Papa Francesco esorta al silenzio delle armi. La Scuola accoglie tanti Studenti profughi dall’Ucraina, fornisce contributi alla riflessione pedagogica e didattica; con l’umanità, cura anche le tante ferite dell’anima
Il Santo Padre fa sentire al mondo la sua voce da Piazza San Pietro, durante l’Angelus. Instancabile esorta al silenzio delle armi. E’ il momento che l’uomo abolisca la guerra prima ancora che la stessa guerra elimini l’uomo dalla storia. “Basta, ci si fermi, tacciano le armi, si tratti seriamente per la pace!” La Scuola italiana accoglie tanti Studenti profughi dall’Ucraina e fornisce contributi alla riflessione pedagogica e didattica delle scuole. La nostra scuola è capace di forme di insegnamento e di relazioni educative, sostiene nella crescita nuove generazioni e, quando purtroppo occorre, cura anche le ferite dell’anima. Non con la medicina, non con la terapia, ma con l’umanità, utilizzando gli strumenti della pedagogia e della didattica.
“È passato più di un mese dall’invasione dell’Ucraina, di questa guerra crudele e insensata, che rappresenta una sconfitta per tutti noi. C’è bisogno di ripudiare la guerra, luogo di morte dove padri e madri seppelliscono i figli, dove uomini uccidono i loro fratelli senza averli nemmeno visti, dove i potenti decidono e i poveri muoiono”. Lo sguardo del Papa poi si posa sui piccoli indifesi, costretti alla fuga a causa dei bombardamenti. “La guerra non devasta solo il presente, ma anche l’avvenire della società. Un bambino su due è stato sfollato dal Paese, significa distruggere il futuro e provocare traumi tra i più piccoli e innocenti. Ecco la bestialità della guerra, atto barbaro e sacrilego. Non può essere qualcosa di inevitabile, ha aggiunto, non dobbiamo abituarci e dobbiamo convertire lo sdegno di oggi nell’impegno di domani. Se da questa vicenda usciremo come prima saremo in qualche modo tutti colpevoli. Di fronte al pericolo di autodistruggersi, l’umanità comprenda che è giunto il momento di abolire la guerra, di cancellarla dalla storia dell’uomo prima che sia lei a cancellare l’uomo dalla Storia. Prego per ogni responsabile politico di riflettere su questo, di impegnarsi su questo e, guardando alla martoriata Ucraina, di capire come ogni giorno di guerra peggiora la situazione per tutti. Perciò rinnovo il mio appello: basta, ci si fermi, tacciano le armi, si tratti seriamente per la pace”. E mentre la Chiesa di Roma grida contro la violenza e la guerra, la politica scolastica considera la necessità e l’urgenza degli Studenti profughi dall’Ucraina. Il Ministero dell’Istruzione, infatti, si adopera nel fornire necessarie risposte pedagogiche ai tanti ucraini costretti alla fuga e a trovare riparo nella nostra terra. Ora più che mai, in questo momento di urgenza umanitaria, servono contributi alla riflessione pedagogica e didattica delle scuole. Lo scorso 4 marzo il Ministero è intervenuto per fronteggiare l’emergenza umanitaria in corso, con prime indicazioni concernenti l’accoglienza scolastica di quanti in età scolare sono in fuga dall’Ucraina devastata dalla guerra. Con modalità riflessiva e strutturata occorre adesso una linea d’indirizzo a garanzia di una giusta accoglienza di tanti studenti profughi nelle diverse istituzioni scolastiche. E’ chiaro che gli arrivi ancora continueranno e che la guerra in atto indurrà a una lunga permanenza nel nostro Paese. Sulla base di questa previsione che si colloca nella sfera di una sempre più probabile certezza, in considerazione di questi fini vengono dettati utili spunti di riflessione didattica e pedagogica delle scuole.
Documenti preesistenti di riferimento
Il Ministero dell’Istruzione ha affrontato sul piano educativo e culturale il fenomeno migratorio nelle scuole, fin dal suo sorgere. Diversi i contributi nel tempo elaborati per offrire suggerimenti organizzativi e didattici. Ultimo dei quali, il recente documento “Orientamenti interculturali”. Costante il richiamo al diritto-dovere all’istruzione di tutti i minori, la centralità dell’apprendimento linguistico, il coinvolgimento delle famiglie, la dimensione della partecipazione e quella interculturale del curricolo. Quest’ultima, in particolare, riguarda tutti i gradi di istruzione e sostiene il processo di interazione tra soggetti con lingue e culture diverse al fine di promuovere, nei contesti educativi, il dialogo e la reciproca crescita umana. Ai richiamati Documenti, riportati nella sitografia di cui al paragrafo “Materiali”, dirigenti scolastici ed insegnanti possono utilmente attingere anche nell’emergenza che la guerra impone ora.
