EPIGRAFE
Coloro che trattarono le scienze furono o empirici o dogmatici. Gli empirici, come le formiche, accumulano e consumano. I razionalisti, come i ragni, ricavano da se medesimi la loro tela. La via di mezzo è quella delle api, che ricavano la materia prima dai fiori dei giardini o dei campi, e la trasformano e la digeriscono in virtù di una loro propria capacità. Non dissimile è il lavoro della vera filosofia che non si deve servire soltanto o principalmente delle forze della mente; la materia prima, che essa ricava dalla storia naturale e dagli esperimenti meccanici, non deve essere conservata intatta nella memoria, ma trasformata e lavorata dall’intelletto. Così la nostra speranza è riposta nell’unione sempre più stretta e più santa delle due facoltà, quella sperimentale e quella razionale, unione che non si è finora realizzata.
(F. Bacone,“La grande instaurazione” )
Ed anche per te, maestro Bacone, figlio di Nicolas, della città di Londra, che obbedendo alla natura te ne facesti fece signore, canterò il mio canto ed … anche se della tua patria lontana poco mi mosse ed ancor meno nella storia mi convinse quel vostro tal superbo “splendido isolamento” che tanto costò ed ancora costa a voi oggi, pure verrò, maestro, alla tua parte e “obbedendo” a colei che in Itaca attende da tempo leggendo alle mie “nugae” assegnando un futuro, alzerò il mio canto e tra le “brume caliginose” della tua vita tenterò con il tuo pensiero la mia epistola e sarà tutta sincera. E se poi, maestro, ad inseguire le lusinghe del potere, sovente affermavi, ti piegavi non per volgare arricchimento ma sol per attendere meglio alla “quiete” degli studi, pure tutte le “provasti” e fosti della Corona prima avvocato e poi Lord Guardasigilli ed infine con il titolo di visconte di Sant’Albano Cancelliere del regno e “compagno” di quel tal primo ministro che per corruzione rovinando, addosso ti procurò la “grave” accusa che in carcere ti chiuse “fin che piacesse al re” e … dove, in quella tenebrosa torre buia, che, in verità, solo pochi giorni ti tenne, io verrò, maestro, e volentieri mi farò tuo discepolo fedele perché se… la politica ti impose talvolta di“mancare” non mai però mancasti a quella scienza che volesti “nuova e potente” solo per l’uomo servire cavandone quel “sogno di dominio” sulla natura che avanzando ancora dura, ma forse oggi a … dismisura!
Un sogno, maestro, il tuo di“dominio” assoluto sulla natura che raccolto nel tempo dal superbo “ottimismo” di quel tal movimento che in Francia ebbe il padre, fece di te il suo primo più alto “cantore”, anche se, in verità, quei tanti appelli alla saggezza che frequenti si incontrano nelle tue opere sembrano già allora sollevare qualche dubbio, ma non erano certo i tuoi tempi i miei tempi e Kant con il suo imperativo categorico “agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo” non era ancora venuto e così tu, maestro Bacone, alla fatica ed al dolore, che rendeva l’uomo schiavo, gli opponesti la “potenza ” della scienza!
E fu così che nel segreto – l’opera fu pubblicata postuma- vagheggiando con toni spesso trionfalistici e solenni quella “Nuova Atlandide” che sarebbe venute e che la “scienza” con le sue invenzioni sempre più meravigliose avrebbe resa prospera e felice, alimentasti quel tuo sogno ambizioso di dominio sulla natura per il quale tu, maestro Bacone, in quel freddo inverno inglese dell’anno 1626, sotto la neve sperimentando, offristi la tua stessa vita!
Un sogno, al tuo tempo, che ancora acerbo portò sicuramente, maestro, frutti alla tua società ancora forse troppo sottomessa alla fatica, al dolore ed all’ignoranza, ma non più oggi, dove la “scienza” fattasi da tempo “tecnoscienza” ha abbandonato, maestro, quella tua laboriosa “casa di Salomone”, il cui nome con la saggezza ne dichiarava i confini da tenere e fattasi superba ed arrogante ha invaso ogni angolo della nostra casa e della nostra vita, occupando tutte le nostre città e mettendo in acuta sofferenza la nostra stessa, unica “madre terra”, e non più oggi, maestro, è la domanda se a beneficio nostro è la scienza ma se la “natura” della salvezza ci farà “ammenda”!
