Da alcuni giorni a questa parte gli italiani si riscoprono costituzionalisti tanto sprovveduti quanto appassionati e, per giunta, spesso sgarbati nei confronti del Presidente della Repubblica, a cui non risparmiano critiche taglienti, ma tifosi del loro leader politico di riferimento che osannano ed applaudono esortandolo ad andare avanti nella contrapposizione con Mattarella, in nome della interpretazione di comodo dell’articolo 90 della Costituzione.
Io che da un po’ di tempo a questa parte mi sono ritirato sempre più nella passione dei miei studi e nella scrittura creativa, esorto, se mi è consentito, all’equilibrio ed al senso della responsabilità. E, per amor della poesia ho ripreso tra le mani la Divina Commedia del Sommo Dante e, mutuando la riflessione del grande Virgilio di confrontare le nostre piccole cose alle grandi riflessioni della storia del passato, ho riletto la calda e appassionata filippica, carica, insieme, di amarezza e di amore per l’Italia, scritta da Dante nel sesto canto del Purgatorio, di cui riproduco qui di seguito i versi più significativi:
Ahi, serva Italia, di dolore ostello/nave senza nocchiero in gran tempesta, non donna di provincia ma bordello…/Ahi, gente che dovresti esser devota/e lasciar seder Cesare in la sella/ se bene intendi ciò che Dio comanda/… Molti han giustizia in core e tardi scocca. Per non venir sanza consiglio all’arco,/ ma il popol tuo l’ha insomma della bocca/molti rifiutan lo comune incarco/Ma il popolo tuo sollicito risponde/ sanza chiamare e grida: “I’ mi sobbarco”.
Basta leggere i profili di Fb anche dei cittadini cilentani, per rendersene conto e rischiare di annegare in un mare di considerazioni senza qualità e spessore nella sostanza e sgrammaticate nella forma. E queste ultime considerazioni fanno spesso riferimento alle situazioni locali, dove, tra l’altro, in alcune si vota il prossimo 10 giugno per il rinnovo delle amministrazioni e in altre dove qualche volta fanno irruzione Carabinieri e Guardia di Finanza per retate notturne. A queste ultime situazioni ho fatto riferimento anch’io nelle mie poesie sia in lingua che in dialetto, come si evince chiaramente con metafore efficaci nella poesia che pubblico qui di seguito “STRUMMOLI E MOCCI”:
Co sto legnamo se fano li strummoli/e co sta creta se fano li mocci” ricìa mamma quanno ca virìa/le cose storte fatte a lo paese/addove la matina commannava chiro ca pe primo se scetava/o ca sapìa alluccà chiù assai/ E succerìa ogni santo iuorno a lo paese mio e chiri attuorno/E vaie nnanti pur’oi come a ieri/Pecché se mette sempe candelieri/chi non sape fa lo O co lo bicchieri./ Sarà sempe accussì pure rimani/ pecché lo ritto antico n’è sbagliato/chiro ca, criature amo mparato/:E chisto munno è fatto proprio a munno/quaccuno nata e l’ati vano affunno./Ma nce nn’è ancora creta a li vadduni/ e pure re legamo a li macchiuni/ LUNGA VITA A LI STRUMMULI E LI MOCCI – Galzerano Editori).