Pensieri e divagazioni: la maieutica di Socrate per una scuola di merito
Il metodo socratico nella scuola di oggi sicuramente potrebbe servire per fare merito. La maieutca non ha lo scopo della trasmissione di contenuti nozionistici. Conta invece la ricerca a mezzo l’attività dialogica, non di una verità assoluta. La stessa verità che una volta assunta dovrà essere discutibile. Maestro e discepolo stanno sullo stesso piano. Il dialogo li conforma. Nè Socrate, nè altri sono i depositari del vero. Il dialogo ci confronta e implica rispetto reciproco. Il dialogo ci consente l’ascolto e permette passi verso la verità e di un fare vero e di virtù.
L’abile esercizio del maestro, la sua magia stanno nel mettere la viva parola alla disciplina. La sua qualità, il suo merito sta nell’abile fine di rendere viva, ogni giorno, la sua lezione. Le discipline, tutte le discipline, non devono essere oggetto di valutazione, ma mutarsi in entità capaci di stabilire la meraviglia dialogica coi discenti, occupati a scoprire se stessi. Nel ricercarsi del merito di ogni giovane sta il proprio merito, nella scoperta del suo mondo e quel profilo identitario capace di sfida nell’esercizio operativo futuro. Col merito dobbiamo guadagnare e ricevere la propria parte. Nel senso del termine latino della parola “merito” vi è la disponibilità e la voglia di vita partecipativa nell’assunzione di un ruolo nella spartizione assegnata. Merito sta nel vivere con pienezza il proprio destino, la propria parte di vita, la moira, la significanza greca del destino.”È vero, scrive Cristina Dell’Acqua, che questa porzione non è nelle nostre mani, ma nelle nostre mani è il senso che le diamo. La dobbiamo scoprire, è dal senso che sapremo darle che nascono le scintille di unicità di ciascuno. Se questo non avviene a scuola, in quale altro luogo può succedere? In quale altro luogo possiamo far tesoro del fatto che avere un fato non significa essere fatalisti, significa piuttosto imparare a mettersi in gioco, ragionare sulle difficoltà e gli eventuali insuccessi che lastricano il cammino di chiunque. Per far valere ciò che si è. La scuola maneggia vita e deve dunque far sentire vivi i giovani che la abitano. Parafrasando James Hillman nel suo magnifico libro Il codice dell’anima (che si ispira a Platone, l’alunno più legato Socrate), la scuola deve far scoprire ai suoi giovani perché sono vivi , non la ragione per cui vivere. Questo è il vero merito della scuola. D’altro canto conosci te stesso è l’altra pietra miliare che Socrate ha fatto sua, prendendola in prestito dall’oracolo di Delfi. Un imperativo facile all’apparenza ma che in realtà è il lavoro di una vita, il punto da cui partire per aprirsi all’altro e al mondo. La ricerca, in ultima analisi, è amore per se stessi e per la vita. E questo ogni insegnante lo sa bene”. Chi necessita di scuola sa bene, dunque, che senza ricerca non c’è qualità di vita. La scuola è ricerca e chi la vive è chiamato alla scoperta. Ne era assolutamente convinto Socrate. «Io, scriveva Platone, in Apologia di Socrate Critone, (37 a-38 c), sono persuaso di non aver fatto mai, volontariamente, ingiuria a nessuno; soltanto, non riesco a persuaderne voi: troppo poco tempo abbiamo potuto conversare insieme. […] Ecco la cosa più difficile di tutte a persuaderne alcuni di voi. Perché se io vi dico che questo significa disobbedire al dio, e che perciò non è possibile io viva quieto, voi non mi credete e dite che io parlo per ironia; se poi vi dico che proprio questo è per l’uomo il bene maggiore, ragionare ogni giorno della virtù e degli altri argomenti sui quali m’avete udito disputare e far ricerche su me stesso e su gli altri, e che una vita che non faccia di cotali ricerche non è degna d’esser vissuta: s’io vi dico questo, mi credete anche meno. Eppure la cosa è così com’io vi dico, o cittadini; ma persuadervene non è facile». A dire degli accusatori, Socrate corrompeva i giovani solamente perchè dialogava con loro, nell’agorà, sollecitandoli alla ragione e ad osservare la ragione da più posizioni. La scuola deve farci nascere ogni giorno nella ricerca e nella scoperta, non certo, osservando gli studenti, col proposito di fare selezione di soggetti migliori. Merito è di più. Dire merito vuol dire vedere chiara l’opera educativa e guardare l’intelligenza e il vivo mondo interiore, facendo divenire maturo nella ricerca dell’io e del mondo uno scolaro. Staranno insieme per un’ altra lunga stagione l’uomo e il mondo. La scuola dovrà quindi preparare il terreno, renderlo fertile e permettere ricche messi d’oro. Il metodo socratico nella scuola di oggi sicuramente potrebbe servire per fare merito. La maieutca non ha lo scopo della trasmissione di contenuti nozionistici. Conta invece la ricerca a mezzo l’attività dialogica, non di una verità assoluta. La stessa verità che una volta assunta dovrà essere discutibile. Maestro e discepolo stanno sullo stesso piano. Il dialogo li conforma. Nè Socrate, nè altri sono i depositari del vero. Il dialogo ci confronta e implica rispetto reciproco. Il dialogo ci consente l’ascolto e permette passi verso la verità e di un fare vero e di virtù. La scuola del merito deve autonomamente consentire la crescita delle capacità dei giovani. Occorre umanizzare e trattare tematiche che sollecitano la riflessione. Le parole del maestro dovrebbero impastarsi di maieutica, così la scuola troverebbe il suo vigore nel suo processo avanzato di declino. Oltre lo stimolo cartaceo del diploma si faccia una scuola di stimoli, la scuola diventi ancora sede di crescita interiore e non , per tanti, obbligazione di presenza.
Emilio La Greca Romano