“Arcesilao […] pare a me che partecipi proprio dei ragionamenti pirroniani, tanto da essere unico l’indirizzo suo e il nostro. E invero, né si trova ch’egli si pronunci intorno all’esistenza né intorno alla non esistenza delle cose, né giudica preferibile, rispetto alla credibilità o non credibilità, una cosa a un’altra, ma in tutto sospende suo il giudizio”. (Sesto Empirico “Schizzi Pirroniani” I )
E ancora, maestro Arcesilao, mi sorprendi, ora che gli anni avanzano e la memoria corre agli anni giovanili di quando montando la sera il desiderio, tu di Omero, di cui tu eri solito mandare a memoria sempre qualche passo primo di andare a dormire, mi spingevi a leggere qualche verso ed in silenzio per Omero mi raccoglievi alla tua “scepsi” e aprendomi la tua porta con i tuoi discepoli mi facesti tuo nuovo allievo chè poco oltre la poesia ti caleva, maestro, degli eroi, delle guerre o delle tante “leghe” o dell’inattuale desiderio di indipendenza delle “polis”… troppo, in verità furono le vittorie del Grande Alessandro e troppo il mondo stava cambiando e gli uomini che tu, maestro, imparandoli a conoscere bene li misurasti con la tua “scepsi” e la tua tanta di dottrina. E non la nostalgia del tempo passato ti mosse ma figlio partecipe e fedele di quella prima epoca nuova ti facesti primo artefice e cercandone le fondamenta, primo fra tutti i tuoi compagni, ne avvisasti le condizioni e le contraddizioni e … non ti spaventò del monoftalmo Antigone il potere o del tuo stesso maestro Platone l’autorità chè raccogliendo invece della stanca Accademia il priorato tanto ti spingesti avanti da toccare il cielo con il tuo coraggio demolitore. E scolarca dopo il tuo amico Cratete, per tanti anni, ti incoronasti re di quella “Accademia” che fu degli storici la“Media” e tutta la rifondasti in trono sollevando, per regnare molti secoli, la tua “sospensione del giudizio” che con il “giudizio” del primo maestro destituendo la più pertinace “catalessi” divenne del tuo magistero il fuoco vivo ed il primo lume.
E come il maestro del tuo maestro anche tu, maestro Arcesilao, pensando che la parola scritta interrogata non risponde non scrivesti nulla ma tutto conversando, testimone Diogene: “nella conversazione (Arcesilao), quasi per un bisogno naturale, senza nessun artificio, ricorreva ai modi di dire “Affermo io” e con ciò non sarà d’accordo il tal dei tali (con la menzione del nome). Questa sua abitudine e il suo modo di conferire e tutto il suo comportamento erano imitati da molti dei suoi discepoli. Era straordinariamente inventivo nell’affrontare felicemente le obbiezioni, nel riportare il corso della discussione sul tema proposto e nell’adattarsi ad ogni situazione. Aveva una impareggiabile forza di persuasione: perciò parecchi accorrevano a sentire le sue lezioni, benché temessero il suo spirito pungente” tutto, maestro, affidasti il tuo pensiero alla bella conversazione… all’uopo con ironia servendoti piacevolmente di quel confutatorio metodo maieutico che fu già di Socrate e per questo da tutti temuto eri più di ogni altro ammirato e nei simposi a gara invitato per essere da filosofo ascoltato mai però quando “tra una coppa e l’altra” il vino, non più con l’acqua mescolato, cominciava a comandare chè alle “discussioni dottrinarie” tu dicevi, maestro, compete altro tempo. E ben lo seppe quel tale, maestro, che proponendoti di discutere a simposio caldo “una questione” così lo apostrofasti “ma proprio questa è la prerogativa della filosofia: sapere in qual tempo si deve fare ciascuna cosa” e tu Aristide mancasti chè mai con l’ebbro Dioniso due volte nato si tenti dai capelli d’oro il luminoso Apollo e la città di dare a Cesare quel che è di Cesare!
