“Parmenide, a quanto sembra, in effetti si accosta all’unità concettuale, Melisso a quella materiale, per cui il primo afferma che l’uno è definito, l’altro indefinito. Senofane, poi, il primo di costoro ad aver ridotto le cose all’unità (si dice infatti che Parmenide sia stato scolaro di costui), non dette nessun chiarimento e, a quanto sembra, non ha toccato nessuna di queste due nature dell’uno, ma rivolto lo sguardo al cielo nella sua interezza afferma che l’uno è il dio”. ( Aristotele, Metafisica)
Ed anche per te, maestro Senofane, primo rapsodo della mia scuola, che recitando i tuoi versi te ne andavi fuggendo di città in città eleverò il mio canto e sarà umile compagno al tuo lungo e periglioso peregrinare fino ad arrivare alla magnifica città di Elea dove mai prima di te, maestro, si vide spirito più alto ed audace. Oh luminoso ed insaziabile giorno della filosofia quello che quel lontano giorno del mese di targelione ti vide approdare ad Elea. Oh coscienza di quegli anni impavidi in cui la filosofia per te, maestro, cominciava a muovere in occidente i suoi primi passi … era allora targelione il mese delle rose e la dolce collina di Elea che saliva ad oriente cullata dalle prime leggere brezze pomeridiane che venivano dal mare, già rosseggiava con l’acropoli in fiore che volentieri danzava alla primavera incombente …. quando tu, maestro, costrettodalla barbara furia dei Persiani a lasciare la tua amata patria o forse solo peregrinando, così come tanto ti comandava il tuo spirito guerriero .. fuggendo da Zancle o forse ancora da Catania, giungesti ad Elea, dove, se schiavo per mano altrui giungesti, pure Elea ti accolse e consegnandoti libero alle sue leggi ti volle per suo figlio e … tu, maestro, tanto l’amasti e subito quella ospitale città, che votandoti presto e con gratitudine alla sua liberalità, poetasti e come era tuo costume alla maniera eroica, per Lei cantasti scrivendo versi meravigliosi e perduti in un’opera dal titolo “La fondazione di Elea” di oltre di duemila versi come scrive Diogene Laerzio. E tanto poi superò di quella città i confini ed oltre la tua fama che dura ed ancora non muore,
che, come narrano gli storici e Platone ed Aristotele fermamente credono, facendoti per la tua originale quanto lungimirante spregiudicatezza di pensiero tosto ti facesti filosofo e nella leggenda fosti il gran fondatore di quella prima scuola che aprendo il cammino razionale la filosofia tenne poi a gloria della sua storia quel Parmenide, cittadino di Elea, che dopo venticinque secoli“venerando e terribile”ancora ci atterrisce e ammonisce con la luce della sua“rotonda verità”!
La tua feroce e sarcastica critica radicale contro la tradizionale concezione religiosa antropomorfa dei poeti che volevano che gli dei nascessero al modo degli uomini e si occupassero “attivamente” delle vicende umane, ti fece solitario e osteggiato da chi nel buio dell’ignoranza voleva tenere il popolo ma tu, maestro, fosti tu ed il tuo carattere irruente e superbo e duro continuando la tua battaglia contro l’ingenuo credo popolare così li sbeffeggiavi sfidando gli Omero e gli Esiodo di turno, chè proprio contro di loro tu scagliavo i tuoi strali più pungenti. Scrivevi infatti: “Omero ed Esiodo hanno attribuito agli dei tutto quello che per gli uomini è oggetto di vergogna e di biasimo: rubare, fare adulterio e ingannarsi reciprocamente. Ma i mortali credono che gli dei siano nati e che abbiano abito, linguaggio e aspetto come loro. Gli Etiopi credono che (gli dei) siano camusi e neri, i Traci, che abbiano occhi azzurri e capelli rossi …ma se i buoi, cavalli e leoni avessero le mani e sapessero disegnare e fare ciò appunto che gkli uomini fanno i cavalli disegnerebbero gli dei simili a cavalli e i buoi gli dei simili a buoi e farebbero corpi foggiati così come ciascuno di loro” e tanto avanzasti, maestro, nella tua razionale critica ai poeti, che i tuoi versi all’origine solo poesia presto diventarono pensiero,pensiero profondo e da aedo,maestro, e da rapsodo pellegrino ti facesti filosofo … filosofo vero e tanto fu il vanto di quel tuo talento geniale che di quella prima ombrosa stagione di pensiero, in cui gli dei convivevano innumerevoli con gli uomini, tu ,maestro, ne fosti la prima timida luce, affermando oltre ogni oracolo o rivelazione che gli dei non solo non esistono ma che essi altro non sono che un’invenzione dei poeti e quell’essere, quel