I progetti sono divenuti aceto, non servono scarabocchi, l’incubo è finito, il coperchio è saltato, nel pentolone finalmente si capisce che tipo di minestra è sul fuoco, non c’interessa, qualcosa è finito per sempre. Non abbiamo tagliato alcun traguardo, forse però abbiamo vinto il premio più ambito: il piacere del lavoro in solitudine e nel silenzio dell’officina, tra i cani e i gatti che sindacalmente rivendicano cibo e carezze. E’ la regola: chi perde deve mettersi da parte. E noi volentieri, a testa alta, ci ritiriamo nella riserva. Tra le curve delle colline e la brezza del mare nuovi incantesimi ci stupiranno. Non c’è alcun dubbio: vogliamo ancora smarrirci, altrove, tra i versi e le scritture di uomini e donne che guardano gratis al futuro, che ancora parlano d’amore.
Petali di rose innocenti cadono nel silenzio delle tenebre. Nel recinto gli animali si muovono adagio, come ombre della notte, nella palude dei sentimenti ed io raccolgo in ritagli di giornale il mio futuro: anch’io vorrei entrare nel sentiero delle sirene e nel teatro delle meraviglie, non voglio vivere come ora, in cui tutto è dubbio.