“Sapere è potere” usavi dire, ed eri sincero, maestro Bacone, e per davvero tu credevi che la scienza avesse potuto un giorno costruire un mondo migliore, ma, ahimè, con il tempo complice l’ingordigia umana i suoi “frutti” si son fatti sempre più velenosi, ma, come abbiamo già più volte scritto, questi miei tempi non furono i tuoi e tu, maestro, alla tua epoca fosti grande e come radical “castigatore” di quella antica, “verbosa e sterile” logica aristotelica, tu per primo apristi alla scienza un cammino “nuovo” che più non si e fermato! Ed è per questa tua nuova scienza che sognasti, maestro, che, pure oltre il mio tempo che mi inquieta, io dovrò venire e da discepolo apparecchiandomi partirò tuttavia da quella tua prima irriverente, aspra opera giovanile “Temporis partus masculus” ossia “Il parto mascolino del tempo” in cui chiamando alla sbarra i due “principi” del pensiero antico, ai quali non lesinasti per Platone epiteti del genere di“sfacciato cavillatore” o di“delirante teologo” e per Aristotele di “cavilloso chiacchierone” o “feccia scolastica”, tu ti scagliasti violentemente contro la tradizione e quel “principio di autorità” che, a tuo giudizio, aveva imbalsamato per secoli la ricerca rendendola sterile ai bisogni “reali” della società e rivendicando una nuova, più superba libertà, proclamasti che era giunto il tempo di fondare su nuovi basi, una nuova “scienza”, che finalmente si rendesse per le sue invenzioni “utile” agli uomini ed atta a costruire quella “Nuova Atlantide” dove un gruppo di scienziati e fu questa la tua “rivoluzione”, interrogando secondo le sue leggi la natura l’avrebbe costretta a svelarsi e quindi di conseguenza a sottometterla, chè, e non sembri un paradosso, “la natura” scrivevi, maestro, “la si vince solo obbedendola”!
E fu così che, in quella tua’“Instauratio Magna”(La grande Instaurazione), tracciando le linee di quel tuo grande progetto di rinnovamento radicale di tutto il sapere del tuo tempo, tu ti ergesti di quella rivoluzione scientifica,maestro, il signore ed il primo se non l’unico padre dell’”empirismo” moderno. Scrivevi in verità “fa parte del nostro progetto che tutto venga esposto con la massima franchezza e chiarezza possibili. Infatti la nudità dell’animo, cosi come un tempo quella del corpo, è compagna dell’innocenza e della semplicità. Cominceremo dunque con l’esporre l’ordine e il piano di quest’opera. Di essa abbiamo stabilito sei parti”, anche se poi, ma bastarono, ne componesti in verità solo due. La prima parte, come tu stesso affermi, fu una “summa ovvero una descrizione universale della scienza o della dottrina che è già in possesso del genere umano” ovvero una sorta di embrionale, prima idea di “enciclopedia”, quella che poi verrà con l’illuminismo e sarà opera “magna” , in cui elencando le tre umane facoltà della memoria, della immaginazione e della ragione in ordine associate alle scienze storiche a quelle poetiche ed infine a quelle filosofiche, farai una prima classificazione del sapere e delle sue “mancanze”. Nella seconda parte, assolutamente la più innovativa e che a dispetto di Aristotele titolerai “Novum Organon” ovvero un nuovo “Strumento”, trattando “della dottrina del migliore e più perfetto uso della ragione nell’indagine sulle cose” farai, per il tuo nuovo, rivoluzionario “metodo” l’uomo il vero, unico dominatore della natura. E sarà quel il tuo nuovo metodo che opponendosi al vecchio, infecondo metodo “deduttivo” decisamente “inutile all’invenzione delle scienze” tu chiamerai “induttivo” e che facendo tesoro della tua“baconiana” idea di induzione che non è, come tu stesso affermi, la semplice “enumerazione” dei casi ma la ricerca assai più sottile della “forma”. Ma sentiamo dalla tua “Instauratio” le tue parole:“noi pensiamo infatti che l’induzione sia quella forma di dimostrazione che sostiene il senso, stringe da presso la natura ed è vicina alle opere, quasi mescolandosi con esse …finora però il procedimento era questo: dal senso e dai particolari si volava ai principi più generali …metodo, questo, senza dubbio molto rapido, ma precipitoso, inadatto a condurci alla natura e invece adatto e favorevole alle dispute. Secondo noi, invece gli assiomi devono ricavarsi insensibilmente e gradatamente in modo da giungere solo in ultimo ai principi generali… dobbiamo quindi apportare grandissimi cambiamenti anche alla forma stessa dell’induzione e al giudizio che per mezzo di essa si compie. Infatti quell’induzione di cui parlano i dialettici, e che procede per semplice enumerazione, è qualcosa di puerile … ed essa coglie soltanto i fatti consueti e non perviene a una conclusione. Alle scienze è necessaria invece un’induzione di forma tale da risolvere e analizzare l’esperienza e concludere necessariamente mediante legittime esclusioni ed eliminazioni”. Una “induzione” nuova dunque che come avvisa lapidario l’incipit del tuo“Novum Organon”, comanda che “l’uomo, ministro e interprete della natura, operi e intenda solo per quanto, con la pratica o con la teoria, avrà appreso dell’ordine della natura” chè solo “la natura non si vince se non obbedendo a essa, e ciò che nella teoria ha valore di causa, nell’operazione ha valore di regola”.