Declinare l’accoglienza nelle nuove situazioni
La scuola italiana ha tradizioni consolidate di accoglienza, tuttavia ogni storia si presenta con caratteristiche proprie e il mondo di oggi non è quello delle guerre degli anni Novanta del secolo scorso. Non è più lo stesso neppure di quando i bambini di Chernobyl, più o meno nel medesimo periodo, arrivarono nel nostro Paese per liberarsi, per quanto possibile, dalle conseguenze del fallout nucleare. Diversa è la condizione degli attuali profughi ucraini. Occorre dunque riflettere sulle novità delle situazioni che oggi si presentano, adattando gli strumenti elaborati in passato e predisponendone ulteriori. Il mondo digitale consente di accedere a molteplice documentazione didattica e, al tempo stesso, di fare memoria dell’attività scolastica in corso di svolgimento. L’antica regola educativa del “volgere il male in bene” suggerisce di cogliere l’occasione tristissima di questo esodo di inermi, per fare memoria di ciò che la scuola fa e farà per accoglierli. Testimonianze, documentazioni, riflessioni, scambi, generano cultura e sono risposte alla guerra che preparano alla pace.
Tempi per l’agire delle scuole
Chi scappa dai bombardamenti non ha tempo e condizioni per portare con sé nulla di materiale, al massimo una valigia e i bambini un giocattolo. L’abbandono precipitoso che la guerra provoca, al contrario, porta con sé tante “perdite”. La perdita dei luoghi e delle attività usuali; delle relazioni familiari e sociali; l’abbandono delle figure maschili, in questo caso rimaste in Patria per combattere; violenza e lutti. Fra chi scappa, minori affidati a figure parentali già presenti in Italia, separati da entrambi i genitori, oppure arrivati soli, consegnati a adulti sconosciuti per passare la frontiera. Altro aspetto da tenere presente: la stragrande maggioranza dei profughi è intenzionata a tornare, appena possibile, nei propri precedenti luoghi di vita. Alla propria terra. Fra i molteplici interventi necessari, l’insieme di queste condizioni rende centrale l’azione sommativa della cura, “riparare i viventi”. L’afflusso di profughi dall’Ucraina è caratterizzato, al momento, da tre elementi principali: drammaticità della situazione a fondamento della fuga; repentinità (alcuni milioni di profughi in una ventina di giorni); temporaneità dell’esodo (almeno in termini di speranza personale). Per queste caratteristiche, con prima sommaria e provvisoria valutazione, ad ora paiono potersi suggerire tre distinte scansioni temporali per l’agire delle scuole: – una prima fase di “tempo lento per l’accoglienza”, fino alla conclusione di questo anno scolastico, volta primariamente alla ricomposizione di gruppi di socializzazione, all’acquisizione di prime competenze comunicative in italiano, all’affronto dei traumi e, per quanto possibile, a dar continuità ai percorsi di istruzione interrotti; – una seconda fase di “consolidamento e rafforzamento”, anche con la collaborazione delle comunità territoriali, mediante patti di comunità, nel periodo estivo; – una terza fase di “integrazione scolastica”, nell’a.s.2022/2023, con modalità diversificate in relazione ai contesti particolari e alle condizioni generali che si realizzeranno, al momento ancora in gran parte ignote.
Pedagogia dell’emergenza e pedagogia interculturale
La pedagogia dell’emergenza offre risposte flessibili, tempestive, centrate sui bisogni reali. L’esperienza maturata dalla scuola italiana e dalla ricerca educativa nelle emergenze e nelle catastrofi più recenti è punto di riferimento per intervenire, sul piano strategico-funzionale, nelle diverse dimensioni del fare e dell’essere scuola. A livello organizzativo sarà necessario raccordarsi – nell’ottica del lavoro di rete e della co-progettazione – con le iniziative che i territori stanno realizzando in risposta alle sfide dell’accoglienza. L’emergenza, inoltre, sollecita le scuole a individuare linee di azione e dispositivi coniugati con quanto la pedagogia interculturale ha definito in merito a inserimenti scolastici, apprendimenti linguistici e successo formativo di alunni neoarrivati in Italia. Sul piano delle relazioni educative, per sostenere la capacità di attraversamento del dolore (resilienza), soprattutto in età minorile, occorrono figure adulte coinvolte empaticamente, disposte all’ascolto, capaci di ri-significare i percorsi di apprendimento e di studio come strumenti per riprendere in mano “le redini” della propria vita. L’insegnante – così come il mondo adulto della scuola e quello con essa cooperante – è necessario sia “tutore della resilienza”, non soltanto in relazione al portato traumatico, allo stress dei soggetti, ma anche all’esperienza di shock culturale e linguistico. Gli apprendimenti e i processi di socializzazione andranno dunque agiti in una direzione che accolga al contempo le proposte delle pedagogie dell’emergenza e interculturale. Queste, specie negli ultimi anni, hanno cercato di rispondere alle urgenze della realtà individuando modalità per costruire percorsi inclusivi degli studenti e anche, a questo fine, il benessere loro e delle loro famiglie.
