C’è stata grande tempesta di vento e il mare ha infranto le sue onde sulla barca scuola. Il contesto scolastico ha cavalcato la tempesta in questi due anni di Coronavirus. I dettati normativi, spesso scriteriati, hanno indotto la scuola verso rotte non certe, complesse, insicure. L’istituzione era una imbarcazione già colma di falle, diffuse norme si sono infrante sulle sue fiancate, provocando spesso maggiori danni. E’ mancata una ventata di favore, d’intervento strutturale. Nulla è mutato in meglio. Dall’innovazione sterile e inopportuna dei banchi a rotelle si è passati al movimento allegro moderato dei valzer eterogenei di aperture e chiusure, alle modalità della pratica didattica in e senza presenza, alle decisioni monolaterali a bruciapelo. Da annus horribilis, nella favola d’una estate, confortati dalla speranza, ci orientiamo a un annus mirabils, malgrado la preoccupante minaccia varianti. Dai cumuli di macerie può nascere un fiore. Auspichiamo nell’esodo, senza più chiusure e restrizioni, con la speranza del conforto che concede coraggio nella sofferenza. Restiamo fiduciosi nella ripartenza e nella rinascita della scuola, come ripresa d’un veliero ruggente nell’opera delicata e audace di risalire il vento, nel moto ondoso del mare convulso. Patrizio Bianchi, il sognatore, nostro capocordata, modella nel suo pensiero la scuola della condivisione e della socialità, dove la parola normalità richiama la lezione in presenza, senza disconoscere i dovuti meriti alla DAD, la custodisce a portata di mano, come monile funzionale utile all’occorrenza. Vuole una scuola aperta e interconnessa, capace di abbattere muri e vivere spazi di socialità, una fabbrica di sapere e saper fare che sappia scrivere, capace perciò di controllare la parola, ma pure d’usare video, immagine, suono e musica.
E poi si dice nell’attesa fiduciosa di un evento gradito, fatto riconoscibile di una nuova normalità, di decoro, di un Paese conscio, più di quanto lo è, capace di misurare i limiti propri, ma anche di guardare le sue capacità. Scuola, centro della comunità nazionale, questo è il sogno dell’attempato prof. Bianchi, così tutta la vuole, ove non solo la sicurezza dei corpi è garanzia, ma delle persone, così fatta larga vuole la sicurezza, così fatta diffusa e condivisa. “Quindi io non mi auguro di tornare alla normalità pre pandemica, dice Patrizio Bianchi, ma di costruire una nuova normalità, che sia per tutti, in cui tutti i ragazzi del nostro Paese, in qualsiasi posto abbiano avuto le proprie origini, sentano di avere gli stessi diritti e sentano di diventare anche portatori degli stessi doveri. Sarà una presenza diversa dal passato, in cui finalmente potremo apprezzare di più la condivisione e la socialità. Sarà una normalità in presenza in cui però useremo tutti gli strumenti perché non si butta via quello che abbiamo fatto”. La Delta sta crescendo. E’ questo il destino di tutti i virus come il Sars-CoV-2, ad Rna, predisposti a modificare il proprio genoma. Manteniamo ancora pezze sulle bocche al chiuso, non facciamo assembramenti, prestiamo attenzione e camminiamo verso settembre vaccinati, con linde mani e fieri di due dosi, con la speranza appesa al cuore.
Emilio La Greca Romano