insieme a tanti altri, oggi la racconta così. I “reduci” si sono riuniti il 4 agosto scorso nel paese che è tra Roscigno e Piaggine
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“La realtà era che ci trattavano come se fossimo nei reparti confino dove la Fiat relegava i suoi operai più sindacalizzati. Nella montagna di Sacco e nei nidi aquila che sovrastano Magliano Vetere, a piantumare abeti e castagne. Era il periodo nel quale i privati erano ancora i protagonisti nella forestazione pubblica delle zone interne del Cilento e vigeva un tacito accordo di spartizione tra politici, i progettisti, più di un’impresa privata e anche il sindacato era compartecipe della spartizione. In questo banchetto qualche porta restò aperta e così entrammo anche noi. Giovani di sinistra variamente assortiti (io ero con “Il Manifesto”, socialista Silvio Masullo mentre Franco Latempa era già il segretario della locale sezione del Pci e Cosimo Peduto era alla Cgil). Nessun trattamento privilegiato, solo il lavoro per noi era tanto, mentre i soldi pochi e ci arrivavano dopo lotte lunghe e inenarrabili presso la sede della comunità montana. Lo dicevano chiaramente: dovevamo “scoppiare” e andarcene dalle balle. Invece seppur da giovani studenti con le mani ancora “gentili”, vale a dire non ancora indurite dai calli e i muscoli attaccati dalle artrosi come i braccianti più anziani, stringemmo i denti e resistemmo tra il “carraro ri vuoi” e il “Pennino”, zona Corticato, più vicini a Teggiano che alla nostra Valle del Calore. Stavamo nei ranghi di una cooperativa che lavorava a cottimo con la comunità montana, lavoratori forestali di serie B, dal destino segnato poiché avevamo lo stigma di una visione del mondo e dei rapporti sociali che non piaceva a chi comandava. Lavoravamo ed eravamo educati ma non bastava, dicevano che davamo un cattivo esempio ai politici che allora, sì ai livelli più bassi, vendevano come favore anche la loro inutile firma anche sui certificati dell’anagrafe”.
ORESTE MOTTOLA