La regola della ponderazione
Soprattutto nell’emergenza, lo spontaneo impulso all’aiuto va governato con la ponderazione delle azioni da compiersi. Ponderare non significa ritardare l’essenziale, quanto piuttosto assumere le determinazioni necessarie avendo contezza degli effetti. Si tratta dunque di bilanciare benefici e rischi. È questa la regola fondamentale, ad esempio, nel primo soccorso. Non tutto quello che “pare giusto”, effettivamente fa il bene dell’altro. Per questo motivo va adottata, ad intra, la consueta regola di elaborare in sede di Collegio dei Docenti i progetti di accoglienza, come pure di coinvolgimento dei Consigli di Istituto in relazione, ad esempio, all’eventuale svolgimento di iniziative extrascolastiche correlate all’emergenza. Ad extra, invece, occorre che i raccordi con le diverse istituzioni territoriali (Regioni, Prefetture, Protezione civile, Enti Locali, Servizi sanitari) siano assicurati dagli Uffici scolastici regionali, per il tramite delle Direzioni generali, a livello regionale, e degli Uffici di ambito territoriale, a livello provinciale.
Materiali
In coerenza con i fini educativi richiamati, a corredo della presente, si offrono materiali che le istituzioni scolastiche potranno valutare, modificare e integrare, sulla scorta del “proprium” delle diverse comunità professionali e delle concrete situazioni di contesto che si realizzeranno nell’accoglienza dei profughi. I materiali, a breve disponibili nella sezione “Emergenza educativa Ucraina” in fase di allestimento nel sito istituzionale, riguardano: – una prima raccolta di spunti utilizzabili dai Collegi dei Docenti per l’elaborazione dei progetti di accoglienza. La raccolta non è ovviamente esaustiva, né pretende di affermare “verità” pedagogiche o didattiche indiscutibili: nulla di ciò che abbia ad incontrare la realtà dell’essere umano, soprattutto se in età evolutiva e con vissuti traumatici, è indiscutibile; – un primo elenco di siti internet in cui le scuole potranno reperire informazioni – ad esempio quelle relative al sistema scolastico in Ucraina – e materiali per l’alfabetizzazione e il supporto a quanti abbiano vissuto esperienze traumatiche in situazioni di emergenza. Ulteriori note saranno emanate a seguire, in relazione all’evoluzione del conflitto e a quesiti specifici che dovessero pervenire dalle istituzioni scolastiche. In conclusione, merita sottolineare ancora una volta l’importanza dell’accoglienza e dell’inclusione degli studenti profughi nelle nostre comunità scolastiche e delle loro famiglie nella società civile. Le ferite del corpo sono visibili e richiamano immediatamente l’ospedale e le cure. Le ferite peggiori, tuttavia,sono quelle che non si vedono ad occhio nudo. La scuola è luogo in cui, attraverso molteplici forme di insegnamento e di relazioni educative, si crescono nuove generazioni e, quando purtroppo occorre, si curano le ferite dell’anima. Non con la medicina, non con la terapia, ma con l’umanità, utilizzando gli strumenti della pedagogia e della didattica.
Intanto, nelle ultime ore, le truppe russe si ritirano in Bielorussia. I tedeschi valutano lo scudo antimissile. I mediatori di Kiev e Mosca da Erdogan tentano di trovare una soluzione alle crisi. Mosca, secondo l’esercito ucraino, trasporta missili in Bielorussia e ritira le truppe per ripristinare la loro capacità di combattimento, mentre Biden chiarisce che non ha chiesto il cambio di regime in Russia. Non cessano i venti di guerra, trovino sollievo i tanti Studenti profughi dall’Ucraina nel cuore dell’Italia.
Emilio La Greca Romano