Nel 2001 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito i probiotici come “colture di microrganismi vivi che, quando ingerite in quantità adeguate, conferiscono benefici in termine di salute”.
Il tratto gastrointestinale dà alloggio a un complesso ecosistema batterico chiamato microflora intestinale. Quando la microflora intestinale non è bilanciata può avere un impatto negativo sulla salute generale. I fattori che possono alterare il microsistema intestinale sono: antibiotici ed altri farmaci; infezioni microbiche; dieta ricca di carne e/o zucchero e povera di fibre; diarrea cronica; stress.
I probiotici tengono sotto controllo i batteri “cattivi”, aiutando a restaurare l’equilibrio naturale della microflora intestinale.
L’uso clinico più immediato e tradizionale riguarda il trattamento di diverse patologie gastrointestinali. Studi condotti con la contemporanea assunzione di probiotici hanno dimostrato una riduzione superiore al 50% dell’incidenza della diarrea associata all’uso di antibiotici. In uno studio condotto su venti soggetti affetti da colite ulcerosa, l’uso di probiotici ha determinato un’attenuazione dell’infiammazione cronica.
Recenti test sui diversi integratori di probiotici presenti in farmacia, che hanno valutato la tipologia dei batteri e la loro capacità di arrivare vivi a livello intestinale, hanno premiato il VSL3 della Ferring, l’Enterolactus e il Dicoflor 60, oltre alla famosissima Enterogermina.
I probiotici andrebbero assunti a digiuno, quando è più bassa l’acidità dello stomaco. L’utilizzo si consiglia per un periodo di almeno 3-4 settimane.
In generale queste sostanze possono essere considerate sicure, ma potenziali rischi possono verificarsi per persone affette da patologie disabilitanti o da deficit immunitari: in tal caso i batteri potrebbero proliferare in maniera incontrollata.