Non così però, maestro, all’Accademia, dove i tuoi discepoli ancorchè alcuni amasii solendo ascoltarti per ore senza Bacco continuavano a conversare ed a discutere tanto facendo crescere la tua “scepsi”, che negando al maestro del tuo maestro anche l’ultima sua certezza quel “sapere di non sapere”, erigesti al “dubbio”, cui molti dopo di te verranno a portare voti e saranno tutti grandi, un altare imperituro che ancora oggi contro la “catalettica rappresentazione” degli stoici dura e grida la tua prima di censura. Scrive nella sua opera “Contro i matematici” Sesto Empirico: “Se l’apprensione è l’assenso della rappresentazione catalettica, è insussistente, in primo luogo, perché l’assenso non ha luogo in relazione alla rappresentazione, bensì in relazione alla ragione (infatti gli assensi sono giudizi), in secondo luogo perché non si trova alcuna rappresentazione vera che sia tale da non poter essere falsa” e quindi nascendo il nostro assenso dall’apprensione noi rischiamo di assentire, ovvero di giudicare vera, qualcosa che proprio perché viene dai sensi ed i sensi sono sensazioni potrebbe essere falsa e quindi non per tutti vera e “poiché”,continua ancora per te, maestro, Sesto Empirico, “tutte le cose sono inapprensibili, per il motivo che non esiste il criterio stoico, allora, se il saggio darà il suo assenso, avrà mera opinione: infatti, poiché non c’è nulla di apprensibile, se il saggio darà l’assenso a qualcosa, lo darà a ciò che è inapprensibile, e l’assenso a ciò che è inapprensibile è appunto l’opinione. Di conseguenza, se il saggio è uno di coloro che dà l’assenso, il saggio è uno di coloro che hanno semplice opinione. Ma il saggio non è uno che ha semplici opinioni dunque il saggio non è uno di coloro che danno l’assenso. Ma se è così, il saggio dovrà astenersi dal dare l’assenso su tutte le cose. Ma astenersi dal dare l’assenso non è altro che sospendere il giudizio: dunque il saggio sospenderà il giudizio su tutte le cose” e questa sarà ora e per sempre, maestro, con la tua condotta la tua prima gloria, perché continua ancora il nostro: “beni sono le singolari sospensioni del giudizio e mali sono le singolari affermazioni” confermando che, mancando una assoluta evidenza, al saggio, che non vuole vivere e cadere in errore, solo compete la sospensione del giudizio e quella “epochè” che non è “afasia” ma traguardo magistrale di un tempo che andandosi facendo sempre più “chiuso” continuava a ripiegarsi su stesso riavvolgendosi in una spirale sempre più privata e che tu, maestro, per primo comprendendo avanzasti in contrasto di quel nostalgico dogmatismo dottrinale che troppo legato alle certezze ed agli ideali del passato mal intuiva del Grande Alessandro il tempo nuovo e l’eredità. E quando poi a quel tale stoico che volendo misurare la tua valenza ti apostrofò dicendo che “davanti avevi Platone, dietro Pirrone ed in mezzo Diodoro” e di portare “Menedone sotto il petto a guisa di piombo” tu, maestro, fosti grande e tagliente come mai, parafrasando il piombo che più imo affonda, così gli rispondesti bene “andrò a nuoto da Pirrone” e “straordinariamente inventivo” come tu solevi fare lo avanzasti oltremodo “nell’affrontare felicemente le obbiezioni” e continuando l’annegasti nelle suo stesso mare e se poi questa tua durezza ti costò qualche discepolo “a chi ti chiedeva perché da altre scuole molti correvano a quella di Epicuro ma dalla scuola epicurea mai alcuno passava a quella di altri” tu ancora più duramente replicavi: “da uomo si può diventare eunuco, da eunuco non si può diventare uomo” difendendo con fierezza la libertà regnava nella tua scuola e tanta per tutta la Grecia proclamata era la tua modestia che incitando più volte i tuoi discepoli a sentire lezioni da altri, tu stesso, come accadde a quel tal giovanetto di Chio, l’accompagnavi, ammonendolo a comportarsi bene, presso altre scuole. E se poi la tua radicale “sospensione del giudizio” per le interessate obiezioni degli stoici avrebbe impedito la stessa vita rendendola impossibile, non ti crucciare, maestro, che figli entrambi dello stesso padre Socrate, tu combattendoli con le stesse armi li soccombesti, per te correggendo il tuo valente allievo Sesto Empirico : “ma poiché dopo ciò bisogna anche occuparsi di ciò che concerne la condotta della vita, la quale non si può dare senza un criterio di verità, dal quale anche la felicità, ossia il fine della vita, trae la propria credibilità, Arcesilao afferma che chi sospende il suo assenso su tutto regolerà le sue scelte e i suoi rifiuti e in generale le sue azioni col criterio del ragionevole o plausibile; e procedendo secondo questo criterio compirà azioni rette: infatti la felicità si raggiunge mediante saggezza, e la saggezza sta nelle azioni rette, e l’azione retta è quella che, una volta compiuta, ha una giustificazione ragionevole o plausibile. Dunque, chi si attiene al plausibile agirà rettamente e sarà felice” e quindi chiosando di Pirrone in fondo le comuni affinità ne facesti morale ai loro “doveri” (kathékonta) che pur senza verità assolute potevano tuttavia essere onorati. Perché davvero all’uomo saggio è sufficiente e costante, come tu affermavi, maestro Arcesilao, il “ragionevole” (eulogon) per fare scelte e compiere al raggiungimento della felicità azioni rette. E se poi talvolta inseguendo la felicità travalicando per simposi di Aristippo ne arasti qualche campo come quando all’età dei tuoi settantacinque anni per aver troppo onorato Dioniso venisti con la mente tutta stravolta alla fine dei tuoi giorni non ti … crucciare, maestro, che a nulla valsero le accuse di chi ti accusava e ti chiamava corruttore di giovani chè alto invece la scuola tenne il tuo magistero e fosti dagli ateniesi amato “quanto nessun altro” mai e … se poi nel silenzio di Raffaello anche il mio amato Diogene volle di quella tua caduta “rincarare” con il suo epigramma: “O Arcesilao perché mai, perché mi tracannasti senza risparmio tanto vino puro da scivolare cadendo, con la mente stravolta? Non tanto per la tua morte ti compiango, quanto perché, alzando la coppa senza misura, facesti violenza alle Muse” permettimi, maestro Arcesilao, di riparare e piangendo la tua morte di osare oltre il mio maestro di lasciarti a gloria del tuo nome il mio più “umile” di epigramma: “E se camminando, maestro Arcesilao, sul precipizio evitasti la “rotonda verità” che morto “senza giudizio” ti strappò al tuo simposio non ti crucciare che di Ctesibio oltre, sotto il tuo cuscino, in alto tra gli dei si nasconde e vince di Pluto il nero abisso il tuo “scherzo”!
Questo, maestro, nei giorni dell’autunno ebbro il ruggio amore sonnolento … il fiore che ti porto!
(Chiusa nelle prime ore antimeridiane del giorno di mercoledì 9 ottobre 2019)