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    Percorso:Home»Rubriche»La Scvola di Atene»Si vanti pure e gridi alto di Ascalona la magnifica città di Antioco il nome!
    La Scvola di Atene

    Si vanti pure e gridi alto di Ascalona la magnifica città di Antioco il nome!

    Di Gaetano Ricco31 Marzo 20208 Min Lettura0 VisiteNessun commento
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    “All’epoca, infatti, Antioco si era già staccato dalla cosiddetta “Nuova Accademia” e aveva abbandonato la dottrina di Carneade, sia portatovi dall’evidenza delle percezioni, sia, come qualcuno dice, per ambizione e desiderio di distinguersi nei confronti dei discepoli di Clitomaco e Filone, abbracciando nella maggior parte delle questioni la dottrina stoica dopo il suo cambiamento di idee”. (Plutarco, “Vita di Lucullo”)

    Ed anche per te, maestro Antioco, della città di Ascalona, che al “probabilismo” opponesti nuova, antica “verità” canterò il mio canto…riparando a quel tuo filosofare troppo alto che ai miei anni liceali furono cruccio e angoscia e che non amia mi farò di te, maestro Antioco, discepolo e come Cicerone ad Atene, che come ben dichiara Plutarco nella sua “Vita di Lucullo” quando scrive che : “Giunto (Cicerone) ad Atene seguì le lezioni di Antioco di Ascalona; rimanendone affascinato dalla fluidità e dall’eleganza della sua eloquenza” di te rimase affascinato anch’io procederò e non trovando altri che di te faranno testimonianza, alla mia lettera farò signore proprio lui, Cicerone, che confesso, lettore, allora per le stesse ostilità del maestro Antioco non amai, il quale accompagnandomi con le sue opere del tuo pensiero, maestro Antioco, mi farà palese. Tanto, afferma ancora Plutarco, ne fosti attratto, maestro Cicerone, da scrivere “sulla scuola uno splendido scritto” nel quale affidando al tuo amico Lucullo “la dottrina relativa alla comprensione” di Filone tu ti riservasti “la posizione contraria” e continuando sempre Plutarco scriveva: ” (Lucullo) amava tutte le correnti filosofiche, verso tutte era ben disposto e tutte gli erano familiari; aveva però fin dall’inizio una passione e un interesse particolari per l’Accademia, non per la cosiddetta “Nuova”, che pure allora era fiorente grazie alle dottrine di Carneade diffuse da Filone, ma per l’“Antica”, che aveva allora come maestro Antioco di Ascalona, uomo persuasivo e abile nel parlare” confermando quello che tu, maestro Cicerone, molti anni prima nella tua “Accademia Priora” avevi scritto quando: “Antioco, discepolo di Filone, passò per il più illustre filosofo sia per i doni dello spirito che per la conoscenza, Lucullo lo tenne con sé durante la sua missione e alcuni anni dopo, quando ebbe il comando di un esercito e grazie a questo ricordo di cui ho parlato non ha avuto problemi a imparare bene le cose che gli venivano spesso ripetute e che avrebbe potuto conservare anche se le avesse ascoltate solo una solo una volta” e fu tanta la sua ammirazione che Lucullo ”con grande impegno se lo rese amico e sodale contrapponendolo agli uditori di Filone” mentre tu, Cicerne, con il tuo amico Lucullo contrastando viravi verso il maestro Antioco e difendendo la sua dottrina sostenevi che la possibilità di conoscere il vero la si poteva solo seguendo l’insegnamento dell’ “Accademia Antica” quella di Platone e facendolo in modo composito e sincretico ti avviasti per quell’eclettismo che fu il tuo cammino. Perché come per il tuo maestro Antioco così per te le dottrine accademiche, peripatetiche e stoiche in verità sostanzialmente coincidevano e per essere stato Filone “il primo ad impostare la valutazione delle cause su entrambi i punti di vista, affermativo e negativo” aveva per primo modificato il sistema tramandato da Platone rendendolo più adatto alla controversia per mezzo della domanda e della risposta” e rompendo quella sostanziale unità e continuità di pensiero che in realtà durava fin dai tempi di Platone eda seguire con i primi scolarchi Polemone e Cratete, come ebbe a confermare il nostro Diogene quando scrisse che“in vita ( i due) non solo ebbero i medesimi interessi e la medesima attività, ma anche fino all’ultimo respiro divennero sempre più simili l’uno all’altro, e morti ebbero comune la tomba” e tanto tennero all’insegnamento del primo maestro fedele la scuola che mai nessuna porta alla “rocca” del maestro fu aperta nè vi entrò la “scepsi” di Arcesilao o di Carneade il “probabilismo” tantomeno il temperato probabilismo di Filone, che tu poi, maestro Antioco, contestati con forza ed indignazione ripiegando decisamente verso quella prima “Antica Accademia” che fu per te nuova e che la storia ( Sesto Empirico!) chiamerà la “Quinta” e che si caratterizzerà sì per quel nuovo criterio “elettivo” di verità condivise ma anche sopra ogni cosa per quel tuo forte richiamo alla tradizione che radicando nel platonismo più austero si candida, in tempi in cui nuove e più imprevedibili trasformazioni sociali a Roma si annunciavano, a consegnare alle giovani generazioni un’etica, che guardando ai grandi meriti dello stoicismo, possa, nella antica milizia dei sapienti, consegnare ancora al “saggio” quel cammino sicuro verso la felicità che fu, e tu, maestro Antioco, ne fosti l’alfiere, di tutte le scuole il vero fine ultimo, e…la tua opera “Sosus”, che contro il tuo maestro Filone scagliasti con forza di accesa indignazione ne fu la conferma più decisa. Combattendo infatti aspramente gli scetticismi del tuo maestro che altrimenti mantenuti avrebbero minato alle fondamenta la sua stessa misura “ragionevole” e come del Sommo Poeta nell’inferno i profeti, ti girasti all’indietro e in un auspicato eclettico sincretismo propugnasti un deciso ritorno al primitivo dogmatismo di Platone e come già il tuo maestro Filone abbandonò la “Terza” per aprirsi alla “Quarta Accademia” così, anche tu, maestro, abbandonando la “Quarta” accendesti una nuova luce e della “Quinta Accademia” ti facesti sicuro fondatore…assicurando, ora per sempre, quel criterio di verità che, in spregio di ogni presunta superbia dottrinale, tu, maestro, individuasti in quella auspicata “concordia dei filosofi” che facendosi artefice nel tempo di una comune sinergia avrebbe, nelle attese del saggio, consegnato alla vita la felicità. Felicità alla quale anche tu, maestro Cicerone, se pure per diversa via, miravi, quando in quel tuo lungo ed appassionato conversare, nella tua opera “Accademia” raccolto , lodavi il tuo amico Lucullo, che ”applicato a tutti i tipi di studi letterari e anche alla filosofia con più ardore di quanto pensasse quelli che non lo conoscevano, e questo non solo durante la sua giovinezza ma anche durante gli anni della sua ricerca e anche quando fece la guerra” tu tra i “nobiles”, i “clarissimi”, i “principes” della città di Roma annoveravi non solo per avere con Silla fatto grande la repubblica ma per aver portato con sé a Roma il nostro Antioco e ..accogliendolo nella sua dimora “luculliana” nel refrigerio del suo lussureggiante giardino gli permise di parlare a tanti giovani ed una città, che avviandosi per le armi a dominare il mondo assetata, nelle esigenze del suo spirito pratico, cercava più alta e profonda una risposta al suo futuro destino di “padrona del mondo”!

