La Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la trans fobia
Il Ministero dell’Istruzione, nell’ambito dei principi nazionali e internazionali, chiede alle scuole, a tutti i suoi docenti, nell’ambito della propria autonomia didattica ed organizzativa, di creare occasioni di approfondimento con i propri studenti sui temi legati alle discriminazioni, al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Il curatore del Dictionnaire de l’homophobie, Louis-Georges Tin, ideò la prima giornata internazionale contro l’omofobia. Si celebrò il 17 maggio 2004. Il 17 maggio anche la scuola è chiamata a celebrare la Giornata contro l’omofobia, la bifobia e la trans fobia.
La Costituzione italiana, all’art. 3 sancisce: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali (…). Da tempo la scuola italiana si prodiga a favore di una scuola aperta, a favore di una scuola inclusiva. Il Ministero dell’Istruzione da decenni ormai mira a valorizzare la persona, sollecita alla cultura rispettosa in termini preventivi e per contrastare atti discriminatori e pratiche violente. Tutto questo impegno si pone in linea ai principi e ai diritti fondamentali sanciti a livello internazionale dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. In base a queste premesse, in occasione del 17 maggio, viene riservata speciale attenzione alla condizione delle realtà omofobiche , bifobiche e trans fobiche. Viene aborrito grandemente ogni atteggiamento pregiudiziale basato sull’orientamento sessuale. Il Ministero dell’Istruzione, chiede alle scuole, a tutti i suoi docenti, nell’ambito della propria autonomia didattica ed organizzativa, di creare occasioni di approfondimento con i propri studenti sui temi legati alle discriminazioni, al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, nell’ambito dei principi nazionali e internazionali. Fu il curatore del Dictionnaire de l’homophobie, Louis-Georges Tin, che ideò la prima giornata internazionale contro l’omofobia. Si celebrò il 17 maggio 2004. Allora erano passati 14 anni dalla decisione della rimozione dell’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali nella classificazione internazionale delle malattie, pubblicata dall’Organizzazione mondiale della sanità. Attualmente la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia, la transfobia (o IDAHOBIT, acronimo di International Day Against Homophobia, Biphobia, Transphobia), è promossa dal Comitato Internazionale per la Giornata contro l’Omofobia e la Transfobia. E’ riconosciuta dall’UE e dalle Nazioni Unite. Questa giornata, in tal senso dedicata, ha l’obiettivo di promuovere e coordinare gli avvenimenti in lungo e in largo; avvenimenti di sensibilizzazione e prevenzione per contrastare i fenomeni omofobia, bifobia, transfobia. «Il Parlamento europeo […] ribadisce il suo invito a tutti gli Stati membri a proporre leggi che superino le discriminazioni subite da coppie dello stesso sesso e chiede alla Commissione di presentare proposte per garantire che il principio del riconoscimento reciproco sia applicato anche in questo settore al fine di garantire la libertà di circolazione per tutte le persone nell’Unione europea senza discriminazioni; (..) condanna i commenti discriminatori formulati da dirigenti politici e religiosi nei confronti degli omosessuali, in quanto alimentano l’odio e la violenza, anche se ritirati in un secondo tempo, e chiede alle gerarchie delle rispettive organizzazioni di condannarli». La pederastia è cosa nota sin dal 1700 a.C. E’ nota come vero e proprio fenomeno fortemente ritualizzato e socialmente codificato tra maschi “poteva trattarsi di un rapporto anche erotico – pubblicamente riconosciuto – tra un uomo adulto detto erastes (traducibile come amante) ed un ragazzo più giovane chiamato eromenos (traducibile come amato), solitamente nell’età della prima adolescenza. La pederastia è stato un costume caratteristico dell’antica Grecia durante il periodo più arcaico e nell’età classica.. Strabone ne parla riportando gli scritti di Eforo di Cuma. L’usanza si sviluppò all’epoca della civiltà minoica (1700 – 1450 a.c.), nel “rituale del rapimento” di un ragazzo aristocratico da parte di un maschio adulto dell’aristocrazia guerriera, con il consenso del padre del ragazzo.” Il pederasta (philetor), conduceva l’adolescente (kleinos) in luoghi desertici o montuosi fuori dai centri abitati, dove trascorrevano insieme diversi mesi andando a caccia e “dormendo” assieme. Se il giovinetto, al termine del periodo di convivenza, si dimostrava soddisfatto di come l’adulto lo aveva trattato, cambiava il suo titolo da “kleinos” a “parastates”. In seguito, divenuto “colui che combatte in battaglia accanto all’amante” poteva vivere pubblicamente il proprio rapporto erotico amoroso”. Per il migliore funzionamento della società, pare, questo costume era importante; venivano, infatti, riconosciuti in tal modo i migliori per il