Nata a Roma nel 1932 da una famiglia di artisti (il padre Mario era uno scultore, la madre marionettista). Il nonno, farmacista, amava circondarsi di poeti, fra i quali il poeta Vincenzo Cardarelli.
Studia all’Accademia di belle arti di Roma, dove fu allieva di Toti Scialoja. In tutto il suo cammino d’artista sembra tenere radicata nella sostanza stessa dell’essere donna la tonalità emotiva dell’infanzia.
Espone alla VII Quadriennale di Roma del 1955. Nel 1956 lavora come costumista per la nascente televisione italiana. Nello stesso anno inizia a frequentare la Scuola di Piazza del Popolo con Tano Festa, Mario Schifano e Franco Angeli. Viene invitata alla XXVIII Biennale di Venezia, dove conosce Cy Twombly, Emilio Vedova, lo scrittore Germano Lombardi. Frequenta l’ambiente artistico legato alla Galleria La Tartaruga di Plinio De Martiis a Roma. Trascorre un periodo a Parigi (tra il 1958 e il 1962). In una personale nel 1961 alla Tartaruga con Umberto Bignardi inizia ad esporre tele realizzate con colori industriali, alluminio e oro, recanti segni, scritte, simboli, sovrapposti e cancellati. Frequenta il gruppo del Verri e il Gruppo 63. Dall’inizio degli anni Sessanta lavora con fotografie proiettate sulla tela, delle quali traccia i contorni con i pennelli, usando colori industriali. Il colore più utilizzato è l’alluminio, che la Fioroni chiama argento, iniziano così i suoi famosi argenti, tele che rappresentano soggetti vari, ma soprattutto donne.
Dal 1964 diviene la compagna stabile di Goffredo Parise; rimarrà al suo fianco fino al 1986, anno della morte dello scrittore veneto. Nel 1967 alla Galleria del Naviglio di Milano espone alcuni argenti. Rivisita opere del passato: Botticelli, Carpaccio, Simone Martini. Nel 1968 inaugura la rassegna Il teatro delle mostre alla Tartaruga con un’azione intitolata La spia ottica poi ripresentata alla Quadriennale di Roma del 1973. Nel 1969 realizza il primo teatrino, un “giocattolo per adulti”, cassettine-teatro di legno dipinto offerte ai bambini assenti: attraverso una lente si può guardare all’interno un assemblaggio di oggetti miniaturizzati, quasi la ricerca di un mondo perduto. Dal 1969 si avvicina al mondo della fiaba e della leggenda, grazie alla lettura dell’opera di Vladimir Jakovlevič Propp: tele, scatole e teatrini aprono al mondo della memoria personale e collettiva. Per tutta la sua vita ha collaborato con scrittori e poeti (Arbasino, Balestrini, Ceronetti, Zanzotto). Nel 1990 l’Istituto Nazionale per la Grafica di Roma allestisce un’antologica con i suoi lavori su carta. Alla Biennale di Venezia del 1993 è presente con una sala personale e nello stesso anno inizia a lavorare con la ceramica.
La storia delle opere di Giosetta Fioroni si fa storia di mondi, di popoli e di civiltà. Giosetta, il cui lavoro viene comunemente collocato all’interno della Pop Art italiana, a differenza di Andy Warhol mette a confronto due mondi, la società dei costumi e la fiaba, l’industria culturale e il mondo dei folletti della terra e i giochi dell’infanzia. Ciò che per Warhol è il vero per Giosetta è una rappresentazione, uno spettacolo con cui stringere un rapporto affettuoso.