Ed eccoci qui, in questo lembo di terra che respira sempre più piano.
Siamo in pandemia, in zona rossa, ma qui sembra arrivare soltanto l’eco delle voci di questo periodo storico.
Siamo nella pancia della Campania, o forse tra le sue budella.
Non siamo né carne né pesce, non siamo giovani ma non siamo nemmeno così vecchi.
Le nostre piazze una volta erano piene di vecchi che addomesticavano la salute, accarezzando le pance dei gatti randagi.
Ora quei vecchi continuano a uscire ogni tanto, comprando un pacco di sigarette, qualcosa all’alimentari al centro del paese, e sperano con tutto il cuore di incontrare altri vecchi come loro, per accarezzare insieme le pance dei gatti randagi.
I giovani, che sono rimasti in questo lembo di terra o che sono tornati per la quarantena, respirano ancora più piano, boccheggiano come i pesci.
Crocifissi in un luogo in cui vivono a metà: se sono rimasti in una grande città del Nord, i giovani vivono scissi, rischiando di trascorrere il Natale in un luogo che non è casa; se sono dovuti tornare al paesello, vivono come bestie in gabbia, non sapendo quando potranno tornare a vivere la vita “vera”, fatta di studi, lavori e opportunità che “giù” non esistono.
In ogni caso, si vive comunque scissi, a metà e con le ali rosicchiate da qualcosa, che ci portiamo dentro dalla nascita.
Noi che siamo qui, in questa terra di frontiera, non riusciamo a sentirci sulla “stessa barca” di nessuno.
Mal comune mezzo gaudio, si dice.
Cosa c’è di comune, qual è il gaudium che ne deriva? C’erano un sacco di storture e problemi già da prima, e questa pandemia non ha fatto che spaccare dalle fondamenta un territorio dissestato come il nostro.
Lavoro o salute, il dubbio amletico su cui si fonda il Meridione.
Noi siamo quelli a cui non frega niente degli impianti sciistici, delle case in montagna e delle settimane bianche.
Le polemiche nazionali, ci sfiorano come un venticello lontano, di quelli che avverti appena quando passi vicino al fiume Calore.
Settimane bianca? Sembra la stessa solfa, trita e ritrita, delle discoteche in estate.
Noi non siamo il popolo delle settimane bianche, delle discoteche e delle case in montagna.
Siamo un popolo che fa sacrifici da sempre, e che cerca di farne ancora di più, per un “bene comune”.
Vedo gente mettere sul piatto tutto il poco che ha.
Vedo gente privarsi di tanto, forse di tutto. Vedo gente che non vede mai nessuno, perché qui ci sono anime dimenticate, bistrattate dalla Storia con la S maiuscola, come direbbe la Morante, ma comunque “salve”.
Perché è nella loro semplicità e bruttezza che c’è lo spirito di un popolo, che vive una microstoria nelle maglie di una macrostoria nazionale, e lo fanno con le loro nocche sporche, con tutti i loro limiti e anche, spesso e volentieri, non capendoci molto.
Se avete altre storie di “anime salve”, scrivetemi pure.
(immagine: paesifantasma.it)