Viaggio nei Luoghi del Ricordo – Basovizza. Intervento del Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara
“..Dobbiamo conservare e rinnovare la memoria della tragedia delle migliaia di italiani uccisi e infoibati e delle centinaia di migliaia di nostri connazionali costretti a esodare dalle terre dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia nel secondo dopoguerra. Quelle tragedie sono state possibili perché l’ideologia ha misconosciuto la centralità della persona, e rinnegato i valori della democrazia. Proprio oggi che la violenza è tornata ad insanguinare terre d’Europa, è fondamentale ribadire come il rispetto verso ogni essere umano e lo stato di diritto siano i due decisivi baluardi contro ogni barbarie”.
Basovìzza è una frazione del Comune di Trieste, a nord-est del capoluogo, sull’altopiano del Carso. E’ un centro ubicato a 377 metri di altitudine. Nel 1945 venne occultato all’interno del pozzo di Basovizza un notevole numero di cadaveri di prigionieri, militari e civili uccisi dai militari dall’esercito di liberazione jugoslava. In loco, in prossimità della foiba di Basovizza, ove furono gettati numerosi italiani trucidati dai partigiani iugoslavi, è stato collocato un monumento a ricordo di tutte le vittime degli eccidi. Nel 1992 il presidente delle Repubblica Italiana Oscar Luigi Scalfaro dichiarò il pozzo monumento nazionale. Oggi la scuola del merito di Valditara onora le vittime e riflette sull’accaduto. Un viaggio a Basovizza. Segue l’ntervento del Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara: “Cari studentesse e studenti, professoresse e professori, presidenti delle associazioni degli esuli Istriani, Fiumani e Dalmati, signore e signori presenti, Basovizza, calvario, col vertice sprofondato nelle viscere della terra, secondo l’espressione dell’allora vescovo di Trieste e Capodistria, monsignor Antonio Santin, è il luogo in cui nel maggio del 1945 hanno trovato la morte i destinatari di un odio implacabile e al tempo stesso è il sacrario in onore di tutte le vittime delle Foibe, nella Venezia Giulia, come a Fiume, come a Zara, dall’8 settembre del 1943 in poi. È per noi il simbolo dell’ondata di violenza politica che si è abbattuta sugli italiani del confine orientale alla fine del secondo conflitto mondiale. Qui riecheggiano la terribile fine di Norma Cossetto e di altre donne e uomini inermi; i cento morti di Vergarolla, prima strage impunita e ancora avvolta di mistero della storia della nostra Repubblica; i trecentomila esuli, che con lo sguardo al di là dell’Adriatico hanno saputo vincere la delusione e il dolore e impegnarsi fino in fondo nel ricostruire la propria esistenza, contribuendo in modo essenziale anche al rilancio del nostro Paese. Basovizza è anche un presidio della memoria, dove raccogliere il sentimento di quanti riconoscono quei drammatici avvenimenti come parte integrante della nostra storia nazionale, che deve essere spiegata alle nuove generazioni. Oggi qui, insieme a studenti e docenti, alle Associazioni degli Esuli Istriani, Fiumani, Dalmati e alla Lega Nazionale, si rinnova l’impegno del MIM per la conoscenza delle vicende turbinose delle Genti giuliano-dalmate, per la tragedia delle Foibe e per la catastrofe dell’Esodo. È un impegno a contribuire a diffondere nelle scuole di ogni ordine e grado la storia di coloro che furono italiani due volte, per nascita e per scelta: nostri connazionali di allora e di sempre, che troppe volte hanno pagato con la vita il loro amore per la Patria e che per rimanere italiani hanno dovuto prendere la via dell’esilio dalla loro terra natale. La loro memoria va custodita con reverenza, portando gli studenti a contatto con la sua voce che rompe il silenzio: sono testimonianze in prima persona oppure salvate a fatica dall’oblio, sono voci tramandate, ricordi di figli e nipoti, sono luoghi in alcuni casi ancora esistenti, sono sedimenti archivistici capaci di ridare la parola a chi l’aveva perduta. Questo è quanto è stato proposto di fare nelle scuole di tutt’Italia, suggerendo di partire dalle tracce