In occasione del tre centenario della nascita di Giovan Battista Piranesi, l’Istituto Centrale della Grafica, a due passi da Fontana di Trevi a Roma, fino al 31 gennaio prossimo gli dedica non a caso una gran grande mostra . Il comune di Capaccio, chora pestana, intende dare un contributo per onorare la memoria del grande artista che si occupò a lungo dell’area archeologica di Paestum e che gli ha intitolato uno straordinario, maestoso e funzionalissimo Istituto Liceo Scientifico, di cui si parla diffusamente in un mio servizio giornalistico qui di seguito riportato:
PAESTUM:
GIOVAN BATTISTA PIRANESI
E LA MEMORIA STORICA
Sono stato di recente al Museo del Grand Tour di Capaccio, per presentare il mio ultimo libro: TERRE D’AMORE: CILENTO E COSTA D’AMALFI. E’ stata una bella e gradevole occasione per visitare l’enorme patrimonio di arte e di cultura conservato nel bel convento, che mi ha accesso fotogrammi di memoria della infanzia lontana. Ho simpatizzato con le sorelle Di Bartolomeo, Daniela, direttrice del Museo, e Filomena, docente di lettere al Liceo Scientifico di Capaccio Scalo, che porta il nome del grande pittore/incisore Giovan Battista Piranesi. E proprio sul noto Maestro è caduto il discorso, che ci ha portato ad ipotizzare la creazione di un premio di poesia e pittura, a lui dedicato, dal titolo originale e coinvolgente “PAROLE COLORATE” o “COLORI DI PAROLE”. Mi sono ricordato di aver dedicato al Maestro un articolo, in occasione della pubblicazione della bella biografia di Pier Luigi Panza, che coincise, tra l’altro, con l’inaugurazione del nuovo edificio del Liceo Scientifico. Risale ad alcuni anni fa. Ma è ancora attualissimo, fatta, ovviamente, la tara di alcuni nomi che non rivestono più gli incarichi dell’epoca. Ma la sostanza non cambia, così come non cambia la validità delle proposte. Pertanto lo ripropongo integralmente qui di seguito. Dopo un impegno ultraventennale con una coda polemica finale, come è nelle tradizioni delle nostre zone, il nuovo Liceo Scientifico di Capaccio Scalo è una realtà. Si attende solo, a breve credo, l’ufficializzazione dell’apertura con una manifestazione pubblica e solenne. Per una di quelle felici coincidenze del destino è in libreria da poche settimane la biografia di Giovan Battista Piranesi, il tormentato e geniale architetto/incisore, a cui l’istituto è intitolato. La bella pubblicazione del bravo e prestigioso collega, firma autorevole del Corriere della Sera, Pierluigi Panza, ha per titolo “La croce e la sfinge- Vita scelerata di Giovan Battista Piranesi” – Edizioni Bompiani. Non credo siano molti nel nostro territorio a conoscere l’artista, che lasciò all’Italia e al mondo le belle incisioni dei templi di Nettuno, di Era (la basilica) e di Cerere. Vorrei tanto sbagliarmi, ma credo che non siano molti neppure tra i docenti e gli alunni dell’istituto che ne porta il nome. Men che meno lo saranno tra gli amministratori pubblici, tra gli operatori turistici e nella più vasta società civile. Io ebbi modo di ammirare una sua incisione nella casa/museo dell’amico Sergio Vecchio, quella che da un lato si affaccia sull’arco di Porta Sirena e dall’altro sul cono rovesciato del Sottano e sulla dentellatura accidentata del Soprano, che nell’ultimo strapiombo verso la pianura rievoca in uno scheletro di castello la Congiura dei Baroni e la crudele vendetta di Federico II e, in più, i percorsi devozionali verso una Madonna, che ripropone in chiave cristiana il culto della fecondità di Era Argiva e dal carcere di una nicchia veglia e protegge case, campagne ed attività economiche.
Piranesi fu dalle nostre parti la prima volta tra la fine del 1769 e l’inizio del 1770 e la visione dell’ocra di colonne e timpani dei templi in una giornata di sole fu fascino di dolcezza e scatenò l’emozionalità dell’artista. Vi ritornò a più riprese fino all’ultima, quando, qualche mese prima di morire (1778), rivisse e registrò sensazioni da genio, soprattutto dinanzi al tempio di Cerere, spalancato sotto il cielo come un catino in attesa della pioggia o una donna in attesa di essere “ingallata” con quel timpano appoggiato all’architrave, che pure miracolosamente resisteva (e resiste) all’usura del tempo e all’incuria degli uomini.
La scarsa conoscenza di Piranesi, salvo poche e lodevoli eccezioni, ripropone il discorso della riscoperta e valorizzazione della nostra memoria storica e del nostro patrimonio artistico e monumentale. Vale per Paestum e per tutto il suo straordinario lascito di storia e di arte, ma anche per Velia non tanto e non solo per le figure dei filosofi, Parmenide e Zenone innanzitutto, e dei letterati che la frequentarono, Cicerone, Orazio, Virgilio, tanto per citare i più noti, ma anche e, forse, soprattutto per quel parco archeologico che si arrampica dal mare alla collina fin lassù a quel miracolo di arditezza architettonica che è la Porta Rosa. Vale naturalmente per Licosa e Palinuro, che, nella rievocazione del mito, testimoniano la malia delle nostre coste, che sedussero i naviganti e gonfiarono di ispirazione i cuori dei poeti. Vale per Civitella e Roccagloriosa, che nelle rispettive aree archeologiche ci parlano dei nostri Padri Lucani, che dalle regioni dell’interno facevano pressione per uno sbocco al mare e su quelle colline scrissero belle pagine di storia in parte ancora da scoprire e valorizzare. Vale per Castellabate, che nel castello sperimentò ed affermò la potenza dei Benedettini, dotti evangelizzatori ma attenti anche ai mercati che si materializzavano in partenze ed approdi nei tanti accorsati porti difesi con le “saette” che veloci solcavano i mari.
Vale per San Giovanni a Piro, Eremiti e Pattano, dove i monaci basiliani tennero scuole di dottrina, ma anche laboratori di farmacopee e mercati di prodotti agricoli.
Sono questi soltanto alcuni dei lasciti del passato capaci di rianimare un teatro di grande storia nella cornice della nostra terra. Peccato che manchino i maestri invasati dal dio della conoscenza. Peccato che manchino soprattutto le risorse per finanziare studi e ricerche, perché le poche rimaste vengono dilapidate dai politici incolti e sprovveduti in inutili e spesso squallide iniziative senza alcuna incidenza sulla cultura e, men che meno, sullo sviluppo del territorio.
E, allora, proviamo a cominciare da Piranesi, utilizzando la bella biografia scritta da Panza. La sottopongo all’attenzione del mio amico Angelo Capo, che stimo come docente e come storico ed alla cui caparbia volitività è dovuta, in buona parte, la realizzazione della nuova sede dell’Istituto scolastico. In occasione dell’inaugurazione o subito dopo programmi la presentazione del libro, con la presenza dell’autore ovviamente. Servirà certamente ad accendere curiosità ed interesse nei docenti e negli alunni e, forse, anche un barlume di feconda autocritica negli amministratori e negli operatori.
Mi auguro fortemente che la mia proposta/provocazione venga accolta e realizzata.
Giuseppe Liuccio