divino che noi tutti avvertiamo altro non è che la verità dell’ “uno-tutto” che tu, maestro, identificavi con il mondo e che chiamavi l’ “en kaì pàn” ovvero quella aurorale prima forma di panteismo monoteistico che sarà poi oggetto di studio di quella nuova scienza, a te, maestro, il vanto di averla aperta, che la filosofia poi chiamerà “teologia”. E così affermando,maestro che :“in realtà, uno, dio, tra gli dei e tra gli uomini il più grande, non simile agli uomini né per aspetto né per intelligenza. (Dio) tutto intiero vede, tutto intiero pensa, tutto intiero ode. Ma senza fatica tutto scuote con la forza del pensiero. Sempre nell’identico luogo permane senza muoversi, né gli si addice recarsi qui o là” tu non solo consegnavi agli uomini- filosofi quella prima rivoluzionaria definizione della divinità che ti fa onore e ancora ti vanta ma ti consegnavi alla storia della filosofia che e oltre ogni impedimento del giovane Raffaello ti assegna di diritto a quella alta “Scuola di Atene” cui invano alcuni ancora oggi ti contendono al nome Senofonte … chè sei tu, maestro, il primo ed il primo vanto d’Occidente. La proclamazione poi ed il vanto della ricerca che tu, maestro, rendi quando affermi che: “No,non fin dal principio gli dei le cose tutte disvelarono ai mortali ma col tempo ricercando ritrovan essi quanto è meglio”( Stobeo, Silli) contro l’esaltazione di quella antica “virtù del corpo”che i tuoi contemporanei tanto celebravano nei vincitori di Olimpia,ti fanno l’artefice e l’alfiere primo di quella nuova “virtù della mente” che così decisamente reclamasti alla migliore natura umana. Scrivevi infatti: “ Se qualcuno là dov’è il santuario di Zeus presso le correnti del Pisa in Olimpia, vincesse o per la velocità delle gambe o al pentatlon o alla lotta o affrontando il doloroso pugilato o quella temibile gara che chiamano il Pancrazio, certo apparirebbe più glorioso agli occhi dei suoi concittadini e ai giochi avrebbe il posto d’onore e la città gli offrirebbe il vitto a spese pubbliche e un dono che sarebbe per lui un cimelio; eppure, otterrebbe tutto questo, anche se vincesse alla corsa con i carri, senza esserne degno come ne sono degno io. Perché vai più la nostra saggezza che non la forza fisica degli uomini e dei cavalli. Ben sragionevole è questa valutazione, e non è giusto apprezzare più la forza che non la benefica saggezza. Difatti, che ci sia tra il popolo un abile pugilatore o un valente nel pentatlon o nella lotta o nella velocità delle gambe, che è la più celebrata manifestazione di forza tra quante prove gli uomini compiono negli agoni, non per questo ne è avvantaggiato il buon ordine della città. Una gioia ben piccola le verrebbe dal fatto che uno vince una gara sulle rive del Pisa: non è questo infatti che impingua le casse della città” ma la “virtù della mente” quella checon la potenza della sua nuova luce rovesciando l’aristocratica scala degli antichi valori,unica ed assoluta solleva dalla sorte belluina gli uomini e li fa degni del loro destino di uominideputati alla sapienza. Una nuova era di lunghe e più feconde attese si apriva e una nuova “paideia” avanzando con il tuo pensiero avrebbe con la “rotonda verità” governato la filosofia ed oltre fino alla“polis” di Elea che arricchita di tanta nuova sapienza avrebbe allargato le sue braccia per donarti, destino dei grandi maestri, il più alto onore che possa ad un maestro toccare ovvero di vedere il proprio discepolo prediletto superare il proprio maestro … perché tu, maestro Senofane, maestro lo fosti davvero!
Il tuo magistero reso infatti senza segreti oltre ogni esoterismi nella pubblica ”agorà” contro quel grossolano politeismo antropomorfo dell’aristocratica religione olimpica ti onora e ti fa grande e ti elegge signore primo ed incontrastato di quel proto panteismo monoteista che per il tuo discepolo prediletto avviò la gloria della filosofia …di quella filosofia che ancora resiste e fedele mi accompagna nella boria di un allievo che nulla vantando, osa di “tangere” il maestro e come … già faceva e per te mancò il grande Laerzio, congedarsi in dono recando per te, maestro Senofane, un suo epigramma: “Fu Senofone uomo di lunghissima vita,seppellì con le sue stesse mani i suoi figli ma non mai la virtù della mente!
Questo,maestro, nei giorni del Febbraio avaro, l’amore particolare … il fiore che ti porto!
(Chiusa nelle prime ore meridiane del giorno 20 marzo 2019)