In particolari condizioni il tessuto ghiandolare delle mammelle maschili può proliferare e aumentare di volume, fino ad acquisire l’aspetto proprio di un seno femminile. Questo fenomeno viene indicato con il termine ginecomastia. Talvolta l’accumulo di tessuto adiposo a livello mammario può essere scambiato per una ginecomastia vera e propria. Questo fenomeno viene definito pseudo-ginecomastia.
Sebbene non costituisca un pericolo per la salute, la ginecomastia può causare disturbi di carattere psicologico, legati all’alterazione dell’aspetto fisico del proprio corpo.
Una parte consistente di tutti i casi di ginecomastia, pari a circa il 20%, è di natura iatrogena, cioè dovuta a farmaci. Fra i principi attivi noti per causare con maggiore frequenza una ginecomastia ci sono gli estrogeni esogeni, gli antiandrogeni, gli inibitori dell’enzima 5alfa-reduttasi, lo spironolattone e la cimetidina. Altri esempi di farmaci che possono indurre ginecomastia sono gli inibitori delle proteasi utilizzati nella terapia antiretrovirale (saquinavir o lopinavir), gli antipsicotici (aloperidolo), diversi chemioterapici (metotrexato o ciclofosfamide) e prodotti di origine naturale contenenti fitoestrogeni (per esempio il latte di soia). Recentemente si sono identificati alcuni casi di ginecomastia associati a due farmaci per i quali il disturbo non era noto o ancora poco documentato: rosuvastatina e tamsulosina.
Qualora si sospetti una ginecomastia indotta da farmaco, è opportuno sospendere la terapia in corso o la sostituzione del farmaco sospetto. La ginecomastia iatrogena è generalmente reversibile entro 6 mesi-1 anno. Se la sospensione del farmaco non fosse attuabile, può essere presa in considerazione la possibilità di iniziare una terapia a base di tamoxifene 20mg al giorno.