C’è stata la festa di Legambiente a Paestum nell’oasi dunale che è il luogo del rispetto ambientale e della legalità. Tra le tante iniziative c’è stato un convegno intitolato “Non siamo tutti nella stessa barca”. Abbiamo parlato di migranti e delle loro dannazioni nella pericolosa traversata del mare. Ho parlato del film documentario “Campania Burning” girato circa sei anni fa e di come è cambiata in questi ultimi anni la percezione del fenomeno migratorio da parte degli Italiani.
Alla fine del mio intervento ho recitato questo poemetto che avevo scritto il giorno prima:
“Quello che il mare non dice”
Quello che il mare non dice,
quanti sono i figli raccolti nella cavità del proprio ventre.
Quanti sono i morti che giacciono sopra al letto di sabbia sprofondato negli abissi tra il deserto della Cirenaica e la porta di Lampedusa.
Quello che il mare non dice è che manca di un numero e di un registro per affiggere il loro nome su una lapide marmorea d’acqua celeste.
Barconi zeppi di uomini e donne come merce umana
Uomini e donne come oggetti che vagano tra l’universo incandescente senza che nessuno stacchi lo scontrino del prezzo della propria vita. E noi di questo ne siamo evasori.
Quello che il mare non dice
Non dice quando smetterà di ingurgitare anime senza identità:
O meglio
Identità che noi molte volte non riconosciamo e ributtiamo allo stesso inferno di partenza.
Se potessero attraversare il mare con la bicicletta, senza confini, barriere, check in e reti metalliche, l’acqua si farebbe roccia. Perché quello che il mare non dice è che esso è generoso con l’uomo.
Anche se a volte si ribella sotto forma di tempesta e maremoto.
E sputa tutto ciò che ha ingoiato.
Aspetta che cesseremo di stabilire i propri confini, perché il mondo, l’universo, il mare, non sono registrati all’ufficio del catasto.
Quello che il mare non dice: non dice nulla, perché il mare non parla
Si esprime a modo proprio come le famiglie infelici in un romanzo di Tolstoj dell’ottocento. Sposta le correnti, fa trovare le reti dei tonni a salvarli. Ma non vuole essere ringraziato.
Quello che il mare non dice:
Non dice proprio nulla, perché non ha il dono della parola.
Ma se potesse parlare…
(A Raghad, 10 anni, Siriana, morta nel canale di Sicilia, per coma diabetico il 17 luglio 2015, sepolta nelle stesse acque tra lastre di sabbia dorata)