Sta per iniziare un’altra estate con tutto il suo carico di problemi irrisolti e, conseguenti, polemiche aspre e dirompenti con la campagna elettorale ancora in atto con la coda del ballottaggio di domenica prossima. Ed è stagione di bilanci per amministratori locali, operatori economici e tutto il variegato mondo che vive di turismo. Il bilancio consultivo non è esaltante. Quello preventivo impone riflessioni serie, analisi profonde e progetti credibili in tempi ragionevolmente utili per l’estate che batte alle porte. Proviamo a dare un contributo con un occhio particolare a Capaccio Paestum, che è alle ultimissime giornate di campagna elettorale e che è il territorio di maggiore diffusine di questo giornale.
Come abbiamo anticipato ieri: IL TURISMO VENDE BENI. I BENI consentono un elenco considerevole di rilevanza straordinaria per qualità e quantità. Cominciamo dal MARE che, storicamente, è l’elemento principe per il turismo balneare lungo chilometri di spiaggia sabbiosa con la specificità ambientale della fascia pinetata alle spalle. Ma si potrebbe dire, provocatoriamente, che il mare non bagna Paestum per il disinteresse quasi totale per un organico piano spiaggia che potrebbe e dovrebbe consentire di viverlo lungo tutto l’arco dell’anno, il mare, assumendolo a pretesto per “incontri” e “feste” che ne esaltino la grande storia del Mediterraneo, la prismaticità dell’arte nella letteratura, nello sport, nella moda, nel lavoro, ecc. ecc. Continuiamo con i FIUMI, “le sacre acque dei territori”, che consigliano e consentono itinerari di penetrazione dalla costa verso l’interno alla scopetta di storia, miti, leggende e tradizioni nella cornice di un paesaggio carico di fascino e di malia.
E che dire della risorsa archeologica che non può e non deve esaurirsi nell’enorme patrimonio della città dissepolta (cinta muraria, templi, foro, terme, teatro, museo) ma dovrebbe trasmigrare lungo tutta la pianura ed arrampicarsi sulle colline della Kora (Fonte, Albanella, Altavilla, Giungano, Trentinara, Eredita, Finocchito) alla riscoperta e valorizzazione di necropoli, santuari, ville rustiche con itinerari attrezzati per il turismo scolastico e non solo. C’è ancora una Paestum Minore di cui si è occupato il Maestro Bambacaro sconosciuta o quasi, ritmata da dimore nobiliari, casini di campagna, bufalare, borghi rurali, che hanno fatto la storia dell’agricoltura e sono testimonianza delle modificazioni del paesaggio lungo i secoli e che reclamano conoscenza delle tradizioni e della economia del territorio. A quando un coinvolgimento di scuole, associazioni ed ordini professionali che recuperino l’orgoglio di identità e di appartenenza, attivando ricerche e percorsi didattici in grado di stabilire rapporti e sinergie tra turismo ed agricoltura, turismo ed enogastronomia con il ricco e variegato mondo di saperi e sapori, turismo ed artigianato e chi più ne ha più ne metta?
A quando piccoli ma significativi investimenti per il recupero del sacro, che alita in pianura e sulle colline e trova i suoi punti di forza in dee pagane e madonne cristiane, in martiri delle origini (S. Vito) e santi del medioevo e dell’età moderna (S. Antonio) e che si materializza in cappelle votive, santuari spalancati sull’infinito, chiese, cattedrali e conventi non privi di grazia architettonica. E perché non immettere nel circuito della fruizione dei mercati la grande storia dei paesi, che si materializza in castelli e palazzi gentilizi e che evoca sovrani spietati ed illuminati insieme (Federico II), conti, marchesi, baroni e feudatari testimoni del notabilato che ha recitato un ruolo importante nel corso dei secoli.
E che dire della Civiltà contadina, le cui tracce sono ancora presenti nella pianura, ma anche e soprattutto nell’anfiteatro arioso delle colline con i crinali che ostentano con grazia disinvolta l’eleganza geometrica di vigneti ed uliveti e che, di fatto, sarebbero le nostre langhe, se solo avessimo percorsi attrezzati di esplorazione e fruizione?
E per finire la cultura, nel senso più ampio e totalizzante della sua accezione che consentirebbe di immettere sui mercati lo scrigno inesauribile dei beni immateriali se solo, percorressimo la strada feconda dello spettacolo che teatralizza la storia e della storia ampia e variegata che si fa spettacolo, interpretando cuore ed anima del territorio così ricco di spunti creativi, senza rincorrere sciocchi ed improduttivi scimmiottamenti lontani mille miglia dalla nostra sensibilità.
Io da sempre coltivo un sogno: oh se gli imprenditori più motivati e creativi diventassero mecenati a sostegno del nostro territorio. È un sogno che vedrò in parte realizzato per quel poco che ancora mi resta da vivere? Lo spero fortemente per me e per il futuro della mia terra dell’anima. Auguri Capaccio Paestum!