    E così fu che per te, maestro Antioco, come già per Arcesilao, Carneade e Filone la

    “Grecia capta” conquistava il “ferum victorem” il feroce vincitore e cambiandolo faceva di Roma una nuova città che chiedendo ai tuoi antichi filosofi risposte si proiettava per la prima volta in quella cogente ricerca della verità che il tuo eclettismo platonico e furono tanti i giovani che vennero alla nuova scuola ed ascoltandoti, maestro, si fecero tuoi discepoli fedeli… come ancora anch’io persisto quando superando il muro del tempo furtivamente continuo ad introdurmi in quei grandiosi giardini di Lucullo dove il Pincio ancora troneggia e nascondendomi al riparo di ogni rumore ed in silenzio mi metto all’ascolto e… ti vedo, maestro Antioco, mentre animatamente discutendo ti opponi alla ostinata convinzione di mantenere in vita, senza un criterio di verità, la “ragionevole probabilità “ del tuo maestro Filone ed ancor di più ti sento quando facendo circolare il tuo “Sosus” con troppo sdegno ed indignazione apostrofavi fermamente affermando che nessuna “possibilità” è possibile senza una “verità” concessa e universalmente condivisa. “Non si può, come lucidamente chiosa nel suo saggio il nostro Abbagnano “ammettere in verità quella (la probabilità) se non si è in possesso di questa “(la verità). Definitivamente chiudendo con i“libri romani” del tuo maestro Filone la “vexata questio” e riportando, maestro Antioco, negli antichi “ameni ozi della filosofia” che furono della “Prima Accademia” di Platone un criterio di verità che tu, maestro Antioco, per primo consegnasti a quel secondo Filone (di cui scriveremo) che, per quella sua “prima sintesi” che vide camminare insieme la Bibbia con la Grecia, accese tanta luce da illuminare il mondo ed i secoli che verranno e se …poi quel tal grande che morendo: “nel giorno mede­simo ch’e’ nacque, che fu il Venerdì’ Santo” lasciò gran rammarico “d’ogn’un et del papa” per la “descrittione et pittura di Roma antiqua che ‘l faceva, che era cosa bellissima… gli misero alla morte al capo nella sala, ove lavorava, la tavola della Trasfigurazione che aveva finita per il cardinale de’ Medici, la quale opera nel vedere il corpo morto e quella viva, faceva scoppiare l’anima di dolore a ognuno che quivi guardava”… nella sua “Scuola di Atene” ti mancò non ti dolere chè tra i tuoi compagni filosofi corre a sederti e prova e invocando il mestiere del suo antico maestro che mancò, il suo umile allievo e osando per te, maestro Filone, provvede e canta: “Ho udito, maestro Antioco, tu che tra mille e mille e più nell’Ade giaci, che ad …Atene ancora dura a guardia della verità alto il tuo muro”

    Questo, maestro, nei giorni del novembre compassionevole l’amore inconsapevole … il fiore che ti porto!

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