vicine, dal territorio, dalle impronte materiali che la realtà dell’esilio vi ha impresso e da quelle immateriali custodite nelle memorie dei protagonisti, dei loro discendenti e delle comunità accoglienti: è questo, concreto ed evocativo al tempo stesso, un modo privilegiato per accostarsi a una storia non ancora remota e quindi ricca di tutto il suo spessore di umanità, fra dolore, nostalgia e speranze. Ai presenti, molti dei quali testimoni diretti dell’italianità negata, che custodiscono nella mente e nel cuore le ferite dei padri, voglio anch’io dare una testimonianza: testimoniare che la loro è una ferita che ci appartiene, che è di tutti noi, della nazione e dello stato italiani; voglio testimoniare il riconoscimento pieno della sofferenza e del rispetto, dovuti ma per anni taciuti, a quanti hanno visto le loro famiglie distrutte e la loro terra divenuta straniera. Basovizza è stata un abisso, l’emblema dolente dei lutti provocati dallo scatenarsi della furia ideologica e nazionalista che travolge ogni senso di umanità. Oggi però può e deve trasformarsi in luogo di rispetto e di riconciliazione. Una ricomposizione di intenti testimoniata dalla presenza del presidente Mattarella e dell’allora presidente sloveno Pahor, che a luglio del 2020 resero omaggio ai morti italiani delle diverse cavità carsiche e al cippo che ricorda i giovani antifascisti sloveni uccisi nel 1930 e che indica, nel processo unitario europeo, la strada della comune volontà di pace e democrazia. Si realizza così l’auspicio del Vescovo di Trieste e Capodistria e cioè che questo calvario di pietra costituisca una grande cattedra, che indica nella giustizia e nell’amore le vie della pace. E il confronto, il dialogo, la pace, il rispetto dei diritti siano gli obiettivi della formazione delle nostre scuole: sempre, e in particolare oggi, quando i fantasmi della guerra si sono di nuovo scatenati sul nostro continente. Dobbiamo conservare e rinnovare la memoria della tragedia delle migliaia di italiani uccisi e infoibati e delle centinaia di migliaia di nostri connazionali costretti a esodare dalle terre dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia nel secondo dopoguerra. Quelle tragedie sono state possibili perché l’ideologia ha misconosciuto la centralità della persona, e rinnegato i valori della democrazia. Proprio oggi che la violenza è tornata ad insanguinare terre d’Europa, è fondamentale ribadire come il rispetto verso ogni essere umano e lo stato di diritto siano i due decisivi baluardi contro ogni barbarie”.
La data del 10 febbraio per il Giorno del Ricordo è stata scelta e istituita con legge n.92 il 30 marzo 2004 e la scelta non è stata casuale. Infatti proprio il 10 febbraio 1947 furono firmati i trattati di Pace a Parigi. Con tale accordo si assegnavano l’Istria, Quarnaro, Zara e parte del territorio del Friuli Venezia Giulia alla Jugoslavia. I territori in questione erano stati assegnati all’Italia con il Patto di Londra, mentre la Dalmazia venne annessa a seguito dell’invasione nazista in Jugoslavia. Basovizza è una fra le più famose foibe. Insieme a Basovizza ricordiamo quella di Vines, in Istria, nella quale vennero recuperati, nel 1943, 84 corpi. Lo spazio volumetrico – indicato sulla stele al Sacrario di Basovizza in 500 metri cubi (poi ridotti a 300) – conterrebbe le salme degli infoibati: oltre duemila vittime. Si moriva o con proiettili d’arma da fuoco, di solito sparati al cranio; con precipitazione dall’alto con gli effetti che ne derivano: fratture multiple, commozione, shock traumatico grave, embolia. Il massacro delle foibe e l’esodo dalmata-giuliano degli italiani decretato da Tito, è un avvenimento che richiama diffuse e acute sofferenze. Oggi non possiamo dimenticarlo, né dobbiamo strumentalizzarlo. Ogni anno la scuola del nostro Paese e l’Italia intera diffusamente commemorano l’eccidio di migliaia di italiani nelle foibe e l’esodo di 350mila giuliano-dalmati fuggiti dalle persecuzioni del regime comunista jugoslavo. Questa triste pagine della storia non può e non deve essere dimenticata.
elgr