buon andamento sociale. «Io non conosco maggiore benedizione, scrive Platone in Phaedrus nel Simposio (dialogo), per un giovane che sta iniziando il percorso della vita che l’aver un amante virtuoso… né parenti, né onore, né ricchezza, né alcun altro motivo è in grado di impiantare così bene [i semi della virtù] come l’amore… E se vi fosse solo un modo di escogitare che uno stato o un esercito potessero essere costituiti da coppie di amanti con i loro amori, sarebbero questi i migliori governatori della propria città, astenendosi da ogni disonore emulandosi l’un l’altro in onore; ed è poco esagerato dire che quando si trovassero a combatte da ogni lato, avrebbero di certo vinto/conquistato il mondo intero. In altre epoche, altra sorte è stata destinata agli omosessuali. Nel Novecento la tradizionale condanna dell’omosessualità, in particolare quella maschile, era stata formalizzata per il nuovo Stato unitario tedesco nel 1871 dal Paragrafo 175 del codice penale, che criminalizzava i rapporti sessuali tra uomini e li puniva con la reclusione. I Nazisti, nelle vesti di paladini della morale, intesero eliminare dalla Germania il vizio omosessuale. Un’azione necessaria per vincere la battaglia per la purezza della razza. Assunto il potere i nazisti intensificarono la persecuzione degli omosessuali. Vennero sciolte le organizzazioni omosessuali e seguì l’internamento di questi nei campi di concentramento. Deboli, effeminati, incapaci di combattere e di apportare un utile contributo alla nazione. Così vennero additati dalla opinione politica e sociale. L’ufficialità della svolta repressiva avvenne nel 1935. Nel 1935 furono fornite le basi giuridiche per la sempre più sistematica ed estesa persecuzione. “L’entità delle pene detentive, leggiamo in Scuola e memoria, venne inasprita e la categoria degli “atti considerati crimini contro la decenza e commessi tra individui di sesso maschile” fu ampliata in modo da includervi qualsiasi azione che potesse anche solo essere percepita come omosessuale, anche in assenza del rapporto sessuale. In seguito i tribunali stabilirono che la semplice intenzione o il pensiero fossero sufficienti a identificare tali atti. Nel 1936 il comandante delle Heinrich Himmler creò l’Ufficio centrale del Reich per la lotta all’omosessualità e all’aborto. Nel decreto costitutivo vi era scritto: “Le attività omosessuali di una non trascurabile parte della popolazione costituiscono una seria minaccia per la gioventù. Tutto ciò richiede l’adozione di più incisive misure contro queste malattie nazionali.” Gli anni dal 1937 al 1939 furono quelli di maggiore intensità della persecuzione. Si stima che nei dodici anni di regime nazista circa 100mila uomini furono arrestati con l’accusa di essere omosessuali e la metà di questi venne poi condannata dai tribunali. Alcuni furono gettati nelle galere, altri deportati nel lager. La castrazione veniva proposta in cambio della riduzione della pena. Gli omosessuali nei campi di concentramento subirono trattamenti disumani e terribili torture fisiche e psichiche. Vennero isolati e costretti ai lavori forzati con l’intenzione di provocare loro la morte quanto prima. Furono utilizzati per aberranti esperimenti clinici affinché si potesse trovare una sorta di “cura” per l’omosessualità. «Una volta una persona, dichiara Papa Francesco, in maniera provocatoria, mi chiese se approvavo l’omosessualità. Io allora le risposi con un’altra domanda: “Dimmi: Dio, quando guarda a una persona omosessuale, ne approva l’esistenza con affetto o la respinge condannandola?”. Bisogna sempre considerare la persona. Qui entriamo nel mistero dell’uomo. Nella vita Dio accompagna le persone, e noi dobbiamo accompagnarle a partire dalla loro condizione. Bisogna accompagnare con misericordia. Quando questo accade, lo Spirito Santo ispira il sacerdote a dire la cosa più giusta. Chi oggi cerca sempre soluzioni disciplinari, chi tende in maniera esagerata alla “sicurezza” dottrinale, chi cerca ostinatamente di recuperare il passato perduto, ha una visione statica e involutiva. E in questo modo la fede diventa una ideologia tra le tante. Io ho una certezza dogmatica: Dio è nella vita di ogni persona, Dio è nella vita di ciascuno. Anche se la vita di una persona è stata un disastro, se è distrutta dai vizi, dalla droga o da qualunque altra cosa, Dio è nella sua vita. Lo si può e lo si deve cercare in ogni vita umana. Anche se la vita di una persona è un terreno pieno di spine ed erbacce, c’è sempre uno spazio in cui il seme buono può crescere. Bisogna fidarsi di Dio». A scuola l’omosessualità non è più un tabù. Oggi anche le realtà scolastiche celebrano, su invito del Ministero dell’Istruzione, il 17 maggio, la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia. Tanti docenti, in questo vertiginoso processo innovativo culturale, promuovono negli studenti la conoscenza della diversità.
Emilio La Greca Romano