Un po’ dappertutto, nel territorio provinciale, ci sono monumenti e pagine di storia che ci richiamano alla memoria i nostri Padri Greci e Romani, che hanno lasciato tracce del loro passaggio.
Una delle località più emblematiche di questa ossificazione della storia passata, che spesso si riattualizza e diventa vademecum di vita anche per il presente, è fuori dubbio Paestum.
La città dissepolta della Magna Grecia, punto di approdo e snodo delle rotte del Mediterraneo, che influenzarono cultura, economia e costumi dei territori di mare, sempre, e di quelli dell’interno, qualche volta, accende interesse e attenzione giustificata sul tema, soprattutto d’estate, quando si organizzano manifestazioni nell’Area Archeologica, alcune di buon livello, altre discutibili, alcune, infine, decisamente da condannare e disertare. Ma tutto fa massa e circuita buoni affari per i ristoranti e le pizzerie. E non si va tanto per il sottile.
Ne ho scritto e parlato a lungo per amore di cultura, innanzitutto, ma anche per orgoglio di identità e di appartenenza, giacché è la terra che mi ha dato i natali e, nel mio vagabondaggio inquieto ed irrequieto per l’Italia e per il mondo, l’ho sempre considerata la mia Itaca, il mio porto/quiete a recupero di ricordi personali e di memorie collettive.
Anche per questo mi piacerebbe che i miei conterranei, pensassero GRECO ed agissero ROMANO, riscoprendo parte di vocabolario e prassi quotidiana dei Nostri Antenati.
E lo facessero soprattutto in questo periodo di campagna elettorale che li chiama a rinnovare con largo anticipo l’amministrazione comunale
I Greci usavano la parola UBRIS per sottolineare la tracotanza, caricandola, però, di un significato più profondo, quasi sacro, per esprimere una sorta di oltraggio agli dei, per cieco e bieco atto di superbia. E decisamente sa di ubris (tracotanza) il tentativo di colonizzazione di Franco Alfieri, che offende storia, memoria e tradizioni identitarie dei capaccesi pestani, che sono molto legati e, pertanto, orgogliosi del proprio passato. Per la verità non è il solo. E la sua ubris va di pari passo con altri atteggiamenti, che sanno di tracotanza di indigeni, che, però, come contrappeso ricorrono, come facevano i greci antichi, al termine SOFROSUNE per sottolineare saggezza ponderata a ristabilire l’equilibrio. C’era, poi, un terzo termine, ATARASSIA (imperturbabilità) coniato dai filosofi per indicare serenità d’animo di fronte agli eventi, ma che, nell’uso della quotidianità, ebbe una accezione meno nobile, per sottolineare indifferenza o, più volgarmente, menefreghismo
Mi dispiace registrare che anche oggi a Paestum c’è traccia tangibile di “ubris”, Alfieri ne è il rappresentante più evidente e disinvolto, là dove, soprattutto in campagna elettorale occorrerebbe una buona dose di “sofrosune”. Volteggiano per il territorio schegge impazzite di “ubris” in alcuni candidati/sindaci e/o consiglieri comunali a cui consiglieri una riflessione su udi un altro termine italiano, questa volta, ma che deriva dal latino, “candidato” dal latino candidus anche perché il candidato a qualsiasi carica pubblica si presentava ai comitia in assemblea pubblica con toga bianca, candida, a testimonianza della sua integrità morale nel presente e come impegno per il futuro della propria correttezza amministrativa e della conseguente integrità morale.
Non c’è ancora traccia di robusta “sofrosune” da parte di quasi tutti, alcuni dei quali di intellettuali, ne dovrebbero avere da vendere per intelligenza e cultura di base. Sullo sfondo l’atarassia di intellettuali, imprenditori, vasta società civile, che assistono “indifferenti”, o quasi, alla casa che brucia senza lanciare l’SOS dei soccorsi e limitare i danni. Stanno a guardare; non scendono in campo, hanno paura di “sporcarsi” con la politica, di “compromettersi”, schierandosi ,ma al momento opportuno masticano amaro e non risparmiano giudizi taglienti e condanne sommarie per quanti sono presi dal sacro furore dell’impegno civile.. Lo fanno, però, nei conciliaboli privati, nelle chiacchiere da carbonari, ma quasi mai alla luce del sole, assumendosi paternità di giudizi e proponendo alternative credibili. Per loro potrei tirar fuori almeno altri tre termini del vocabolario greco: “apatia”, “abulia”, “afasia”, in cui l’alfa privativa sta ad indicare che manca loro il “pathos” interiore che metta “thumos”, sangue ed entusiasmo a cuore, anima e pensieri e trasformi “l’abulia” in volontà attiva e propositiva e trasformi “l’afasia” in voce alta e forte a proclamare l’impegno convinto che trasforma ogni uomo in “cittadino” consapevole della partecipazione per far crescere e progredire la propria collettività.
E vengo, così, alla necessità doverosa di ricordare la storia del passato e all’“ETICA DELLA RESPONSABILITÀ” che dovrebbe contagiare i miei conterranei sulla scia dell’esempio dei Padri Romani e Lucani. Per riassumere questi temi si può soltanto adottare l’affascinante binomio composto da due sole parole, come va sostenendo da tempo un mio grande Maestro di giornalismo, Eugenio Scalfari, in tanto lucidi quanto frequenti editoriali su Repubblica: Libertà ed Uguaglianza. Questo è esattamente il contrario del populismo ed è la battaglia che soprattutto i giovani dovrebbero, secondo me, combattere. Una sinistra ha bisogno di loro, ha bisogno che rilancino la sinistra e che lavorino per ricostruire il presente e aprire la strada per il futuro. Io, come vecchio militante della sinistra storica, ho rifiutato lusinghe e seduzioni di sirene e sono rimasto ancorato per una vita ai valori a cui mi educai, giovanissimo, alla scuola di Salvatore Paolino, con il battesimo delle lotte dell’assalto ai latifondi proprio qui a Capaccio Paestum. Me lo auguro di tutto cuore. E mi piacerebbe se si ispirassero, ovviamente, alla ideologia del riformismo cattolico e socialista, i cui principi, attualizzati, rinnovati, ancorati saldamente nel presente, sfrondati dal protagonismo vanesio e dall’egotismo tanto infruttuoso quanto esagerato degli ultimissimi anni ha fatto grande rispettata nel mondo l’Italia a partire dalla ricostruzione del dopoguerra dal ’45 in poi. E sarei felice se tutti, ispirandosi alla tradizione del territorio dessero prova delle qualità dei Nostri Antenati, fossero, cioè, capaci di “PENSARE GRECO ed AGIRE ROMANO” con competenza, professionalità, affidabilità e naturalmente, onestà a correttezza di comportamento, mettendo da parte, per una volta, i retro pensieri di approvare il PUC con occhio attento all’inserimento di proprietà proprie o di familiari ed amici, e lasciandosi guidare dalla stessa polare della CULTURA, che, contrariamente ad una sciocca convinzione diffusa, è da considerarsi attività in grado di produrre ricchezza ed occupazione e fare, quindi, dell’impegno “INVESTIRE IN CULTURA” la bandiera/logo della propria attività.
Me lo auguro di tutto cuore e lo auguro alla mia terra. Io ci sono e ci sarò per onorare la mia storia di una vita, nonostante gli acciacchi e l’età. La battaglia è troppo importante per rispondere ai richiami pressanti di cuore anima e pensieri con l’unica arma a mia disposizione il pensiero e la scrittura.