La storia della robotica è originata dai primi automi che apparvero nel 1700, sorsero poi i robot pensanti utilizzati per fini sociali oppure produttivi, sino all’attuale largo impiego nelle industrie e nelle fabbriche automatizzate:in quali termini ed entro quali limiti, siamo sempre più vicini alla sostituzione della specie umana con la specie robotica? La quarta rivoluzione industriale ruota intorno al perno “Robotica”, con tutti i processi produttivi di fabbrica interamente automatizzati ed interconnessi. Il termine “robot” (ovvero macchina programmabile in grado di eseguire sequenze di operazioni di fianco all’uomo o in sostituzione d’esso) venne coniato da un romanziere, lo scrittore praghese Karel Capek che lo palesò in un testo teatrale del 1920, indicando “operai automi” aventi forma umanoide e rivendicanti una propria identità e libertà, ribellandosi al padrone. L’opera di Capek si inseriva in un contesto letterario che da Frankenstein (scienziato creatore di un mostro utilizzando cadaveri) in poi vedeva il robot recitare sempre il ruolo del malvagio; che, costantemente, permase sino al periodo degli anni Quaranta del Novecento, quando un romanziere americano, Isaac Asimov, letteralmente sconvolse la figura dell’Automa, attraverso una straordinaria serie di originalissimi ed innovarivi racconti di fantascienza imperniati su Personaggi singolari: i robot positronici, esseri umanoidi, programmati al fine di protezione dell’uomo. Gli incombenti robot di Capek costituivano una terribile minaccia per l’umanita, mentre i robot di Asimov, dotati di cervello positronico, venivano governati da tre leggi, definite leggi della della Robotica: 1) Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno. 2) Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non vadano in contrasto alla Prima Legge. 3) Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché la salvaguardia di essa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge. Relativamente all’arte cinematografica, il primo film in cui comparve un robot, fu Metropolis, capolavoro del cinema muto, uscito nel 1927. Diretto dall’austriaco Fritz Lang, era ambientato nel 2026 in una megapoli divisa in due livelli: in superficie abitata dalla classe dominante, mentre nel sottosuolo un esercito di lavoratori-schiavi era obbligato a vivere in condizioni disumane. La protagonista del film, Maria, androide donna, spinse alla ribellione gli operai, prima di subire la stessa sorte dell’eroina francese Giovanna D’Arco, finendo al rogo. Metropolis è entrato di diritto nella storia della cinematografia mondiale,ha ispirato diversi film sui robot,dalla saga cinematografica iniziata nel 1977 con l’epopea spaziale Star Wars (Guerre stellari, con battaglie spaziali combattute in universi illimitati dominati da imperi galattici), Blade Runner (film di fantascienza del 1982, ambientato in una Los Angeles antiutopica, città nella quale la produzione dell’uomo, simile alla produzione di un qualunque oggetto, è finalizzata all’impiego come forza lavoro nelle colonie extra-terrestri), diventati anch’essi perentorio patrimonio della settima arte. Il primo robot dell’era moderna venne introdotto in ambito industriale all’inizio degli anni Sessanta, si chiamava UNIMATE ed era un braccio meccanico specializzato nella saldatura delle scocche delle automobili; venne inventato dagli ingegneri americani George Devol e Joseph Engelberger, e fu acquistato nel 1961 da una fabbrica della General Motors, nel New Jersey. Due anni dopo, al Rancho Los Amigos Hospital di Downey, in California, venne realizzato il primo braccio robotico per disabili, dunque una una protesi robotica controllata da un computer e dotata di sei gradi di libertà (ovvero di sei possibilità di movimento). Tra il 1966 e il 1972, gli scienziati dello Stanford Research Institute sviluppano Shakey, robot mobile, con ruote e sensori in grado d’evitare ostacoli lungo lo sviluppo di un percorso grazie a una telecamera. Nel 1973, nei laboratori della Waseda University di Tokyo, fu creato Wabot-1, primo esemplare di robot umanoide capace di camminare, parlare e trasportare oggetti. Nel 1976 il Viking I atterrò per la prima volta su Marte ed inviò sulla Terra le prime immagini in bianco e nero della superficie marziana; eppure la foto più suggestiva fu quella scattata il 22 luglio 1976 (il giorno seguente l’atterraggio), immagine composita su tre riprese a tre diverse lunghezze d’onda, venne elaborata da un team di esperti e rappresentò la prima immagine a colori della superficie marziana. Ma quale Mente poteva progettare il primo androide? Il primo progetto reca la ovvia firma di Leonardo da Vinci, risale al 1495: sono disegni dettagliati concernenti la progettazione di un cavaliere meccanico, in grado di sollevarsi, agitare le braccia e compiere movimenti di testa e di mascella; il robot cavaliere di Leonardo era un automa destinato ad animare le feste organizzate presso la corte Sforzesca di Milano. Forniamo adesso brevi cenni biografici concernenti lo scrittore biochimico di origini russe ma naturalizzato statunitense Isaac Asimov (1920-1992). Asimov era, per unanime consenso, maestro del genere fantascientifico e, insieme a Robert A. Heinlein (statunitense, 1907-1988) e Arthur C. Clarke (britannico, 1917-2008, celebre per il suo romanzo 2001: Odissea nello spazio), costituisce la Grande Triade di scrittori di fantascienza. Autore eccezionalmente prolifico, assai conosciuto per le sue opere di fantascienza e per i suoi libri scientifici divulgativi popolari, scrisse una gran quantità di saggistica. La maggior parte di libri scientifici diffusi di Asimov illustravano e spiegavano i concetti scientifici in modo “semplice e storico”, risalendo il più possibile a un tempo in cui la scienza in questione versava nella fase essenziale e priva di complesità; assai preciso e dettagliato, esibiva nazionalità, date di nascita e date di morte relativamente a scienziati menzionati, esemplificando concetti e teorie in maniera che potessero essere acquisite da tutti i lettori. Asimov nacque da famiglia ebrea di mugnai; emigrò negli Stati Uniti quando aveva tre anni; dal momento che i genitori impiegavano lo yiddish quale idioma (lo yiddish era lingua germanica parlata dagli ebrei aschenaziti, stanziati nella valle del Reno; Ashekenaz indicava la regione franco-tedesca del Reno) e l’inglese con il loro figlio, non imparò il russo. I suoi genitori possedevano un piccolo negozio generale, una sorta di super mercato, e tutti i membri di famiglia dovevano lavorarvi; incuriosito da riviste di fantascienza disseminate nell’esercizio commerciale, iniziò a leggerle, a “divorarle”. Intorno all’età di undici anni, cominciò a scrivere le sue storie. Si laureò alla Columbia University nel 1939 e trascorse tre anni durante la seconda guerra mondiale lavorando presso la Naval Air Experimental Station del Philadelphia Navy Yard. Dopo aver completato il dottorato, si unì alla facoltà della Boston University, con la quale in seguito rimase associato. Dal 1958 divenne uno scrittore a tempo pieno, il reddito da scrittura abbondantemente superava lo stipendio accademico; nel 1979, l’università onorò la sua scrittura promuovendolo a professore ordinario. Nel 1985 divenne presidente dell’American Humanist Association e rimase in quella posizione fino alla sua morte nel 1992. Una mia rappresentazione grafica accompagna il presente scritto.
Giuffrida Farina