Scuola madre e matrigna
Dalla scuola fallimentare di Crepet a quella affettuosa di Bianchi. Dalla trasformazione digitale della didattica e dell’organizzazione delle istituzioni scolastiche, alla scuola dell’accoglienza, a quella d’estate, per il recupero delle competenze solidali e delle attività non strettamente disciplinari.
Mentre lo psichiatra e saggista Paolo Crepet addita la scuola come fallita poggiando il convincimento sulla maturità che promuove il 99% degli studenti, la scuola italiana informa, forma e svolge, in questo preciso momento, il compito di accoglienza. “E poi ci lamentiamo del concorso dei magistrati. Se ci adeguiamo alla digitalizzazione non useremo più nemmeno le falangi. La verità è che sarà la fine nostra, del nostro umanesimo. Saremo dei followers. Se qualcuno vuole questo, allora facciamo così. In tutti questi decenni passati, che abbiamo fatto? Non si vuole neanche fare più un esame di italiano? Il mio non è un ragionamento tecnico. Io da decenni lavoro per le famiglie. La scuola non è formativa, rimanda. Anche prima del covid era così“. Mentre la scuola saluta la lim che sostituisce coi monitor touch screen, a seguito di un finanziamento di ben 400milioni di euro e tutto cambia poiché ci si avvia sulla strada di una trasformazione digitale della didattica e dell’organizzazione delle istituzioni scolastiche, la scuola madre per alcuni, matrigna per altri, agisce nell’opera dell’accoglienza umanitaria. L’Università “Federico II” di Napoli, promuovendo il Manifesto per la pace, si dichiarò disposta all’accoglienza degli studenti esuli ucraini. Il rettore della Federico II, Matteo Lorito ebbe a dire: “Accoglieremo gli studenti russi e ucraini in fuga dalla guerra nei nostri corsi di laurea, a qualsiasi anno siano iscritti nel loro Paese”. L’Università partenopea ha disposto corsi gratuiti di lingua e cultura italiana per il conseguimento dei livelli A1 e A2. Rita Mastrullo, prorettore, così ha dichiarato: “Promuoviamo l’inclusione degli studenti profughi partendo dall’apprendimento linguistico. L’ateneo intende essere presente sul territorio per dare, a quanti sono costretti ad abbandonare il loro Paese, una risposta concreta, attraverso l’ospitalità, la formazione linguistica, il dialogo interculturale e la valorizzazione delle diversità. I corsi di lingua e cultura italiana, tenuti dagli esperti in didattica L2 del Centro Linguistico di ateneo, puntano a costruire un’identità culturale forte ed unita nella pace. Nell’attuale scenario internazionale, segnato da tragici eventi bellici, ci stiamo impegnando affinché gli studenti rifugiati in Italia e provenienti da diversi continenti possano integrarsi con le loro diversità culturali in primo luogo nella città che li ospita e nell’ateneo che li accoglie”. Altra faccia della medaglia riporta l’evento di Marsciano, un comune in provincia di Perugia. I bambini ucraini chiedono la mensa, ma il Comune risponde: “Non si può, devono presentare l’Isee”. Ecco, infatti, cosa scrive la Tecnica della scuola a riguardo: “A Marsciano, comune di 18 mila abitanti in provincia di Perugia, è polemica per il trattamento che l’Amministrazione Comunale ha deciso di riservare a tre bambini ucraini arrivati in questi giorni e inseriti nella scuola primaria. Le famiglie avrebbero chiesto anche di poter usufruire della mensa e del servizio di scuolabus, ma il Comune ha fatto presente che in tal caso è necessario presentare l’Isee. In mancanza di Isee la famiglia dovrebbe pagare il “prezzo pieno”, senza nessuna forma di esenzione. Il sindaco spiega che se i bambini fossero entrati in Italia come profughi di guerra potrebbero godere di qualche agevolazione, ma i tre piccoli ucraini sono arrivati a Marsciano perché le loro madri sono amiche di una donna ucraina che svolge il lavoro di badante nel paese umbro. Secondo il sindaco si tratta quindi di un “inghippo” burocratico che però potrebbe risolversi nei prossimi giorni. Ci permettiamo di osservare che ci sembra davvero paradossale che con le risorse assegnate in questi due anni ai Comuni e alle scuole per la gestione dell’emergenza non si riesca a coprire la spesa dei pasti caldi (si tratta di 50 giorni che restano fino al termine dell’anno scolastico) per tre bambini che stanno fuggendo dagli orrori della guerra”. Tutto questo avviene mentre il Ministero dell’Istruzione si adopera fattivamente per l’accoglienza. Il Ministro Bianchi riferisce che, fino ad oggi, in Italia sono arrivati 15.000 studenti ucraini: “Il numero riguarda soprattutto gli alunni tra i 3 e i 13 anni. I più grandi stanno seguendo le lezioni a distanza proposte dal ministero ucraino. La scuola italiana ha dimostrato ancora una volta grande accoglienza e i ragazzi hanno trovato serenità qui in Italia”. Non pone limite alla misura dell’accoglienza il Ministro Bianchi. Anticipa il prossimo da farsi: “Stiamo preparando gli esami di Stato e un grande programma per l’estate. L’anno scorso abbiamo lanciato un programma di scuola d’estate per il recupero delle competenze; il programma per la prossima estate punta ad insegnare ai nostri ragazzi la solidarietà attiva. Punteremo a creare una comunità con attività non strettamente disciplinari; disponiamo di risorse nostre ed europee, abbiamo quasi 50 milioni”. In merito poi all’accoglienza dei profughi ucraini, Patrizio Bianchi assicura che sin d’ora si sta lavorando anche per il prossimo anno scolastico e assicura che parte degli sfortunati alunni ucraini resteranno nel nostro Paese. “Stiamo lavorando alla riapertura della scuola l’anno prossimo, contando che una parte degli studenti ucraini rimarrà con noi e preparandoli al rientro nel loro Paese. Il 90% di chi è arrivato sono donne e ragazzi. La metà sono al nord Italia ma c’è una forte presenza a Napoli”.
Emilio La Greca Romano