Ed anche se, continui, maestro, noi moderni siamo dei “nani su spalle di giganti” possiamo però, per stare più in alto, guardare più lontano e facendo tesoro di questa tua nuova “induzione” avanziamo e come tu ci insegni,maestro, prima, ed è questa del cammino della nuova scienza che verrà la prima parte, passando per quella che tu chiamerai la “pars destruens”ovvero lo smascheramento e eliminazione di tutti, tu li chiamerai, quegli“idola” ovvero, idoli, pregiudizi e “false nozioni che hanno invaso l’intelletto umano gettandovi radici profonde” e che impedendoci di vedere le cose così come sono ostacolano il cammino della scienza che ha da essere invece “oggettivo e rigoroso” che basato, e sarà del tuo “Novum Organon” la seconda parte, quella che tu chiamerai “pars construens” ovvero dottrina delle “tavole”,sulla progressiva, metodica sperimentale selezione del “fenomeno” da osservare, porterà a formulare quella prima, provvisoria“ipotesi”, che chiamerai la “prima vendemmia” e la quale se confermata poi dall’”esperimento” che tu, maestro, definivi “il connubio delle mente con l’universo” il solo capace di generare “una prole numerosa di invenzioni e strumenti atti a domare e mitigare almeno in parte le necessutà e le miserie degli uomini” e che confermato si farà “istanza prerogativa” quindi“legge universale”.E finalmente a differenza di coloro che “furono o empirici o dogmatici. Gli empirici, come le formiche, accumulano e consumano. I razionalisti, come i ragni,ricavano da se medesimi la loro tela” noi saremo “la via di mezzo, quella delle api, che ricavano la materia prima dai fiori dei giardini o dei campi, e la trasformano e la digeriscono in virtù di una loro propria capacità. Non dissimile è il lavoro della vera filosofia che non si deve servire soltanto o principalmente delle forze della mente; la materia prima, che essa ricava dalla storia naturale e dagli esperimenti meccanici, non deve essere conservata intatta nella memoria, ma trasformata e lavorata dall’intelletto. Così la nostra speranza è riposta nell’unione sempre più stretta e più santa delle due facoltà, quella sperimentale e quella razionale, unione che non si è finora realizzata” ma che noi ora grazie al nuovo“metodo” finalmente, maestro, realizzeremo, non più, scriverai, interessandoci come gli antichi “uomini divini” noi moderni “uomini comuni” di sapere se e come la nostra anima sarà “specchio del mondo” quanto piuttosto e come potremo piegare e “sfruttare” a beneficio nostro queste nuove conoscenze. Conoscenze ed è questo, maestro, il punto, che avanzando e sempre più prepotentemente sono davvero tutte venute e le sue invenzioni sempre più terribili e meravigliose hanno la “scienza” trasformata in “tecnoscienza” ovvero in quel biblico mostro “leviatano” che tutto divorando ogni cosa annichilisce e rende vana e come lo “stomaco” di colui in Roma per il suo discepolo imperatore si tolse la vita, “quand’è affamato non sente ragioni,non si placa con l’equità né si lascia piegare dalle preghiere”. Così per noi, oggi, maestro Bacone, è venuto il tempo in cui non più ci interroghiamo, come era “cosa buona e giusta” al tuo tempo come sollevare le miserie umane, ma quanto durerà ancora la nostra “casa” e resisterà questo nostro tempo “malato” se … tosto, come al divin poeta, anche a noi, non ci converrà di ”tenere altro viaggio… se se “vogliamo” campar d’esto loco selvaggio”. E chissà raccogliendo di contro di quel tal autore di “L’uomo a una dimensione” che, tuonando contro l’operosa oggi globale etica capitalistica delle “mani febbrili”, invocava viceversa che era arrivato il tempo di far “tacere Prometeo” e quella sua prima favilla e … di tornare invece nuovamente a quel tempo di quando la scienza non si era ancora fatta arrogante e in quelle notti di luna piena con gli dei “danzavano” ancora gli uomini, di quando ancora …un dio “straniero” battendo il suo piede faceva tremare l’Olimpo e con il canto rapito delle sue “baccanti” nascevano i … poeti!
Questo, maestro, il mio epigramma per te:“A te, maestro Bacone, che al tuo tempo sognasti una “Nuova Atlandide”,levo il mio canto levo e piango!
Questo, maestro, nel dicembre che non mi assomiglia, il Corona virus, l’amore e la sua meraviglia … il fiore che ti porto!
Chiusa nelle ore meridiane del giorno di domenica 20 dicembre 2020
P.S.
Con questa ultima epistola dedicata a Bacone chiudo la mia “incursione” nella filosofia moderna e come già han “fatto petto de le spalle” del divin poeta gli indovini, ruoto anch’io la testa e torno dalla prossima epistola a interrogare quel medioevo meraviglioso che ai miei studi giovanili fu il tempo mio migliore!
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